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Non basta che il rumore del bar dia fastidio a chi vi abita sopra per poter condannare il titolare dell'attività

Per affermare la responsabilità penale del proprietario di un bar non basta aver accertato che i vicini del piano di sopra subiscono un pregiudizio causato dall'attività rumorosa.
Avv. Alessandro Gallucci 

Non può essere affermata la responsabilità penale del titolare di un bar per il reato di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone se nel corso del processo si accerta che solamente chi abita sopra a quell'attività commerciale consideri fastidiosi i rumori da lì provenienti.

La Cassazione penale, con la sentenza n. 1447 depositata in cancelleria il 15 gennaio 2014, è tornata ad occuparsi del reato previsto e punito dall'art. 659 c.p. specificando che arrivare ad un'affermazione di responsabilità dell'imputato non basta accertare il fastidio provato da qualche residente della zona, ma bisogna avere certezza del disturbo per un numero indeterminato di persone, ossia che si sia lesa la tranquillità della quiete pubblica.

Reato di pericolo e danno

L'art. 659 c.p. è inserito tra le contravvenzioni di polizia: si tratta di particolari fattispecie di reato che vengono punite indistintamente a titolo di dolo o colpa, ossia punendo il comportamento dell'imputato tanto se ha voluto realizzare un determinato fatto, quanto se il suo risultato è frutto di un'azione imprudente (art. 42 c.p.).

Il reato di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone è considerato un reato di pericolo presunto, ossia una fattispecie che consente la punizione non di chi ha danneggiato effettivamente qualche cosa ma di chi, con la sua condotta, ha creato una situazione di pericolo per un bene giuridico tutelato.

Si tratta di un fatto di dubbia legittimità costituzionale alla luce del fatto che in un moderno diritto penale dovrebbe sempre valere il così detto principio di offensività, che, per banalizzare, può essere spiegato così: "ti punisco se hai fatto un danno".

Sul fatto che l'art. 659 c.p. configuri un reato di pericolo presunto non vi sono dubbi nemmeno in giurisprudenza. In tal senso in più d'una occasione è stato affermato che "ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 cod. pen., e' necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da superare i limiti della normale tollerabilità, anche in relazione alla loro intensità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, ovvero alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di persone, anche se non e' necessario che siano state tutte disturbate in concreto, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, non assumendo rilievo assorbente le lamentele di una o più persone (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3678 del 01/12/2005-31/01/2006, Giusti).

Trattasi, invero, di reato di pericolo presunto; ai fini della sua configurazione, pertanto, non e' necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone, ma e' sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone" (Trib. Bari 24 settembre 2007).

Prova del fatto

Ad ogni buon conto, la pubblica accusa, per dimostrare che l'imputato è colpevole del reato in esame, deve dare prova che con la sua condotta abbia messo in pericolo la tranquillità pubblica, ossia abbia fatto in modo di poter disturbare un numero indeterminato di persone.

Per affermare la responsabilità penale del proprietario di un bar, quindi, non basta aver accertato che i vicini del piano di sopra abbiano subito un pregiudizio causato dal rumore proveniente da quell'attività, soprattutto se il palazzo è stato costruito senza particolare attenzione ai profili attinenti l'insonorizzazione dei locali.

In generale ed a maggior ragione in questo contesto, dice la Corte, l'accertamento penale "non può essere limitato alla percezione del rumore - pur se in taluni casi eccessivo - da parte delle sole persone che vivono immediatamente al di sopra del locale, pur se tale condizione può determinare l'esistenza di un dovere - civilistico - di adottare misure idonee ad impedire la diffusione del suono molesto.

La percezione di rumori eccessivi da parte di tali specifici soggetti - nel caso di specie peraltro incontestata - può essere considerata un elemento indiziante a carico del gestore dell'esercizio, ma non esaurisce l'ambito dell'accertamento penalistico, correlato - come si è detto - alla messa in pericolo della pubblica tranquillità.

Risulta, in altre parole, doverosa una verifica più ampia, tesa a far emergere l'idoneità della condotta a determinare disturbo ad una più consistente fascia di soggetti, le cui abitazioni siano ubicate nelle vicinanze dell'esercizio medesimo" (Cass. 15 gennaio 2014 n. 1447).

Da non perdere: Il rumore dei frigoriferi della macelleria è valutato dal giudice chiamato a decidere della controversia

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