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Linea dura contro le morosità. Il Sindaco non può ordinare al gestore di ripristinare la fornitura d'acqua.

Il Primo Cittadino non può imporre all'acquedotto di ripristinare la fornitura a chi non paga la bolletta, anche se si tratta di interi condomini morosi.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

T.A.R. per la Puglia - Sezione di Lecce, sentenza 25 marzo 2013, n. 1206

Il Primo Cittadino non può imporre all'acquedotto di ripristinare la fornitura a chi non paga la bolletta, anche se si tratta di interi condomini morosi.

È illegittima l'ordinanza con cui il Sindaco del Comune impone al gestore del servizio di fornitura idrica di ripristinare la somministrazione sospesa a chi non paga la bolletta, anche se si tratta di interi condomini morosi, laddove il provvedimento risulti adottato con la finalità di dirimere questioni attinenti a rapporti privatistici, senza dimostrare la ricorrenza effettiva di un pericolo per la pubblica incolumità o l'igiene pubblica.

Infatti, lo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente ex artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2001 è espressione di un potere residuale e atipico, esercitabile solo in presenza di un pericolo eccezionale per l'igiene pubblica, la sanità o l'incolumità pubblica, tale da rendere indispensabili interventi immediati e indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato.

È questo il principio di diritto espresso dalla sentenza in commento, con la quale il TAR Puglia - Sezione di Lecce ha escluso la possibilità del Sindaco di intervenire con propria ordinanza in questioni che attengono a rapporti contrattuali tra privati e in assenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 115/2011, che ha limitato il potere di adottare i provvedimenti in esame solo in presenza di eventi davvero pericolosi per la collettività.

Il fatto - La società erogatrice della fornitura idrica, attesa la situazione morosa di alcuni utenti, promuoveva una serie di incontri con gli enti locali interessati, volti ad un accordo sulle modalità di estinzione delle situazioni debitorie.

Nonostante gli accordi intervenuti, tuttavia, i debitori non provvedevano al pagamento delle morosità, ragion per cui la società inviava agli utenti morosi alcune raccomandate preavvertendo l'interruzione della fornitura idrica in caso di perdurante insolvenza.

A fronte di questi preavvisi, il Sindaco, con propria ordinanza, diffidava la società a non sospendere la fornitura idrica e a ripristinare l'erogazione alle utenze già sospese.

Avverso l'ordinanza predetta la società proponeva ricorso al TAR, deducendo la illegittimità del provvedimento per assenza del presupposto del grave pericolo per l'incolumità pubblica.

I presupposti per l'adozione di provvedimenti extra ordinem - La giurisprudenza è unanime dell'affermare che l'ordinanza contingibile ed urgente, prevista dagli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000, è espressione di un potere residuale e atipico in capo al Sindaco del Comune per far fronte a tutti i casi di urgenza e necessità in ambito locale.

Il presupposto per l'adozione dell'ordinanza in esame è dato dal pericolo per l'igiene, la sanità o l'incolumità pubblica, dotato del carattere della eccezionalità tale da rendere assolutamente indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti per lo più nell'imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato cittadino.

Da ciò consegue che l'ordinanza in esame è legittima solo se supportata da idonea motivazione che dia conto della concreta necessità, immediata e tempestiva, di tutelare interessi pubblici (come la salute o l'incolumità) che, in ragione della situazione di emergenza, non potrebbero essere protetti in modo adeguato ricorrendo alla via ordinaria.

Essa è espressione di una elevata discrezionalità, diretta a soddisfare esigenze di tutela (presenti o potenziali) di pubblico interesse.

Per giustificare il ricorso a tale ampio potere discrezionale il contenuto dell'ordinanza deve essere strettamente collegato a concrete esigenze di protezione dell'igiene, della salute e dell'incolumità pubblica e accompagnato dagli ulteriori requisiti della urgenza ed indispensabilità (cfr. Tar Lazio, 2.1.2012, n. 4).

Sospensione per morosità del servizio di fornitura dell'acqua. L'amministratore può chiedere un provvedimento di urgenza al giudice.

Niente superpoteri ai sindaci: provvedimenti urgenti solo in casi eccezionali - Anche alla luce di tali considerazioni, la Corte Costituzionale, con decisione n. 115 del 4.4.2011, ha di recente escluso l'esistenza di un generale potere sindacale di emettere ordinanze extra ordinem, dichiarando costituzionalmente illegittima l'art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000, come modificato dal c.d.

Pacchetto Sicurezza (Legge n. 125/2008), che aveva notevolmente ampliato i poteri dei Sindaci, ribadendo l'essenzialità dei caratteri della contingibilità ed urgenza ai fini della legittimità dei provvedimenti adottati.

Il Comune non può intervenire nei rapporti tra privati - Alla luce dei principi sopra sintetizzati, il Tar Lecce ha dichiarato illegittima l'ordinanza in questione, in quanto adottata con la sola finalità di dirimere questioni attinenti a rapporti privatistici, senza dimostrare la ricorrenza effettiva di un pericolo per la pubblica incolumità o l'igiene pubblica.

Lo scopo dell'ordinanza impugnata, osserva i giudici amministrativi, è stato evidentemente quello di dirimere questioni sorte nei rapporti contrattuali tra società fornitrice e singoli utenti e non già a prevenire situazioni igienico-sanitarie o di ordine pubblico.

Cosi facendo, il Comune, estraneo al rapporto contrattuale gestore-utente, ha impedito al gestore di azionare legittimamente i rimedi previsti nei confronti degli utenti non in regola con i pagamenti.

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