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Installazione dell'ascensore in condominio. Il principio dell'accessibilità all'edificio

Quando l'installazione di un ascensore compromette l'accessibilità agli appartamenti ed agli spazi comuni?
Avv. Rosario Dolce del Foro Palermo 

L'installazione di un ascensore in un edificio multipiano realizza un obiettivo di primaria importanza secondo gli attuali canoni giuridici e sociali, ma non può comportare una riduzione od una compressione dell'accessibilità agli altri appartamenti ed agli spazi comuni

Il fatto. Tizia è proprietaria di un appartamento sito in un edificio del centro storico di Roma, privo di ascensore.

Il Condominio di cui fa parte, al fine di eliminare le assunte"barriere architettoniche", ha presentato al Comune di Roma apposito progetto di realizzazione di un impianto ascensore interno previa esecuzione di opere edili per il taglio parziale delle rampe.

Nel progetto non sarebbe stata però prevista la fermata della piattaforma elevatrice all'altezza del piano in cui è ubicato l'immobile di Tizia. Vi è più che l'assemblea del condominio non ha deliberato nulla sul merito dell'esecuzione dell'opera, se non dopo l'acquisizione della SCIA da parte dell'amministratore (pure condòmina dell'edificio).

Per tali motivi e per altri ancora, Tizia ha impugnato il provvedimento di autorizzazione edilizia (SCIA) rilasciato al Condominio presso il TAR competente al fine di ottenerne intanto l'inibitoria e in seguito l'invalidazione del provvedimento per violazione delle leggi settoriali.

La Sentenza n 11423 del 2016 depositata il 18 gennaio 2016. Il TAR Lazio, esaminato il carteggio, ha constato che la Scia presentata dall'amministratore era irregolare, poiché si poneva in violazione delle previsioni di cui all'articolo 23, comma primo, del DPR 380/2001 (che al tal fine individua la legittimazione nel proprietario dell'immobile o in chi vi abbia titolo).

Il decidente ha rammento, a tal proposito, che ai fini della legittimazione alla richiesta dei lavori in questioni è necessaria la preventiva acquisizione della volontà assembleare, sulla scorta delle maggioranze previste dall'articolo 78 del testo Unico Edilizio (DPR 380/2001).

Donde, l'amministratore non è in grado di procedere autonomamente alla cura dell'adempimento, ancorché egli sia un condòmino.

Il provvedimento impugnato, laddove funzionale alla rimozione delle barriere architettoniche, è stato censurato anche dal punto di vista sostanziale.

Si osserva - in sentenza - che la normativa riguardante l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati, di cui alla legge n. 13 del 1989 (poi trasfusa negli articoli 77/81 del DPR 380/2001) ed al relativo Decreto ministeriale attuativo n 236/1989 è applicabile, per espressa previsione dell'articolo 77, comma primo, DPR 380/2001, ai "progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici privati, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici".

Ora, tale normativa non è parsa applicabile al decidente nella fattispecie. A detta del Giudice adito non si verserebbe in alcuna delle due ipotesi delineate nella disposizione in commento, ma in quella diversa della mera installazione di un ascensore all'interno di edificio privato preesistente (che configura al massimo una ipotesi di manutenzione straordinaria, siccome incide sulle strutture portanti dell'edificio).

Vi è più che la presentazione di un progetto che importi l'installazione di un impianto ascensore senza la previsione di fermata della piattaforma in alcuni piani dell'edificio non è compatibile con lo stesso concetto della "accessibilità", delineata dalla normativa di riferimento.

A tale riguardo, il principio dell'accessibilità (inteso a mente dell'articolo 2, lettera "G" del D.M. 236/89 come: "la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia") esprime il più alto livello dei vari principi considerati dal legislatore, tra cui figurano anche quelli della visibilità e della adattabilità, in quanto consente la totale fruizione nell'immediato dello spazio esistente (cfr, art. 3 del DM citato).

Sulla scorta di tali presupposti il TAR Lazio ha accolto il ricorso della condòmina (danneggiata) e condannato il Comune di Roma anche alle spese del giudizio. Il Condominio dovrà, dunque, ripresentare un nuovo progetto rispondente a tutte le direttive impartite in Sentenza.

In conclusione, possiamo riferire che l'installazione di un ascensore in un edificio multipiano se,da un lato, realizza un obiettivo di primaria importanza secondo gli attuali canoni giuridici e sociali, perché consente una migliore accessibilità agli appartamenti situati ai piani superiori, dall'altro, non può prevedere fermate ad un solo piano (come previsto nel caso in specie, in cui, oltre al piano terra, era stata prevista in progetto una sola altra fermata al piano terzo), né comportare una riduzione od una compressione dell'accessibilità agli altri appartamenti ed agli spazi comuni (che, sempre nel caso in specie, avrebbe comportato la riduzione delle sezioni della rampa di scale).
Sentenza
Scarica TAR Lazio n 11423 del 18 gennaio 2016
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