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La quota della nuda proprietà della casa va alla badante. Attenzione alle clausole che inserite nel contratto.

Il contratto con cui si trasferisce una quota della nuda proprietà alla badante è da qualificare come negozio oneroso atipico.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Il contratto con cui l'assistito trasferisce una quota della nuda proprietà della sua casa alla colf/badante in cambio di assistenza è da qualificare come negozio oneroso atipico, con trasferimento di diritti reali (quota di proprietà) in cambio di prestazione obbligatoria (di natura assistenziale).

È quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Gorizia n. 73 del 7 marzo 2016, che ha rigettato le richieste della figlia del de cuius, dirette ad ottenere la risoluzione della donazione.Per il giudice non si tratta di una donazione, in quanto manca lo spirito di liberalità.

Si tratta invece di un contratto oneroso a prestazioni corrispettive: il trasferimento della proprietà in cambio della prestazione assistenziale.

Decisiva la qualifica professionale della badante: il contratto è stato stipulato dall'assistito non in virtù di rapporti personali di affetto o parentela con la colf, ma in ragione della prestazione qualificata ricevuta.

I fatti – Nel 2003 un anziano, vedono e malato, sottoscrive un contratto di “donazione” con il quale trasferiva una quota della nuda proprietà della propria abitazione alla colf/badante, con onere di quest'ultima “di prestare ad esso donante, vita di lui natural donante, ogni assistenza materiale e morale, diurna e notturna, comprensiva di cure mediche, anche specialistiche”.

Dopo il decesso dell'anziano, nel 2010, la sua figlia citava in giudizio la badante chiedendo la revocazione, risoluzione o riduzione del contratto di donazione sottoscritto dal padre.

La badante di difendeva sostenendo la validità del contratto, giustificato dalle prestazioni di natura assistenziale che la stessa, nella sua qualità di professionista, aveva prestato in favore del donante a partire dal 2003 e fino al decesso.

La soluzione della controversia passa attraverso il corretto inquadramento giuridico della clausola inserita nel contratto, sopra riportata. Da essa dipende, aldilà della terminologia utilizzata dalle parti, la qualificazione del contratto in esame come contratto di natura liberare (donazione modale) o contratto oneroso a prestazioni corrispettive (trasferimento di diritto reale verso controprestazione obbligatoria, di natura assistenziale).

Occorre, più in particolare, verificare se la clausola possa essere qualificata in termini di mero onere (o modus) – da intendersi come imposizione di un peso al beneficiario, purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio, senza snaturale l'essenza di atto di liberalità della donazione – o piuttosto di controprestazione a titolo oneroso.

Nel primo caso il contratto è una donazione; nel secondo caso, è un contratto oneroso, una specie di compravendita atipica, dove il prezzo dell'immobile non è costituito da una somma di denaro, ma da una controprestazione di tipo assistenziale.

Ebbene, il Tribunale di Gorizia ha optato per questa seconda soluzione: il contratto stipulato tra il de cuius e la badante corrisponde allo schema caratteristico dei contratti a titolo onero a prestazioni corrispettive, con trasferimento di diritti reali (una quota della nuda proprietà) in cambio di prestazione obbligatorie (la prestazione di natura assistenziale).

Il giudice giunge a tali conclusioni considerando che la convenuta svolge l'attività professionale di colf/badante e, in tale veste, era stata assunta.“Ne consegue che le parti, in considerazione della condizione del de cuius, vedono e malato, e in ragione della qualifica professionale della badante, si sono determinate a sottoscrivere un contratto raggiungendo un complessivo assetto di interessi non certo connotato da liberalità, da intendersi quale mera volontà di arricchire l'altrui patrimonio, bensì caratterizzato da uno scambio tipico dei negozi a titolo oneroso (trasferimento di proprietà in cambio di assistenza)”.

In pratica, nel caso in esame il dante causa ha disposto il trasferimento del bene dalla propria sfera familiare in favore di persona qualificata (colf/badante), al solo scopo di ricevere prestazioni assistenziali; di contro, la badante si è determinata ad assumere l'incarico non già in virtù dei propri rapporti personali con il dante causa (parentela, affetto o altro), ma in ragione della controprestazione ricevuta.

Non è dunque nemmeno possibile inquadrare il contratto come donazione finalizzata ad “anticipare” la futura successione, tipica dei negozi tra genitori e figli, in cui i primi trasferiscono i propri beni ai secondi in cambio di assistenza, sostanzialmente anticipando gli effetti della futura successione ereditaria.

Usufrutto e nuda proprietà dopo la riforma del condominio

Il tribunale ha quindi respinto la domanda della figlia del de cuius e, in accoglimento delle richieste dalla badante, ha disposto la divisione della comunione assegnando a quest'ultima l'intero immobile, sia in quanto titolare della maggior quota di proprietà, sia per aver occupato l'appartamento con il proprio nucleo familiare già quando l'assistito era in vita.

Alla figlia andrà un conguaglio in denaro, pari alla quota di proprietà dell'immobile che le spetta come erede.

Manutenzione ordinaria, la ripartizione delle spese tra usufruttuario e proprietario

Sentenza
Scarica Tribunale di Gorizia, n. 73 del 7 marzo 2016
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