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Ecco cosa succede quando l'amministratore si appropria dei soldi del condominio

Va condannato per appropriazione indebita l'amministratore che, durante il suo incarico, si appropria di somme di pertinenza del condominio.
Avv. Maurizio Tarantino 

Per l'amministratore condominiale l'appropriazione indebita scatta solo al passaggio delle consegne.

“In tema di condominio, l'appropriazione indebita ad opera dell'amministratore per la prescrizione va considerato il momento del passaggio di consegna col nuovo. Avendo l'amministratore la detenzione delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell'appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l'interversione nel possesso”.

Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 27363 del 4 luglio 2016 in merito al delitto di appropriazione indebita.

I fatti di causa. La Corte di Appello di Napoli confermava la pronuncia del precedente Tribunale che aveva condannato Tizio (ex amministratore) in quanto ritenuto colpevole del delitto di appropriazione indebita.

In particolare, la Corte territoriale precisava che sussistevano adeguati elementi di prova per ritenere Tizio responsabile del contestato delitto consumato nella sua qualità di amministratore, mediante appropriazione di somme del condominio di cui aveva la disponibilità, in forza dell'incarico conferitogli, mediante periodici prelievi dal conto corrente condominiale. Avverso tale pronuncia, veniva proposto ricorso per cassazione.

Brevi cenni del reato di appropriazione indebita. La fattispecie di reato è disciplinata dall'articolo 646 codice penale, a mente del quale “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032”.

Il bene giuridico tutelato dalla norma, per molto tempo individuato nella generica inviolabilità del diritto di proprietà o altro diritto reale minore, il cui effettivo titolare subisce l'illecita interversione del possesso da parte dell'autore del reato, che pone comportamenti assimilabili a quelli dello stesso titolare, è oggi identificato nell'interesse di un soggetto, diverso dall'autore del fatto, al rispetto dell'originario vincolo di destinazione della cosa, ovvero “nel rapporto fiduciario la cui violazione perfezionerebbe l'appropriazione indebita” (Cass. n. 26805/2009).

Soggetto attivo può essere chiunque abbia il possesso del denaro o della cosa mobile altrui: vi rientrano, pertanto, i comproprietari, i compossessori, i coeredi e i soci, ma non il proprietario della cosa stante il requisito dell'altruità (Cass. SS.UU., n. 37954/2011; SS.UU. n. 1327/2005).

Presupposto della fattispecie criminosa de qua, che vale a distinguerla da quella del reato di furto, è la situazione di possesso della cosa altrui, sorto in base a qualsiasi titolo, purché non idoneo al trasferimento della proprietà.

Il delitto si intende consumato con il compimento della condotta appropriativa, ovvero quando il soggetto si comporta uti dominus verso la cosa della quale ha disponibilità per qualsivoglia motivo.

L'appropriazione indebita dell'amministratore di condominio. Accanto alla responsabilità civilistica contrattuale che trova fondamento nel rapporto di mandato (art. 1710 c.c. e ss.) e alla responsabilità extracontrattuale da atto illecito (art. 2043 c.c. e ss.), assume rilevanza anche la responsabilità penale per le azioni o le omissioni poste in essere dall'amministratore del condominio.

Tra i reati di maggiore rilievo, che possono vedere responsabile l'amministratore di condominio, sono da annoverare quelli in cui egli lede il bene del patrimonio dei singoli condomini ovvero del condominio stesso.

In tali ipotesi, il comportamento dell'amministratore può integrare la fattispecie di appropriazione indebita. Con la legge n. 220 del 2012, il legislatore ha recepito le indicazioni giurisprudenziali, prevedendo espressamente al comma 7 del nuovo art. 1129 c.c. che “l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente…” e al successivo al comma 12, n. 3 come ipotesi tipica di “grave irregolarità” legittimante la revoca dell'amministratore, appunto, “la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma”.

Queste nuove disposizioni rendono indubbiamente più difficile la possibilità pratica che l'amministratore si appropri di denaro appartenente ai condomini o al condominio o destini tale denaro ad altri scopi.

Resta fermo che risponderà di tale reato l'amministratore di condominio, nel caso in cui si verifichi un ammanco di cassa o nel caso in cui le risorse patrimoniali non vengano utilizzate per le finalità tipiche della realtà organizzativa condominiale.

Ciò avviene nel caso di mancato versamento degli oneri contributivi condominiali quando essi vengano utilizzati, attraverso l'appropriazione, per finalità estranee alla gestione ed amministrazione della cosa comune.

Nel caso in cui l'amministratore, nel compiere il delitto di appropriazione indebita cagioni un grave danno economico al condominio, ricorre anche l'aggravante del “danno patrimoniale di particolare gravità” sancita dal n. 7 dell'art. 61 c.p. (Trib. Roma, 4 giugno 2004, n. 12910); mentre, qualora l'amministratore, sottragga periodicamente delle somme dai conti del condominio per scopi personali e non giustificati dalle esigenze gestionali dell'ente, il reato si configurerà anche la “continuazione” ai sensi dell'art. 81 c.p., (Cass. pen., 8 luglio 2005, n. 33951; Cass. pen., 30 aprile 2004, n. 39651).

Perché l'amministratore uscente risponde del reato di appropriazione indebita se non restituisce i soldi?

Il ragionamento della Corte di Cassazione. I giudici di piazza Cavour, nella fattispecie in esame, conformemente a quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, hanno avuto modo di precisare che il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria; sicché, per la configurazione del delitto previsto dall'art. 646 c.p. basta infatti che l'ingiusto profitto sia potenziale, non essendo necessario che esso si realizzi effettivamente, il che emerge pacificamente dal rilievo che la norma richiede solo che il soggetto attivo agisca “per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto” (In tal senso Cass. Pen. 29451/2012).

Premesso ciò, sul punto in esame, secondo gli ermellini “il momento in cui è integrato il delitto dell'amministratore che opera sul conto è l'omesso trasferimento delle giacenze di cassa che determina l'interversione del possesso”. Ne consegue che si perfezione il delitto in esame non nel momento della revoca dello stesso o della nomina del successore, bensì nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabiilità detenuta, si era comportato come proprietario rispetto alla res

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto,la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso di Tizio e per l'effetto ha confermato la pronuncia della Corte territoriale e la condanna al reato di appropriazione indebita

Quando l'amministratore utilizza i soldi dei condomini per scopi personali

Sentenza
Scarica Corte Suprema di Cassazione, Sez. II Pen., Sent. n. 27363 del 04/07/2016
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