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Il vizio della delibera incide sui tempi di presentazione dell'impugnazione

Impugnazioni delle deliberazioni assembleari.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il codice civile disciplina le impugnazioni delle deliberazioni assembleari in modo piuttosto superficiale.

L'art. 1137 c.c., dedicato all'argomento, recita:
Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.

Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.

Come si nota, si fa un generico riferimento alle deliberazioni viziate da contrarietà alla legge e/o al regolamento condominiale.

La dottrina condominiale nel corso del tempo ha distinto due specifiche ipotesi d'invalidità: quella di nullità, la più grave, e quella di annullabilità.

Alla prima non si applicano i ristetti tempi d'impugnazione previsti dall'art. 1137 c.c., poiché in ragione dei precetti generali in materia di nullità degli atti contrattuali, l'azione per farla valere può essere sempre esercitata (art. 1422 c.c.).

Le deliberazioni annullabili, invece, devono essere impugnate nei termini di trenta giorni calcolati secondo quanto specificato dal terzo comma dell'art. 1137 c.c.

Per lungo tempo è stato difficile comprendere quali deliberazioni dovessero essere considerate nulle e quali annullabili.

È stato necessario un intervento delle Sezioni Unite, recentissimamente ribadito, per potare chiarezza in materia.

Secondo gli ermellini, "in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le de libere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servici comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le de libere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottale con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto" (nello stesso senso, più di recente, vedi Cass. Sez. II n. 4014/2007; Cass. Sez. II n. 17014/2010) (Cass. 13 febbraio 2013, n. 3586).

Dopo l'entrata in vigore della riforma, vale a dire dopo il 18 giugno 2013, cambierà qualcosa?

Poco, anzi pochissimo.

L'art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, riformato dalla legge n. 220/2012, specifica, in ossequio alla sentenza n. 4806 che le deliberazioni affette da vizi nel procedimento di convocazione sono da ritenersi annullabili, o meglio impugnabili ex art. 1137 c.c.

Solamente l'art. 1117-ter c.c. ed il nuovo art. 1129 c.c. introducono due cause di nullità attinenti la procedura di convocazione dell'assemblea che dovrà deliberare sui cambi di destinazione d'uso e quelle le comunicazione che l'amministratore deve effettuare al momento della nomina.

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