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L'indennità per la soprelevazione spetta anche se è aumentata solamente la volumetria ma non l'altezza

L'indennità spettante ai condomini per l'esercizio del diritto di sopraelevazione.
Avv. Alessandro Gallucci 

La Cassazione, con la sentenza n. 24327 dello scorso 18 novembre, è tornata ad occuparsi dell’indennità spettante ai condomini per l’esercizio del diritto di sopraelevazione ai sensi dell’art. 1127, che recita:

Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare”.

Che cosa ha detto la Cassazione?

Prima d’entrare nel dettaglio è utile fare un breve riassunto del caso. Un condomino trasformava la tettoia installata molti anni prima in una veranda chiusa che, come era logico che fosse, andava ad aumentare la volumetria della sua unità immobiliare. Da qui l’azione della compagine per ottenere l’indennità prevista dalla succitata norma.

Dopo i giudizi di merito, chiusisi con alterne vicende, la parola fine è stata messa dalla Suprema Corte di Cassazione.

Tra i punti contestati la necessità di riconoscere l’indennità di sopraelevazione di cui all’art. 1127 c.c.).

Secondo la massima espressione del giudice nomofilattico “ l'indennità ex art. 1127 c.c., è dovuta non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione di locali preesistenti, mediante incrementi delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall'altezza del fabbricato, traendo fondamento dall'aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni, conseguente all'incremento della porzione di proprietà esclusiva” (Cass. 18 novembre 2011 n. 24327).

Una decisione questa, vale la pena evidenziarlo, che riprende in pieno il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Corte con la sentenza n. 16794 del 30 luglio 2007.

La sentenza n. 24237 è significativa anche perché si pronuncia su un aspetto non trascurabile della vicenda attinente al corresponsione dell’indennità ex art. 1127 c.c., ossia: in quanto tempo si prescrive il diritto a ottenerla? Secondo i Supremi Giudici bisogna fare riferimento al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. Il perché, dice la Cassazione, va rintracciato nella natura del diritto.

Si tratta, sostanzialmente, di diritti di obbligazione e non di diritti reali che, eccezion fatta per il compimento dell’usucapione, sono imprescrittibili.

Detta più semplicemente: chi ha diritto ad ottenere l’indennità di cui all’art. 1127 c.c. ha dieci anni di tempo per farlo che decorrono dal momento in cui s’è verificata la condizione (ossia la sopraelevazione) che ne legittima la richiesta.

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