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Deliberazioni nulle ed annullabili, la Cassazione continua a dare conferme alla sentenza n. 4806 del 2005

Cause d'invalidità delle deliberazioni assembleari, ulteriori conferme alla sentenza n. 4806 del 2005
Avv. Alessandro Gallucci 

Ci sono voluti anni per mettere tutti d’accordo su quali debbano essere considerate le deliberazioni nulle e quali quelle annullabili.

Poi è arrivato un pronunciamento autorevole, il più autorevole, quello delle Sezioni Unite e tutto s’è risolto.

Il riferimento è alla sentenza 8 marzo 2005 n. 4806 in materia di cause d’invalidità delle deliberazioni assembleari.

Da sette anni a questa parte (a dire il vero quasi otto ormai) non v’è sentenza, di merito o di legittimità, che non faccia riferimento a quella pronuncia.

Di recente, sempre la Suprema Corte di Cassazione, ha ripreso l’ormai stranoto principio in base al quale “ debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto” (Cass. 12 novembre 2012, n. 19605).

Ciò detto è bene ricordare che cosa cambia ai fini dell’impugnazione di una delibera se essa è annullabile o, invece, nulla.

Ai sensi dell’art. 1137, secondo e terzo comma, c.c.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.

Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti”.

Sono state le stesse Sezioni Unite, con la famosa sentenza n. 4806, ma sul punto non v’erano contrasti, a specificare che solamente le deliberazioni annullabili debbono essere impugnate a pena di decadenza nei modi e nei termini indicati dai succitati commi dell’art. 1137 c.c.

Per tutte le deliberazioni nulle, invece, (si pensi a quelle che senza il consenso di tutti i condomini modifichino i criteri di ripartizione delle spese), non esistono limiti al potere d’impugnazione; chiunque vi abbia interesse (quindi anche i condomini che le hanno votate cfr. Cass. n. 6714/10) possono impugnarle senza limite di tempo.

Come per tutti gli atti nulli, però, restano salvi gli effetti in materia di usucapione e ripetizione dell’indebito: insomma un atto nullo per queste due particolari fattispecie produce comunque i propri effetti.

Questo per il passato. Ma che cosa accadrà dopo il 18 giugno 2013?

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