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Se si rompe la caldaia il rimborso è più facile se si tratta di bene in comunione e non in condominio

Rottura della caldaia: il rimborso è facilitato se si tratta di bene in comunione e non in condominio.
Avv. Alessandro Gallucci 

La caldaia è un bene necessario a consentire l'utilizzazione di un'unità immobiliare secondo la sua destinazione e quindi il comunista ha il diritto al rimborso pro-quota da parte degli altri comproprietari della spesa sostenuta.

Questa, nella sostanza, la decisione presa dalla Cassazione con la sentenza 9 settembre 2013, n. 20652.

Dalla lettura della sentenza emerge che l'art. 1110 c.c., che prevede il rimborso delle spese effettate da uno dei comproprietari e che si applica nei casi di comunione, consente una più facile rimborsabilità della spesa rispetto all'analoga disciplina del rimborso delle spese urgenti in condominio disciplinata dall'art. 1134 c.c.

Due norme a confronto

L'art. 1110 c.c., rubricato Rimborso di spese, recita:
Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.

L'art. 1134 c.c., rubricato Gestione di iniziativa individuale, recita:

Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

La spesa effettuata dal condomino per essere rimborsata dev'essere urgente, ossia spesa, "la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia" (Cass. 19 marzo 2012 n. 4330). In buona sostanza una spesa per la quale non si possono avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini" (Cass. cit.).

Diverso il discorso per l'art. 1110 c.c., purché si tratti di spesa di conservazione, vale a dire di spesa necessaria a garantire la normale utilizzabilità del bene (non una spesa d'uso come ad esempio una bolletta) e vi sia trascuranza degli altri comproprietari.

Quali sono esattamente questi interventi?

In tal senso, nella sentenza n. 20652 si legge che devono essere considerati tali "quegli interventi che si rendano necessari perché il bene sia idoneo alla destinazione al quale è obiettivamente adibito ovvero siano indispensabili per assicurare il servizio comune, in quanto incidano sulla stessa esistenza o permanenza del bene o del servizio che altrimenti verrebbero meno: tali opere possono consistere anche nella sostituzione di parti costitutive indispensabili per il funzionamento della cosa, come è evidentemente nel caso degli esborsi sostenuti dal ricorrente per sostituire parti inservibili dell'impianto di riscaldamento che altrimenti non avrebbe potuto funzionare" (Cass. 9 settembre 2013, n. 20652).

La differenza con dell'art. 1110 c.c. con l'art. 1134 c.c. sta nel fatto che il primo "escludendo ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il partecipante alla comunione, il quale, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso a condizione di aver precedentemente interpellato o, quantomeno preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore.

Solo, pertanto, in caso di inattività di questi ultimi, egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, ed incomberà su di lui l'onere della prova sia della trascuranza che della necessità dei lavori" (Cass. 9 settembre 2013, n. 20652).

Una domanda sorge spontanea: come dimostrare la trascuranza?

In assenza di specifiche indicazioni legislative ogni modo è buono: comunque, prima di effettuare una spesa è consigliabile sollecitare la partecipanti degli altri comproprietari con una racc. a.r.

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