Un unico immobile diviso in più appartamenti, due accessi civici distinti e una scala a servizio di tre unità immobiliari. Nel caso affrontato dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia (sentenza dell'8 marzo 2023. si discute dell'esistenza di una servitù di passo sulla scala esterna di accesso ai fabbricati.
A rivendicarne il diritto contro le proprietarie del primo e del secondo piano, è la proprietaria dell'appartamento a lato, che da tempo utilizza la scala per accedere alla mansarda del fabbricato e al terrazzo comune dal quale si può raggiungere la camera da letto del suo appartamento.
Contenzioso sulla servitù di passo e comproprietà della scala
Sono più d'uno i beni contesi tra le parti nel caso in commento.
La prima questione giuridica riguarda la scala che dall'ingresso sulla strada porta al terrazzino al primo piano, e quindi al terrazzo del secondo piano, con relativi cancelli di accesso.
Le proprietarie del primo e del secondo piano dell'immobile rivendicano la proprietà al 50% della scala, e chiedono al Tribunale di dichiarare inesistente il diritto di passo della convenuta (proprietaria di appartamento nello stesso fabbricato ma con ingresso da altro civico) sulla scala in questione, con restituzione delle chiavi dei cancelli (di accesso dalla strada e di quello intermedio) e risarcimento del danno provocato dall'illegittima condotta ed arbitrario utilizzo della detta scala.
La convenuta invece, oltre a sostenere il proprio diritto di passo sulla scala, rivendicava la proprietà al 50% della mansarda dell'ultimo piano del fabbricato, di conseguenza domandando la declaratoria di esistenza del relativo diritto di passaggio attraverso la scala per accedere alla mansarda. La convenuta chiedeva anche la restituzione del 50% delle spese sostenute per il consolidamento del fabbricato, eseguito a sue spese.
In corso di causa, l'esperimento di una consulenza tecnica di ufficio ha ricostruito lo stato dei luoghi e la storia del fabbricato.
L'immobile in origine era appartenuto ad un unico proprietario, ed era un solo fabbricato con una scala di accesso padronale. Successivamente erano state create quattro quote autonome con autonomi accessi, e l'originaria scala di ingresso, era stata demolita.
Per accedere alla proprietà dell'attrice e della terza intervenuta (proprietarie del primo e del secondo piano) era stata realizzata apposita scala di accesso con ingresso da civico n. 4, mentre per accedere alla proprietà della convenuta era stato realizzato altro autonomo accesso scala, con ingresso da un civico diverso (n. 6) e di esclusiva proprietà di quest'ultima.
Per il Tribunale la servitù non è stata costituita per destinazione del padre di famiglia, dal momento che non si era diviso alcun fondo dominante, né vi era stato trasferimento di servitù. Semplicemente, dalla divisione di un unico compendio immobiliare, a seguito del decesso del comune dante causa, erano state costituite quote autonome dell'immobile, indipendenti tra loro.
Ad escludere la costituzione di una servitù per usucapione, sarebbe mancata invece la prova del passaggio ultraventennale ed ininterrotto, pubblico e pacifico. Tanto più che l'acquisto era stato effettuato meno di venti anni prima e che il possesso non poteva decorrere prima dell'acquisto.
Al contrario il Tribunale ha ritenuto provata la domanda di comproprietà della scala tra l'attrice e la terza intervenuta, proprietarie rispettivamente del primo e del secondo piano lungo la scala. La prova della comproprietà al 50% tra le due discendeva infatti dall'esame degli atti di provenienza allegati al processo e dalla dettagliata relazione del CTU.
Sulla questione della mansarda, della quale la convenuta rivendicava la proprietà al 50% con l'attrice e dunque il diritto di passo sulla scala per accedere alla stessa, il Tribunale ha dato ragione all'attrice. La mansarda, come emerso dalla consulenza tecnica d'ufficio era in realtà una copertura dell'unità immobiliare dell'attrice, con sola funzione di "camera d'aria" per proteggere la casa dal caldo dal freddo e dall'umidità.
In via riconvenzionale, parte convenuta aveva chiesto anche il rimborso del 50% delle spese sostenute per l'esecuzione di lavori di asserita natura condominiale, per il rinforzo delle strutture portanti del fabbricato e dei solai.
Il Tribunale ha rigettato la domanda riconvenzionale, perché i lavori eseguiti non erano stati previamente concordati.
Applicazione delle norme condominiali in caso di comunione
La questione di diritto esaminata dal Giudice partenopeo si incentra sulla applicazione o meno, in caso di comunione tra due soli proprietari, delle norme sul condominio e delle tabelle millesimali di cui agli artt. 1117 e ss. c.c.
Secondo un primo orientamento, scrive il Tribunale, non sarebbero state applicabili le norme del condominio, ma solo quelle sulla comunione in generale, con l'effetto che "le spese di riparazione e manutenzione venivano attribuite in parti uguali dai condominio, salvo ovviamente diverso accordo".
La sentenza n. 2046/2006 delle Sezioni Unite della Cassazione ha stravolto quell'orientamento e stabilito che in un edificio composto da più unità immobiliari la cui proprietà è di soggetti diversi, vada applicata la disciplina del condominio.
L'applicazione delle norme sul condominio, non dipende dunque dal numero dei condomini, che possono essere anche solo due.
La sentenza a Sezioni Unite è stata recepita dalla Riforma del 2012 del Condominio, con l'effetto che "anche in caso di condominio minimo, i condomini concorrono alle spese in base alle tabelle millesimali. In caso di assenza di queste, i condomini potranno chiederle al tribunale competente".
Resta salva la possibilità, per i condomini, di accordarsi diversamente ed optare per una ripartizione delle spese in parti uguali, ma l'accordo deve preferibilmente avvenire in forma scritta e sottoscritta da entrambi.
Nel caso esaminato dal Tribunale, data l'assenza di tabelle millesimali, l'attrice non aveva concordato prima dell'esecuzione dei lavori l'entità delle spese e la convenuta non aveva dimostrato l'esistenza di un accordo tra le parti.