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Niente servitù di passaggio per le manovre di entrata e uscita dei veicoli se i box si affacciano sulla via pubblica

Nessuna servitù di passaggio per effettuare le manovre di uscita dai garage se questi comunicano con la via pubblica.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Sulla corte privata non può costituirsi una servitù di passaggio per consentire ai proprietari delle abitazioni antistanti di effettuare le necessarie manovre per entrare e uscire dai garage di loro proprietà, se questi comunicano con la via pubblica.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12961 del 23 giugno 2015, nella quale si sottolinea che il fondo a favore del quale costituire la servitù dev'essere assolutamente intercluso, mentre, nel caso di specie, i garage comunicano con la via pubblica, anche se i relativi accessi non consentivano le manovre ai veicoli di ampie dimensioni.

Il fatto. Il Pretore di Spoleto ordinava al proprietario di tenere sgombra la sua piccola corte antistante le abitazioni dei ricorrenti, al fine di consentire a quest'ultimi di utilizzare l'area della corte per le manovre d'ingresso e di uscita delle loro autovetture nei garage siti di fronte, di pertinenza delle loro abitazioni.

I due proprietari chiedevano quindi che fosse accertato il loro diritto di godere e servirsi della corte.

Dopo un lungo iter, il giudizio veniva riassunto innanzi alla Corte d'Appello di Perugia, che disponeva la costituzione di una servitù di passaggio sullo spiazzo di proprietà del ricorrente, a servizio dei garage anzidetti.

I giudici d'appello erano giunti a tale decisione sul presupposto che i box in questione “dovevano ritenersi assolutamente interclusi, in quanto essi non erano in alcun modo accessibili con autoveicoli senza l'uso parziale dello slargo antistante, contiguo alla pubblica via, per cui trovava applicazione la disciplina di cui all'art. 1051 e non dell'art. 1052 c.c.”.

Servitù di passaggio sulla strada condominiale. Quando la prova testimoniale può non essere sufficiente

Il proprietario dell'area proponeva allora ricorso in cassazione contestando, tra l'altro, proprio questo passaggio della sentenza: i garage non erano interclusi proprio perché le porte d'accesso, seppur strette per l'ingresso dei veicoli, si affacciavano direttamente sulla via pubblica.

La Cassazione ha accolto il ricorso rilevando come la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto tali fondi “assolutamente interclusi” solo perché, anche a causa delle dimensioni dei veicoli in relazione agli ingressi dei box, “sarebbe del tutto impossibile l'accesso con autovetture dalla via pubblica ai garage degli attori (e viceversa) senza attraversare lo spiazzo del convenuto”.

Da ciò la conclusione secondo cui “i garage devono essere ritenuti come fondi assolutamente interclusi relativamente a quella forma di passaggio”.

Per gli Ermellini, tuttavia, tale conclusione “è contraddittoria con le premesse, trattandosi, si potrebbe dire, di un ossimoro, atteso che il concetto di fondo assolutamente o totalmente intercluso è in contrasto con il fondo che invece comunica con la via pubblica, come nel caso di specie, anche se tale comunicazione non sarebbe possibile a qualunque veicolo essendo inibita ai veicoli di più ampie dimensioni”.

La corte d'appello ha erroneamente applicato l'art. 1051 c.c. sul presupposto, sbagliato, che si trattasse di fondi totalmente interclusi con specifico riferimentoal tipo di servitù richiesta dai ricorrenti.

Nel caso di specie, invece, manca il requisito indispensabile della interclusione, atteso che i box in esame risultano comunque collegati direttamente alla pubblica via. La sentenza va dunque annullata sul punto.

Sentenza
Scarica Cassazione civile, n. 12961 del 23 giugno 2015
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