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Via dal cortile condominiale i materiali ingombranti che ostacolano il transito

Scatta la rimozione immediata dei materiali ingombranti abbandonati nel cortile comune.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Il caso. Il proprietario di un appartamento in condominio presentava ricorso per ottenere la condanna degli altri due comproprietari alla rimozione del materiale accumulato nel cortile comune e il ripristino dell'area di transito, al fine di permettere il passaggio e lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione del proprio immobile.

Il ricorrente sosteneva che il cortile era sistematicamente occupato dai resistenti con il deposito di rifiuti e materiale ingombrante (stendini, biciclette, motocicli, ecc.).Propria a causa di tale utilizzo improprio dell'area comune, la ricorrente non riusciva ad iniziare i lavori.

Infatti, a causa dell'ingombro creato dal materiale accumulato, il cortile non era accessibile al personale e ai mezzi necessari per eseguire le opere edili in questione.

In accoglimento della domanda, il Tribunale ha ordinato la rimozione del materiale accumulato nel cortile entro dieci giorni.

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La motivazione.Quanto al primo requisito della tutela cautelare, il fumus boni iuris,dai documenti prodotti, “è possibile percepire senza ombra di dubbio che una parte rilevante dell'area cortiliva comune è effettivamente occupata da sedie, stendini, gabbie, biciclette, cassette per attrezzi, contenitori di plastica, latte di vernice, legname, tavoli, immondizia e altri oggetti di vario genere, in modo tale da rendere difficoltoso il passaggio anche per una persona a piedi e da rendere assolutamente impossibile il pari uso da parte degli altri comproprietari”. La destinazione dell'area comune risultava alterata illegittimamente, non avendo più la funzione di cortile, ma di deposito materiali, se non di una vera e propria discarica.

Si tratta di un utilizzo contrario ai principi sanciti dall'art. 1102 c.c:"L'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante è sottoposto dall'art. 1102 cod. civ. a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Pertanto, a rendere illecito l'uso basta il mancato rispetto dell'una o dell'altra delle due condizioni, sicché anche l'alterazione della destinazione della cosa comune determinato non soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall'art. 1102 cod. civ." (Cass. n. 7752/1995).

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Sentenza
Scarica Tribunale di Bologna, ordinanza n. 23 marzo 2017
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