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Atti compiuti dall'amministratore di condominio privo dei requisiti necessari per la nomina: le conseguenze dei contratti stipulati con i terzi

Amministratore di condominio privo dei requisiti legali necessari per la nomina. Quali conseguenze?
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

La nomina dell'amministratore di condominio rappresenta una delle decisioni più importanti che è chiamata ad assumere l'assemblea dei condòmini, con un ampio consenso e previo esame delle offerte presentate dai candidati ad amministrare.

La delibera di nomina, infatti, è subordinata, quasi sempre, al consueto riscontro del possesso dei requisiti "necessari" per amministrare il fabbricato condominiale, da parte dell'aspirante amministratore.

Ecco come tutelarsi quando l'assemblea nomina un amministratore privo di requisiti

Tali requisiti, che sono elencati nell'art. 71bis disp. att. c.c., sostanzialmente attengono alla reputazione ed alla competenza dell'amministratore, essendo riferiti sia a qualità di ordine morale che a capacità di tipo professionale.

In particolare, dal punto di vista morale, l'amministratore di condominio deve essere maggiorenne, non deve essere fallito, non deve aver subito condanna di interdizione dai pubblici uffici, non deve essere sottoposto a misure di sicurezza o ad altre limitazioni alla libertà privata, che derivano da provvedimenti giudiziari.

E ancora non deve aver subito condanne per delitti non colposi, con previsione della reclusione tra due e cinque anni, né deve essere stato condannato per reati contro il patrimonio o contro la pubblica amministrazione.

Poi non deve essere destinatario di alcuna misura di prevenzione divenuta definitiva, salvo che non sia stato riabilitato dopo aver scontato la pena, in più non deve essere interdetto, inabilitato o protestato.

I poteri dell'amministratore revocato giudizialmente per giusta causa non sono prorogabili.

Mentre, per quanto riguarda i requisiti "minimi" professionali è sufficiente che l'amministratore sia diplomato presso una qualsiasi scuola media superiore ed abbia frequentato un corso di formazione iniziale, nonché segua un corso di aggiornamento annuale.

Il requisito del corso iniziale e del diploma di scuola media superiore sono abbuonati per chi abbia amministrato almeno in uno dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma del condominio, salvo l'obbligo di formazione periodica.

Tale "sconto professionale" sembra rispondere all'attuazione del c.d. principio d'irretroattività della legge, che esclude l'applicazione di una norma giuridica a situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore.

Benché l'irretroattività dell'art. 71 bis disp. att. c.c. sia soltanto "parziale", essendo riferita ai tre anni antecedenti la data di martedì 18 giugno 2013, giorno di entrata in vigore della legge 220/12, con conseguente obbligo di frequentare il corso di formazione iniziale anche per coloro che hanno amministrato prima del 18 giugno 2010.

In termini di sconti professionali l'abbuono dei requisiti diventa addirittura totale per chi volesse amministrare lo stabile in cui è condomino, vale a dire che l'amministratore "interno", oltre a non doversi preoccupare di aver frequentato il corso di formazione iniziale o di aver conseguito un diploma di scuola media superiore, non ha neanche l'obbligo di aggiornarsi, risultando, di fatto, un privilegiato rispetto al c.d. amministratore "esterno".

Nessuno sconto, invece, è stato previsto dal legislatore per quanto attiene ai requisiti di onorabilità, che devono sempre essere in possesso di qualsiasi amministratore di condominio.

È noto che la perdita o la mancanza dei requisiti di onorabilità determina la cessazione "automatica" dall'incarico ad amministrare, cioè una sorta di decadenza immediata, con possibilità per ciascun condomino di autoconvocare l'assemblea ex art. 66 disp. att. c.c., dal momento in cui viene meno il requisito, ma senza l'obbligo di dover inviare la classica richiesta preliminare all'amministratore, per restare in attesa che decorra il termine di dieci giorni prima di poter convocare.

Invece, per quanto riguarda la perdita o la mancanza dei requisiti professionali dell'amministratore, l'art. 71 bis disp att c.c. non dispone alcunché, pertanto tale assenza o perdita di competenze deve essere fatta valere da almeno un condomino, che si rivolga all'Autorità giudiziaria, per chiedere la revoca giudiziale di cui all'art 64 disp att c.c., essendo inapplicabile la cessazione automatica.

In tal senso sarebbe annullabile la delibera dell'assemblea condominiale che dovesse nominare/confermare l'amministratore privo dei requisiti professionali "necessari" per legge, in quanto il comportamento dell'amministratore che non ha conseguito l'attestato, con profitto, per la frequentazione del corso iniziale di formazione o di aggiornamento costituisce "grave irregolarità" ai sensi dell'art. 1129 c.c. e può essere contestata anche su richiesta di un solo condomino.

Ma nel caso in cui un amministratore, privo dei requisiti legali necessari per la nomina, dovesse stipulare un contratto, con un terzo fornitore del codominio, quali sarebbero le conseguenze di tale negoziazione?

Da leggere => Manca la prova relativa alla periodicità dell'aggiornamento in materia. L'amministratore di condominio può essere revocato

Innanzitutto occorre precisare che l'amministratore di condominio, a pena di cessazione del mandato ad amministrare, deve possedere i requisiti previsti dalla legge, non soltanto all'atto della nomina ma anche durante lo svolgimento dell'incarico.

In tale prospettiva, infatti, è corretto asserire che l'aspirante amministratore di condominio, nell'ambito del preventivo di gestione, che sottopone all'attenzione dell'assemblea, deve dichiarare di possedere i requisiti "necessari", ex art. 71 bis disp. att. c.c., per poter ricoprire il mandato ad amministrare.

Fermo restando che si registrano molti casi in cui i requisiti professionali degli amministratori di condominio vengono puntualmente ignorati dai condòmini.

In ogni caso l'amministratore è un semplice mandatario dei condòmini tenuto ad espletare il proprio incarico, con la diligenza del buon padre di famiglia, cosi come previsto dall'art. 1710 c.c., ovvero con quella diligenza tipica dell'uomo medio, che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, memore dei propri impegni cosciente delle relative responsabilità (Cass. n. 19778/2003).

In proposito si osserva che l'intensità della diligenza deve essere rapportata alla figura del moderno amministratore di condominio, che è chiamato a gestire con competenza, onestà e buona fede, ma anche e soprattutto secondo gli specifici dettami dei codici deontologici adottati dalle diverse associazioni di categoria.

Ebbene, con riferimento alla stipula dei contratti condominiali, occorre evidenziare che "l'amministratore di condominio non ha, salvo quanto previsto in tema di lavori urgenti, un generale potere di spesa in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore" (Cass. n. 5984/2012).

Ragion per cui la stipula di un contratto, in generale, non rientra tra le competenze attribuite all'amministratore di condominio e pertanto necessita di una preventiva approvazione assembleare o quanto meno di una successiva ratifica.

Sotto tale profilo è pacifico che l'amministratore debba eseguire le delibere condominiali.

Difatti l'amministratore di condominio non ha una rappresentanza di tipo organico, ma raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza (Cass. SS.UU. n. 9148/08).

Pertanto, il negozio "gestorio" compiuto dall'amministratore in esecuzione dell'incarico, e quindi in qualità di mandatario dei condòmini, comporta l'imputabilità degli effetti dell'attività giuridica direttamente in capo agli stessi condòmini.

Di conseguenza, nel caso in cui un amministratore privo dei requisiti necessari ad amministrare, che sia stato nominato, con una delibera illegittima, successivamente impugnata e dichiarata nulla, abbia stipulato un contratto condominiale con un terzo fornitore, non è detto che lo stesso contratto venga annullato come la delibera.

In pratica, per stabilire se il contratto resista o meno all'annullamento della delibera, bisogna guardare allo stato di buona o cattiva fede del terzo, prima della stipula negoziale.

In tale prospettiva, il terzo creditore del condominio non può pretendere il rispetto del contratto se era consapevole dell'illegittima della delibera, mentre nel caso in cui non poteva conoscere le cause di invalidità della stessa delibera va considerato "in buona fede", e pertanto il suo contratto resiste ad eventuali sentenze di annullamento.

D'effetto i terzi in buona fede, che hanno acquisito diritti in seguito ad una deliberazione assembleare, non vedono intaccata la situazione giuridica derivante da quel rapporto se, successivamente, la deliberazione è stata invalidata dall'Autorità Giudiziaria (Cass. sent. n. 16695/14 del 24.07.2014).

Avv. Michele Orefice

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