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Obbligo del proprietario di permettere l'accesso nel suo fondo e servitù di passaggio a favore di un condomino: le differenze

Il Tribunale di Firenze spiega le differenze tra una servitù e l'obbligazione prevista ex lege dall'art. 843 c.c.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Gli accessi e il passaggio che, ai sensi dell'art. 843 c.c., il proprietario deve consentire al vicino per l'esecuzione delle opere necessarie alla riparazione o manutenzione della cosa propria, dando luogo ad un'obbligazione "propter rem", cioè una limitazione legale del diritto del titolare del fondo per una utilità occasionale e transeunte del vicino, avente per contenuto il consenso all'accesso ed al passaggio che il soggetto obbligato è tenuto a prestare.

L'obbligo del proprietario consiste nel prestare, di volta in volta, il proprio consenso all'accesso ed al passaggio.

Alla luce di quanto sopra occorre mettere in evidenza che l'obbligo del proprietario di permettere, ai sensi dell'art. 843 c.c., l'accesso ed il passaggio nel suo fondo quando questi siano necessari per la costruzione o riparazione di un muro od altra opera propria del vicino o comune non si ricollega ad una servitù a carico della proprietà esclusiva.

Tenendo conto di quanto sopra è comprensibile quanto ha affermato il Tribunale di Firenze nella recente sentenza n. 801 del 16 marzo 2023.

Obbligo del proprietario di permettere l'accesso nel suo fondo e servitù di passaggio a favore di un condomino. Fatto e decisione

Un atto di divisione tra i membri della famiglia proprietaria di un immobile determinava la nascita di un condominio.

Nel predetto atto veniva precisato che le opere di manutenzione dell'ascensore potevano essere effettuate dalla condomina proprietaria esclusiva dell'impianto utilizzando la scala a chiocciola accessibile dal vano scale condominiale o, in caso di necessità oggettive o emergenze, passando attraverso la terrazza di una condomina.

Successivamente, a seguito di un controllo dell'USL, il passaggio dalle scale a chiocciola veniva abbandonato in quanto considerate non sicure (nel verbale di ispezione era scritto che in caso di ulteriore utilizzo delle dette scale l'impianto sarebbe stato fermato).

La titolare dell'appartamento con terrazza citava in giudizio la condomina proprietaria dell'impianto ascensore affinché venisse accertata l'inesistenza del diritto di servitù di passaggio sulla sua proprietà esclusiva.

Secondo la tesi dell'attrice, tramite la pattuizione contenuta nell'atto di divisione, le parti non avevano inteso costituire una servitù, bensì esplicitare il contenuto dell'obbligazione prevista ex lege dall'art. 843 c.c., volta a regolamentare l'accesso al fondo del proprietario che il vicino può compiere al fine di riparare un muro od altra opera propria.

Il Tribunale però ha dato ragione alla convenuta. Infatti nella clausola contenuta nell'atto di divisione sono emersi tutti gli elementi costitutivi del diritto reale, non potendo assumere rilievo il mancato espresso utilizzo, nell'atto, della espressione "servitù".

In particolare secondo lo stesso giudice gli elementi della servitù sono presenti nell'atto congiuntamente: la manifestazione di consenso tra le parti; il peso, consistente nell'accesso al fine della manutenzione del fondo dominante (vano ascensore di proprietà della convenuta), seppure limitatamente a situazioni di necessità od urgenza, che grava sul fondo servente (terrazza di proprietà dell'attrice); forma pubblica e trascrizione dell'atto di divisione ad opera del notaio.

In ogni caso, ad avviso del Tribunale, tale volontà dei condividenti di costituire una servitù non è smentita dalla limitazione dell'accesso a situazioni di emergenza o necessità oggettiva.

Considerazioni conclusive

La servitù è il peso che grava su un fondo in vista dell'utilità di un altro fondo, finitimo, cioè un diritto reale, il cui contenuto può essere il più vario purché vi siano alcuni elementi indefettibili, quali il peso che il fondo servente deve sopportare in vista dell'utilità del fondo dominante, la vicinanza dei fondi, la diversa proprietà degli stessi, l'assenza di un comportamento attivo richiesto al proprietario del fondo servente (il quale può essere tenuto esclusivamente ad un non fare).

Come ha ricordato la sentenza in commento, la clausola contenuta nell'accordo divisionale, indipendentemente dalle formule utilizzate nell'atto, è risultata idoneo a costituire una servitù.

Del resto, la costituzione convenzionale di una servitù prediale (anche tramite un atto di divisione) non richiede l'uso di formule sacramentali o di espressioni formali particolari, in quanto è sufficiente che dall'atto si desuma in modo inequivoco la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore del fondo mediante l'imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario (Cass. civ., sez. II, 04/09/2020, n. 18465; Cass. civ., sez. II, 05/07/2002, n. 9741).

Sentenza
Scarica Trib. Firenze 16 marzo 2023 n. 801
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