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Le spese per acqua e gas vanno ripartite in base ai consumi effettivi.

Corretta ripartizione delle spese per consumo di acqua ed altri servizi di fornitura.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

E' errato utilizzare il criterio del “consumo personale” per la suddivisione delle spese per consumo di acqua e per gli altri servizi di fornitura.

Nulla la delibera con la quale si ripartiscono i le spese di riscaldamento in base alla tabella generale dei millesimi di proprietà, anziché in base ai consumi effettivi riferibili a ciascuna unità immobiliare.

Questo, in sintesi, il principio affermato dal Tribunale di Treviso con la sentenza depositata il 18 ottobre 2016 (vedi allegato). Secondo il giudice veneto, la delibera assembleare impugnata è radicalmente nulla perché, ripartendo i consumi del gas in base ai millesimi, ha violato l'art. 1123 c.c. Stesso discorso per le spese relative al consumo dell'acqua.

Una deroga dei criteri legali ex art. 1123 c.c. ed a quelli eventualmente previsti dal regolamento contrattuale è ammissibile, ma solo con accordo unanime sottoscritto dei condomini.

Bollette acqua. I consumi pregressi, privi di specifica causale, non sono dovuti.

Il caso–Nel mese di ottobre 2012, il condominio subiva l'improvvisa interruzione dell'erogazione del gas per il riscaldamento. In quell'occasione, i condomini apprendevano che il precedente amministratore non aveva pagato i debiti verso alcuni fornitori a partire dall'anno 2006/07.

Per far fronte alla situazione, il 20.12.2012 l'assemblea approvava a maggioranza un “ripianamento debiti verso i fornitori per le gestioni dal 2006/07 al 30.4.2012”, per un debito complessivo di 126.000 euro.

Importo che veniva suddiviso tra i condomini in base ai millesimi di proprietà della tabella generale.

Uno dei condomino, tuttavia, impugnava la delibera ritenendo non corretta la suddivisione del debito, in quanto trattasi di spese per servizi, da ripartire in base al consumo effettivo. Sosteneva, inoltre, di aver acquistato la propria unità in condominio solo nel dicembre 2011 e che, pertanto, non era tenuto al pagamento di spese relative a gestioni passate, per servizi da lui mai utilizzati.

Il Tribunale ha accolto la domanda dichiarando la delibera impugnata nulla sotto molteplici profili.

Modifica tabelle millesimali. Nullità della delibera assembleare

La ripartizione delle spese per i “servizi a consumo”. Innanzitutto, la delibera viola l'art. 1123, secondo comma, c.c., in quanto suddivide erroneamente le spese per l'uso del servizio di riscaldamento in base ai millesimi di proprietà e non, come avrebbe dovuto fare, ai consumi effettivi riferibili ai singoli condomini.

Per i medesimi motivi, è errata la suddivisione delle spese per consumo di acqua e per gli altri servizi di fornitura c.c. a “consumo personale”.

Sul punto, il tribunale richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in base al quale: “in materia di delibere condominiali, sono affette da nullità … quelle con cui, a maggioranza, sono stabiliti o modificati criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini…” (Cass. civ. n. 6714/2010).

Le spese vanno ripartite in base ai consumi effettivi. Nel caso di specie – osserva il tribunale – l'assemblea non deliberava alcuno stato di ripartizione tra i condomini. La ripartizione veniva effettuata dall'amministratore in una tabella denominata “tabulato rate”, da cui di desume che l'amministratore ha suddiviso l'importo complessivo per i millesimi di proprietà della tabella generale, diviso per il numero degli edifici che compongo il codominio.

Così facendo – si legge nella sentenza – l'assemblea ha adottato un criterio di ripartizione delle spese in deroga a quelli previsti dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento contrattuale, senza il consenso unanime dei condomini, decidendo quindi su una materia sottratta alla competenza dell'assemblea e incidendo su diritti individuali del singolo condomino”.

Lo stesso principio, come detto, vale anche per i consumi dell'acqua, altro servizio a consumo personale. Scatta lo stop anche per il riparto delle spese per l'ascensore da effettuare per regolamento sulla base di tabelle diverse da quella sui valori condominiali di proprietà.

Il neo-condomino risponde delle spese pregresse nei limiti stabiliti dall'art. 63 disp. att. c.c. La delibera in commento è contraria anche all'art. 63, comma 4, disp. att. c.c., in quanto impone al condomino spese pregresse da lui non dovute.

In base al citato articolo 63, infatti, “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamenti dei contributi relativi all'anno in corso e quello precedente”.

L'acquirente, quindi, è chiamato alla solidarietà con il venditore per il pagamento dei debiti della gestione in corso e di quella precedente ma non significa che il neo-proprietario sia obbligatorio personalmente per il biennio in questione.

Ed invero: l'acquirente di un'unità immobiliare condominiale può esserechiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto (Cass. civ. n. 1956/2000). “Il condomino che ha impugnato la delibera in questione, dunque, non è obbligato “al posto” del venditore, ma solo in garanzia e in aggiunta a questo, e limitatamente al periodo temporale in cui egli sia stato proprietario, ovvero dal 2.12.2011 e fino al 30.4.2012”.

Da ciò consegue che l'assemblea non può in alcun modo ampliare la solidarietà passiva del neo-proprietario oltre tale biennio previsto per legge, pena la nullità della delibera (Trib. Torino, n. 7873/2008). Il pagamento dei riporti degli esercizi precedenti potranno essere richiesti esclusivamente al precedente proprietario.

Sentenza
Scarica Tribunale di Treviso del 18 ottobre 2016
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