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Riaprono le “case chiuse”? Cosa succederà negli edifici condominiali?

La prostituzione in condominio e il ruolo dell'amministratore di condominio. Nuova proposta di legge.
Ivan Meo 

Torna in discussione al Senato la proposta di legge sulla "Regolamentazione del fenomeno della prostituzione".

A volte ritornano. Tutti ricorderanno la famosa legge Merlin (L. 20/02/1958 n. 75) che vietò l'esercizio della prostituzione all'interno della c.d. "case chiuse" introducendo anche una serie di sanzioni a carico di avesse favorito la prostituzione. Ma, a quanto pare, qualche parlamentare nostalgico, ha ritenuto opportuno di riaprirle.

Infatti, un nuovo disegno di legge mira a regolamentare la prostituzione, e visto anche i dati stimati (circa 70mila prostitute per 9 milioni di clienti) si potrebbe, con questa nuova iniziativa legislativa, fare cassa: allo Stato potrebbero entrare tra i 5 e i 10 miliardi di euro.

Del 61% degli italiani che vuole la regolamentazione - secondo i sondaggi, soprattutto cattolici ed elettori di sinistra - l'81% vuole anche che sia soggetta a tassazione.

Gli obiettivi. Dalla relazione di accompagnamento alla proposta, presentata per la prima volta il 10 dicembre, se ne apprendono chiaramente gli obiettivi:

- sottrarre allo sfruttamento persone che ne sono soggette per ragioni di obiettiva debolezza;

- sottrarre, mediante la piena legalizzazione, un mercato alle regole della clandestinità e alla contiguità con il mondo criminale;

- portare ordine nelle città che, nelle ore notturne, in alcune zone, diventano autentici "bordelli" a cielo aperto.

È necessario tenere in considerazione da un lato "l'esercizio della prostituzione sia in forma individuale (comprendendola nelle attività di cui al titolo III del libro V del codice civile ? lavoro autonomo) che in forma cooperativa e prevedono l'esercizio in unità immobiliari di cui si abbia legale disponibilità" e dall'altro lato le figure di reato e le pene, cioè lo sfruttamento della prostituzione, la costrizione violenta alla prostituzione e l'organizzazione del traffico internazionale.

Dunque, la legge cercherebbe di togliere dalle mani della criminalità organizzata il business della prostituzione, garantendo sia "il diritto di autodeterminazione sessuale" sia la possibilità di cambiare vita alle donne che vengono costrette alla prostituzione.

Sono, infatti, previste, dall'articolo 1 della legge, "misure volte a favorire l'inserimento sociale delle donne che vogliono uscire dalla prostituzione".

In casa. Per quanti vogliano esercitare volontariamente la prostituzione "dovrebbe essere consentito di associarsi e di esercitare la prostituzione nelle case", in modo da abbandonare la strada ed esercitare in luoghi più sicuri e nello stesso tempo più riparati dalla vista dei cittadini.

Spetta alle autorità locali la scelta delle zone verso le quali "incoraggiare il trasferimento dell'esercizio della prostituzione, che siano nello stesso tempo lontane dagli occhi di persone che non vogliono assistere al mercato del sesso, sicure per chi invece le vuole frequentare", eccezion fatta per scuole, luoghi di culto, ospedali e parchi cittadini.

L'articolo 3, a tal proposito, "prevede di disincentivare l'esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici.

Le amministrazioni locali possono procedere alla individuazione delle aree di comune accordo con le associazioni per i diritti delle prostitute, con le organizzazioni di volontariato e con i comitati dei cittadini". (Come Impedire la prostituzione in un appartamento condominiale)

Autorizzazioni. L'articolo 5 della legge "entra nel merito del rilascio di autorizzazione a svolgere la professione della prostituzione". Tale autorizzazione costerebbe semestralmente 6mila euro per l'attività full time e 3mila per quella part time, con l'assoggettamento del lavoratore "ai regimi fiscali e previdenziali previsti dalle normative vigenti".

E, secondo l'articolo 6, pur restando vietate le "case del sesso", verrebbe tollerata una forma di autogestione dei lavoratori.

Professioniste del sesso. Il lavoratore del sesso deve comunicare alla camera di commercio la sua professione, fornendo una "certificazione facoltativa di sana e robusta costituzione", per la "salvaguardia della salute di coloro che offrono e fruiscono prestazioni sessuali".

L'articolo 7, infatti, stabilisce l'uso obbligatorio del profilattico e, per di più, invita a svolgere nelle scuole medie almeno 20 ore di informazione all'anno e istituisce l'insegnamento regolare dell'educazione sessuale.

I risvolti in ambito condominiale. E' pacifico che se la legge dovesse essere approvata dai due rami del Parlamento, inevitabilmente ci saranno dei "contraccolpi" anche in ambito condominiale in quanto l'attività di prostituzione potrebbe svolgersi tranquillamente all'interno di appartamenti condominiali.

Un valido strumento di "difesa" potrebbe essere rappresentato dal regolamento di condominio mediante l'inserimento di precise clausole che vietano qualsiasi attività "contrarie al decoro".

La giurisprudenza ritiene che si possa vietare anche l'esercizio di una pensione "a ore" (nel caso di specie gli appartamenti venivano utilizzati per lo svolgimento di "convegni amorosi", con comportamenti che offendevano la morale e recavano disturbo a qualsiasi condomino Cass. n. 11145/1990).

Il condominio può far valere il suo "veto" richiamando le clausole contenute nel regolamento condominiale purché determinate attività rientrino nell'elenco dei divieti previsti dal medesimo regolamento.

Su questo punto la giurisprudenza ha precisato che tali divieti e limiti possono essere formulati mediante una elencazione analitica delle attività vietate, oppure tramite un elenco di pregiudizi che si intendono evitare (cfr. Cass. n. 4554 del 1986; Cass. n.1131 del 1985; Tribunale di Pordenone 7 gennaio 1988).

Alcuni Tribunali hanno anche analizzato casi in cui alcuni regolamenti di condominio vietavano l'apertura dicase di prostituzione (Tribunale di Torino 5 marzo 1964).

Ma oltre alla clausola del regolamento si può anche inserire una apposita clausola nei contratti di locazione o comodato degli immobili e locali di proprietà comune dei condomini. (Non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione se si concede l'appartamento a prezzo di mercato)

Il ruolo dell'amministratore di condominio. Partendo dal presupposto che regolamento di condominio può contenere espressamente dei vincoli alla utilizzazione delle proprietà esclusive, prevedendo dei limiti alle destinazioni d'uso, la Corte di Cassazione ha stabilito che "l'amministratore di condominio è legittimato a fare valere in giudizio, a norma degli art. 1130 n. 1 e 1131 c.c., le norme del regolamento condominiale, anche se si tratta di clausole che disciplinano l'uso delle parti del fabbricato di proprietà individuale, purché siano rivolte a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all'abitabilità dell'intero edificio".

Nel caso di specie un condomino aveva destinato a discoteca e sala da ballo i locali seminterrati di sua proprietà esclusiva che, a termini di regolamento, dovevano essere adibiti a magazzino (Cass. n. 397/1989).

La redazione della clausole. Considerato quanto brevemente detto nel regolamento contrattuale potremmo trovare le seguenti clausole: "è fatto espresso divieto ai condomini di destinare, direttamente o indirettamente, le unità immobiliari di proprietà esclusiva, ai seguenti usi, destinazioni o attività: sale da ballo, sale da giochi, night club o equivalenti"; oppure: "è fatto espresso divieto ai condomini di destinare, direttamente o indirettamente, le unità immobiliari di proprietà esclusiva, ad una utilizzazione diversa dalla civile abitazione".

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