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Appartamenti locati come bed & breakfast. Illegittima la delibera condominiale che aumenti gli oneri condominiali e li ponga a carico dei conduttori

Appartamenti locati come B&B. Una difficile convivenza.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

Interesse ad agire del proprietario-locatore per evitare le negative ricadute sul contratto di locazione Secondo il prevalente orientamento interpretativo, per effetto del contratto di locazione non si instaura alcuna relazione diretta tra Condominio e conduttore: i rapporti di dare e avere continuano ad intercorrere tra l'amministratore e i proprietari delle singole unità immobiliari, i quali restano gli unici obbligati al pagamento delle spese condominiali, sia pure con il diritto al rimborso da parte del conduttore della quota relativa all'unità immobiliare locata.

Il Condominio, limitatamente alla questione del riparto e della riscossione delle spese, resta pertanto in una posizione di assoluta estraneità nei confronti dell'inquilino che occupa un immobile sito nell'edificio condominiale.

Peraltro, nell'ipotesi in cui il conduttore non provveda al pagamento di quanto da lui dovuto per spese condominiali, soltanto il proprietario sarà legittimato a richiedere un decreto ingiuntivo(Cass. civ., 3 febbraio 1994, n. 1104); dal canto suo, l'amministratore condominiale, in assenza di uno specifico mandato conferitogli dal condomino-locatore, dovrà richiedere direttamente a quest'ultimo il pagamento.

Apertura di un breakfast in condominio: tutto dipende dal tipo di regolamento.

Il Condominio non ha, in definitiva, azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari per il pagamento degli oneri condominiali, bensì, a norma dell'art. 1123 c.c., unicamente nei confronti dei condomini-locatori.

Come impedire l'apertura di un B&B in condominio

Il fatto Le proprietarie di alcuni appartamenti condominiali avevano ceduto i medesimi a terzi soggetti, i quali li avevano destinati ad attività di affittacamere. Le condomine-proprietarie si erano poi viste addebitare, per effetto di una delibera del Condominio adottata in data 10.12.2013, il 50% delle spese di riparazione dell'ascensore (specificamente, per l'installazione di un sistema di automatismo delle ante della cabina); con lo stesso atto l'assemblea condominiale aveva inoltre deciso di aumentare del 30% le quote condominiali delle unità adibite a B&B, e formulato richiesta alle proprietarie di porre fine ai rumori prodotti nei(dai) predetti locali.

Tali decisioni venivano ribadite in una successiva delibera assembleare, del 24.3.2014, con la quale, in sostanza, si ponevano il citato aumento delle quote ordinarie annuali e le spese relative all'ascensore, nell'importo indicato, a carico degli inquilini esercenti l'attività di B&B.

Le proprietarie convenivano quindi in giudizio il Condominio per sentirvi dichiarare l'illegittimità delle richiamate delibere assembleari, avendo le stesse ripartito le spese in virtù di criteri differenti e da quelli legali - di cui all'art. 1123 c.c. - e da quelli posti dal regolamento condominiale.

Il Condominio convenuto, costituitosi, chiedeva che si dichiarasse la cessazione della materia del contendere, dal momento che le delibere del 10.12.2013 erano state sostituite da quelle del 24.3.2014, e deduceva in subordine la carenza dell'interesse ad agire delle proprietarie.

La decisione: un "arbitrario" criterio di ripartizione Si rammenta che il riferimento normativo generale in materia di obblighi contributivi è l'art. 1123 c.c., ai sensi del quale «Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione».

Tali spese sono considerate una tipica obbligazione propter rem, ed il soggetto obbligato è individuato sulla base del suo rapporto con la res.Per la verità, per alcune tipologie di spese si nega la qualifica di obligationes propter rem in senso proprio: a titolo esemplificativo, si richiamano le spese condominiali utili o voluttuarie, concernenti innovazioni o comunque esigenze di miglior godimento, che «non sorgono dalla legge, e in specie immediatamente dall'art. 1123 cod. civ., ma discendono dall'essenziale deliberazione assembleare»; o, ancora, le spese per il godimento delle cose comuni, le quali, a loro volta, «dipendono proporzionalmente dall'uso, e non dal valore della quota di condominio» [1] *.

Ad ogni modo, l'obbligo contributivo in questione discende di norma dalla comproprietà delle parti comuni, poiché dalla facoltà di «godere e disporre della cose in modo pieno ed esclusivo», che, ai sensi dell'art. 832 c.c., costituisce il contenuto del diritto di proprietà -, deriva necessariamente l'onere di provvedere alla manutenzione delle medesime cose ed alle spese ad esse relative.

Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale di Roma, (sentenza 18 ottobre 2016, n. 19388) ha in primo luogo accolto la richiesta del Condominio e ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, con riguardo alle prime delibere impugnate: è infatti emerso - come peraltro confermato dal punto all'ordine del giorno dell'assemblea del 24.3.2014 relativo alla "ridiscussione degli argomenti e delle decisioni assunte…" - che le delibere del 10.12.2013 siano state integralmente sostituite dalle successive, sia in materia di riparto delle spese, sia per quanto riguarda l'individuazione del soggetto obbligato (non più le proprietarie, ma gli inquilini); ne consegue - chiarisce il giudice - che «la presente decisione non è più idonea ad incidere concretamente sulla res litigiosa […] né sotto il profilo della validità/invalidità delle delibere assunte in data 10.12.2013 né sotto il profilo delle "conseguenze" per effetto della loro successiva sostituzione».

Dovendosi comunque pronunciare sulle spese processuali, il giudice è ricorso al criterio della soccombenza virtuale e ha finito per soffermarsi sul merito della fattispecie giudiziale: ha così dichiarato virtualmente soccombente il Condominio convenuto poiché «l'assemblea ha adottato un criterio del tutto arbitrarionel ripartire le spese», imputando le medesime direttamente in capo agli inquilini.

Come infatti rammenta anche il giudice nella fattispecie in oggetto, «gli oneri condominiali devono/possono essere corrisposti dai soli condomini comproprietari o usufruttuari, onde l'attribuzione di spese a soggetti terzi, estranei al condominio quali i conduttori di unità esclusive esistenti in condominio, è illegittima per violazione dei criteri di cui all'art. 1123 c.c.».

Ne deriva dunque la radicale nullità delle delibere impugnate dalle proprietarie.

L'interesse delle proprietarie e gli effetti sul contratto di locazione Sempre ragionandoin termini di parte in astratto vittoriosa, il giudice ha inoltre riconosciuto l'interesse delle attrici, «pienamente legittimate in quanto condomine», ad agire per ottenere la pronuncia di invalidità delle delibere e la loro conseguente rimozione; e ciò in ragione della «natura del vizio e [de]gli effetti che possono prodursi (con l'aumento degli oneri) sui contratti di locazione», precisa il Tribunale.

Si può infatti agevolmente ritenere che il locatore avrebbe finito per trasferire il rincaro delle spese condominiali, illegittimamente deciso dall'assemblea, sul canone di locazione, rendendo in tal modo economicamente più onerosa la controprestazione dei conduttori; quelle delibere, viziate, avrebbero in conclusione dispiegato i loro effetti sul contratto di locazione - legittimando anche un'eventuale richiesta, da parte degli inquilini, di risoluzione ex art. 1467 c.c., il quale prevede appunto che «Nei contratti ad esecuzione periodica, continuata o a esecuzione differita, in presenza di eventi straordinari e imprevedibili che rendono eccessivamente onerosa una prestazione, la parte che deve eseguire questa prestazione può chiedere la risoluzione del contratto».


[1] Scarpa, Le spese,in Triola (a cura di), Il nuovo condominio, Torino 2013, 912-913

Sentenza
Scarica Tribunale di Roma, sez. V, 18 ottobre 2016, n. 19388
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