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Umidità in appartamento, quando il Condominio ne risponde

Umidità, se sono compromesse abitabilità e salubrità di un appartamento il Condominio ne risponde in via autonoma ex art. 2051 c.c.
Dott.ssa Marta Jerovante 

Il caso Azionata domanda risarcitoria nei confronti del Condominio da parte di una dei condomini, il Tribunale accertava, in seguito ad ATP, che «l'umidità presente nell'appartamento dell'attrice era conseguente ad infiltrazione di acque meteoriche a cagione di inadeguata coibentazione dei muri perimetrali dell'edificio condominiale»; condannava dunque il Condominio convenuto a risarcire i danni cagionati e ad eliminarne le cause, e, in accoglimento dell'istanza di manleva proposta dal Condominio medesimo, condannava altresì la Compagnia di assicurazioni a rimborsare al Condominio le somme erogate alla condomina danneggiata, unitamente alle spese processuali.

La Compagnia assicuratrice proponeva dunque appello, lamentando specificamente «la infondatezza della domanda attrice in quanto i danni erano riconducibili a vizi originari della cosa» e sottolineando che «i lavori di riparazione erano stati commissionati dall'attrice senza nessuna ingerenza da parte del condominio».

La decisione: la responsabilità del condominio per danni cagionati da cose in custodia Il giudice di secondo grado ha respinto l'appello, giudicando infondate tutte le doglianze formulate dalla Compagnia di assicurazioni; in particolare, la Corte di Lecce ha rilevato che la circostanza che gli interventi eseguiti non abbiano rimosso il fenomeno delle infiltrazioni non valga ad escludere «il nesso eziologico tra il fatto riferibile al condominio e l'evento danno».

Davanti al giudice di prime cure il Condominio aveva sempre riconosciuto di essere tenuto all'intervento sulla parete esterna, mentre l'amministratore di condominio aveva confessato che «dal muro perimetrale in carparo provengono fenomeni d'umidità all'interno dell'immobile di proprietà dell'attrice».

Il giudice dell'appello ha pertanto confermato la correttezza della valutazione del Tribunale, il quale, richiamando Cass. civ., n. 12211/2003, ha ritenuto che «ancorché i danni siano ascrivibili a vizi edificatori, non si possono equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito».

Può quindi accadere che, pur sussistendo vizi o difetti costruttivi originariamente imputabili al costruttore ed eventualmente al direttore dei lavori o al progettista, il condominio si configuri quale responsabile dei danni cagionati dalle parti comuni ai singoli condomini (App.

Milano, sezione II, 23 giugno 2015, n. 2680): così, l'umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c.; tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Cass. civ., 15 aprile 1999, n. 3753).

Nel caso in commento si ribadisce con estrema chiarezza che «il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, essendo obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, risponde in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili ai vizi edificatori dello stabile comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore (ex art. 1669 c.c.), non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità dell'art. 2051 (Cass., nn. 6507 del 1986, 3405 del 1988, 3209 del 1991; la seconda e la terza in fattispecie di formazione di “condensa” nell'appartamento di un condomino)» (App. Lecce, n. 905/2015.

Si segnala in proposito anche Cass. civ., 30 ottobre 2008, n. 26051: «In tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'art. 2051 cod. civ. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo.

Pertanto non rileva in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito – fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno.

Ne consegue che il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al terzo costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del terzo danneggiato, non costituendo caso fortuito, che interrompe il nesso eziologico, salva l'azione di rivalsa del danneggiante-custode nei confronti dello stesso costruttore».

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L'assicurazione per gli edifici condominiali: le garanzie per danni da acqua condotta Tra le garanzie offerte da uno tra i prodotti assicurativi a maggior diffusione – la cd. polizza globale fabbricati, che risarcisce e protegge sia dai danni provocati dagli spazi comuni del condominio alle proprietà o all'incolumità di terze persone e dei condomini stessi, sia dai danni provocati dalle abitazioni private dei condomini – rientra proprio quella dell'“acqua condotta”: con detta espressione si indica quell'acqua potabile, piovana o di scarico, che è condotta, appunto, negli appositi impianti a servizio del fabbricato.

Può dunque considerarsi acqua condotta: l'acqua che scorre nelle tubazioni di acqua potabile e negli impianti di riscaldamento e di condizionamento; l'acqua di scarico, sia bianca che nera; l'acqua piovana che viene raccolta nel canale di gronda.

Al contrario, non può considerarsi tale l'acqua piovana che si infiltra dai pluviali o in rotture, o che entra da una finestra aperta, o, ancora, l'acqua che esce da un lavandino o da una vasca.

La garanzia “danni da acqua” è, in particolare, suddivisa in danni causati ai fabbricati e in danni causati a terzi: la società assicuratrice si obbliga ad indennizzare l'assicurato dei costi necessari per ripristinare il fabbricato descritto in polizza per i danni materiali e diretti prodotti da spargimento d'acqua a seguito di rottura accidentale di condutture ed impianti fissi del fabbricato, esclusi quelli interrati.

Sono comprese nella garanzia tutte le tubazioni idriche facenti parte degli impianti necessari alla conduzione del fabbricato; non vi rientrano invece quelle tubazioni che fanno parte dell'arredamento dei locali (ad esempio, i tubi di carico o di scarico di lavatrici o lavastoviglie).

Condizioni necessarie per l'operatività della garanzia diretta “acqua condotta” sono che la conduttura rotta faccia parte degli impianti del fabbricato assicurato e che la rottura sia accidentale.

L'accidentalità del fatto A titolo esemplificativo, si parla di rottura “accidentale” in caso di rottura improvvisa, repentina, episodica, anomala: essa non deve derivare esclusivamente da graduale usura o lenta corrosione, ma si deve verificare quando, a causa di forze esterne, l'impianto si spezzi o subisca delle falle o fenditure, interrompendosi la continuità dell'impianto stesso.

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Le Compagnie di assicurazione, al fine di limitare i risarcimenti, tendono peraltro ad interpretare in modo estremamente restrittivo detta circostanza, escludendo la risarcibilità di danni causati dai comportamenti colposi dell'assicurato: invero, il termine “accidentale” non può essere inteso alla stregua di “non colposo”, dal momento che, in tali ipotesi, non sussisterebbe neppure responsabilità del danneggiante, trattandosi di caso fortuito.

In definitiva, integrerà gli estremi di una “rottura accidentale” ogni fatto, non doloso o fortuito, riconducibile alla responsabilità di uno o più condomini (Trib. Bologna, Sez.

II, 19 febbraio 2008: nel caso di specie, il Tribunale, dopo aver affermato la responsabilità ex art. 2051 c.c. dei proprietari dell'appartamento sovrastante, a seguito di allagamento ai danni di un locale sottostante – di terzi –, ha accolto la domanda di manleva proposta dai convenuti nei confronti della compagnia assicuratrice della responsabilità civile, nonostante fosse stata inserita in polizza una clausola per cui la responsabilità per danni da spargimento d'acqua era compresa “solo se il danno fosse stato conseguente a rottura accidentale degli impianti idrici”; Trib. Nocera Inferiore, 25 febbraio 1999).

Nel caso in commento la Compagnia aveva tra l'altro invocato «la carenza di copertura assicurativa in relazione all'evento dedotto, sulla base della clausola dell'art. 17 del contratto di assicurazione che circoscriveva l'ambito di operatività della copertura solo ai danni conseguenza di fatto accidentale verificatosi in relazione alla proprietà del fabbricato o alla conduzione di parti comuni ed escludeva (secondo l'assunto dell'appellante) la copertura assicurativa per fatti aventi carattere continuativo nel tempo ascrivibili a vizi originari di costruzione dello stabile e idonei in astratto a fondare una responsabilità del costruttore ai sensi dell'art. 1669 c.c.».

Anche la Corte d'appello di Lecce ha confermato che «Il concetto di fatto accidentale escluso dalla copertura si riferisce solo al caso fortuito e alla forza maggiore» (App. Lecce, n. 905/2015).

Da non perdere: => Risarcibile il danno alla vivibilità della casa per le infiltrazioni che creano muffe e allergie

Sentenza
Scarica Corte di appello di Lecce 12 novembre 2015 n. 905
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