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Canone di locazione, niente aggiornamento ISTAT se non è il proprietario a domandarlo

L'aggiornamento del canone dev'essere previsto contrattualmente altrimenti non è richiedibile.
Avv. Alessandro Gallucci 

Quando si parla di canoni di locazione, tanto per l'ipotesi di affitti di abitazioni, tanto per i casi di locazioni per usi non abitativi, si è soliti sentire parlare, per gli anni successivi al primo, di aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT.

Che cosa vuol dire aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT?

Quando si applica tale aumento?

Le risposte ai quesiti non appaiono poi così scontate, tant'è che sull'argomento s'è sviluppata anche giurisprudenza, ergo contenzioso, del quale è utile tenere presenti gli esiti per dare chiara soluzione ai quesiti esposti.

Partiamo dalla prima delle due domande.

Il costo della vita e l'aggiornamento del canone di locazione

I contratti di locazione, specialmente quelli di lunga durata (4+4 o 6+6), prevedono il pagamento di un canone quale corrispettivo per il godimento dell'immobile.

La somma pattuita al raggiungimento dell'accordo, è evidente, avrà un valore diverso negli anni. Spieghiamoci meglio. In termine di acquisto, il valore di 500 € nel 2014 è differente dal valore che quella stessa cifra avrà l'anno dopo o negli anni seguenti.

Per ovviare a questo inconveniente è possibile prevedere l'aggiornamento del canone di locazione agganciandolo al costo della vita.

Aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT, le norme di riferimento

Attualmente, per i contratti di locazione ad uso abitativo a canone libero, quelli così detti 4+4, non è previsto alcuno specifico riferimento normativo che consente tale aggiornamento.

Nel pieno vigore della legge n. 392/78 la norma applicabile per addivenire all'aggiornamento, era l'art. 24 della suddetta legge che recitava:

Per gli immobili adibiti ad uso d'abitazione il canone di locazione definito ai sensi degli articoli da 12 a 23 è aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.

L'aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata.

L'attuale legge che disciplina gli aspetti principali delle locazioni abitative fa riferimento agli indici ISTAT solamente per le ipotesi di blocco degli sfratti (cfr. art. 11 l. n. 431/98).

Ciò vuol dire che l'aggiornamento del canone può essere valutato anche sulla base di altri parametri.

C'è da dire che, nella realtà quotidiana, l'indice dei prezzi al consumo è il parametro unanimemente preso a riferimento.

Per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, l'aggiornamento del canone è facoltativo (cfr. art. 32 l. n. 392/78).

In sostanza abolita la legge sull'equo canone, per entrambe le tipologie di locazioni l'aggiornamento del canone dev'essere previsto contrattualmente, altrimenti non è richiedibile.

Aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT, la giurisprudenza

Avanziamo un esempio pratico per spiegare meglio in quali casi sia possibile pretendere l'aggiornamento del canone.

S'ipotizzi che Tizio ha locato a Caio un bene immobile (abitazione) per un canone mensile pari ad € 500,00. L'anno successivo, in ragione dell'aumento del costo della vita parametrato sulla base dei prezzi al consumo, il canone non dovrebbe più essere pari ad € 500,00 ma, supponiamo ad € 503,00.

In tali ipotesi, da quando è dovuta questa maggiorazione?

In un proprio arresto datato 26 maggio 2014, la Cassazione ha ricordato che "la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore si pone come condizione per il sorgere del relativo diritto, con la conseguenza che il locatore stesso può pretendere il canone aggiornato solo dal momento di tale richiesta, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati […](v. Cass. n. 14673 del 2003)" (Cass. 26 maggio 2014 n. 11675).

Ciò vale tanto nel caso di locazioni ad uso abitativo, tanto per le ipotesi di locazioni per uso differente.

Insomma se il proprietario richiede bene, altrimenti non può avanzare pretese in un periodo successivo.

Resta ferma, ad avviso di chi scrive, la possibilità di prevedere l'aggiornamento automatico senza necessità di comunicazioni al momento della stipula del contratto, inserendo una clausola nell'accordo in tal senso, oggetto poi di una specifica pattuizione.

Nessun aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT per chi opta per la cedolare secca

Un'eccezione a quanto fin qui detto viene rappresentata dai contratti di locazione rispetto ai quali, in sede di registrazione si opta per il così detto regime della cedolare secca.

La cedolare secca, come ci ricorda l'Agenzia delle Entrate nel proprio sito istituzionale, alla pagina informativa su questo regime fiscale, altro non che è il pagamento di un'imposta sostitutiva di quelle che normalmente si corrispondono sul reddito prodotto dalla locazione di immobili. L'opzione per tale regime prevede altresì l'esenzione dal pagamento dell'imposta di registro e dall'imposta di bollo per registrazioni, risoluzioni e proroghe del contratto.

L'imposta sostitutiva che il contribuente è tenuto a corrispondere optando per il regime in esame è pari al 21% del canone di locazione annuo stabilito dalle parti, aliquota che scende al 10 % per i contratti a canone concordato.

Chi opta per questo regime, è bene ricordarla rinuncia agli aggiornamenti del canone fin qui considerati (cfr. d.lgs n. 23/2011).

Sentenza
Scarica Cass. 26 maggio 2014 n. 11675
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