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L'assemblea decide a maggioranza la gestione delle cose comuni

L'assemblea per la gestione e conservazione delle parti comuni dell'edificio può deliberare a maggioranza.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il funzionamento dell'assemblea condominiale è disciplinato dagli artt. 1135-1136 c.c. e 66-67 disp. att. c.c.

Il codice civile, però, non ne fornisce una definizione.

Secondo la più autorevole dottrina in materia condominiale, "l'assemblea è l'organo supremo, preminente del condominio. E' la voce di questo, è la sua volontà all'interno del gruppo con riflessi immediati all'esterno.

E' organo naturale (che non richiede alcuna nomina), strutturale e permanente" (Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).

In questo contesto, il codice ha stabilito che l'assemblea, per la gestione e conservazione delle parti comuni dell'edificio può deliberare a maggioranza.

E' chiarissimo sul punto il primo comma dell'art. 1137 c.c. a mente del quale le deliberazioni prese dall'assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini; dissenzienti, astenuti ed assenti inclusi.

Solamente all'esito dell'impugnazione (o se nel corso del giudizio viene sospesa l'efficacia), i condomini dissenzienti potranno non rispettarla.

Il perché di questa scelta è spiegato egregiamente dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 943 del 16 gennaio 2013.

Si legge nella pronuncia che "le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione.

Rientra dunque nei poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento di tali beni.

L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini" (Cass. n. 144 del 2012; Cass. n. 6915 del 2007)" (Cass. 16 gennaio 2013 n. 943).

In questo contesto, ai fini della corretta comprensione della capacità dell'assemblea d'incidere sulla vita condominiale, è bene ricordare che, è sempre la Cassazione a parlare, "l'assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. - può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale.

Ne consegue che le deliberazioni dell'assemblea dei condomini non sono impugnabili per difetto di competenza bensì restano soggette all'impugnazione a norma dell'art. 1137 c.c. soltanto per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, nella quale contrarietà confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunità condominiale" (Cass. 13 agosto 1985 n. 4437).

In buona sostanza, l'assemblea fa il bello ed il cattivo tempo, ossia i condomini possono fare il bello ed il cattivo tempo nella gestione delle cose di loro proprietà.

In questo contesto, pertanto, partecipare alle assemblee non è un'inutile seccatura ma un atto necessario a determinare le scelte riguardanti la gestione del condominio per poi non lamentarsi di doverle subire senza comprenderne il perché.

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