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Per l'uso della cosa comune da parte di tutti i condomini può essere necessaria la costituzione di una servitù

Servitù e uso della cosa comune in condominio. Attenti a non fare confusione.
Avv. Alessandro Gallucci 

Tizio e Caio sono proprietari di due unità immobiliari ubicate nel medesimo edificio un tempo in proprietà esclusiva di altra persona. Parte dell’impianto idrico, che poi si accerterà ricadere in condominio, è ubicata in un vano al piano interrato dello stabile. Tale vano è di proprietà di Caio.

Tizio, che potrebbe aver bisogno di utilizzare l’impianto idrico, ritiene che sia necessaria l’istituzione di una servitù di passaggio gravante sull’unità immobiliare di Caio per avere effettivo e libero accesso a quel bene comune. Tale presa di posizione, tuttavia, non è condivisa da quest’ultimo. Ne segue un contenzioso giudiziario.

I nomi appena utilizzati sono, evidentemente, di fantasia ma il fatto è realmente accaduto e ha portato la Cassazione, lo scorso 27 agosto, ad emettere la sentenza n. 14657.

Servitù e uso della cosa comune: attenti a non fare confusione. Potremmo sintetizzare così quanto detto dalla Cassazione. Cerchiamo di spiegarci meglio.

La servitù prediale, secondo quanto specificato dall’art. 1027 del codice civile, consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”.

Il fondo appartenente a diverso proprietario può essere rappresentato anche dalle parti comuni di un edificio in condominio rispetto all’unità immobiliare di proprietà esclusiva.

Il concetto di utilità, di cui si parla nella norma testé citata, “intesa come elemento costitutivo di una servitù prediale, non può avere riferimento ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi all'attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma va correttamente ricondotto al solo fondamento obiettivo e "reale" dell'utilità stessa, sia dal lato attivo che da quello passivo, dovendo essa costituire un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la migliore utilizzazione di questo. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio di diritto di cui in massima, ha confermato la sentenza del giudice di merito con la quale era stata esclusa la natura di servitù in relazione ad un passaggio sul fondo che si pretendeva servente esercitato da parte del proprietario del fondo finitimo al fine esclusivo di attingere acqua presso una fonte sita in altra località, di proprietà di terzi, e priva di qualsivoglia capacità irrigua o di destinazione all'approvvigionamento idrico del fondo predetto)” (Cass. 22 ottobre 1997 n. 10370).

Con riferimento al diritto paritario all’uso della cosa comune (art. 1102 c.c.), s’è detto che " il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non e’ da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioe’ da tutti i condomini nell’unita’ di tempo e di spazio, perche’ se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilita’ per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine" (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).

Uno dei limiti è proprio quella della servitù: non si può usare un bene comune in modo così intenso da far prefigurare l’esercizio di una servitù (Cass. n. 22341/09).

Nel caso di specie, tuttavia, Tizio non chiedeva di usare in modo più intenso una parte comune, come sosteneva nelle sue difese Caio, quanto di usare in modo normale un bene comune attraverso l’esercizio di una servitù di passaggio su una parte di stabile di proprietà esclusiva.

Risultato: secondo la Cassazione è legittima l’instaurazione di una servitù di passaggio su una parte di edificio di proprietà esclusiva se ciò è utile a garantire il normale uso di un bene comune

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