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La morosità condominiale e le anticipazioni dell'amministratore

Cosa deve fare l'amministratore al fine di recuperare le anticipazioni.
Paolo Gatto 

La morosità condominiale ed il livellamento, verso il basso, dei compensi degli amministratori rappresentano le cause più comuni della diffusa abitudine, da parte dei professionisti, di anticipare somme nel condominio a copertura di carenze di cassa.

Queste mancanze, sovente, sono indotte da situazioni di morosità che l'amministratore non affronta tempestivamente riunendo, come dovrebbe, l'assemblea al fine di acquisire i fondi, ma sopperisce invece, temporaneamente, con fondi propri, onde risparmiare il tempo ed il lavoro necessario per le assemblee straordinarie che non verrebbero adeguatamente ricompensate; capita spesso, peraltro, che l'amministratore si ritrovi sostituito in un condominio ove vanti ancora crediti per anticipazioni.

Molte volte i condòmini sono poco propensi a riconoscere il diritto alla restituzione di somme, anche ingenti, ed il professionista deve agire in giudizio.

La giurisprudenza, inizialmente favorevole al creditore, di recente ha assunto un orientamento restrittivo. La sentenza Cass. n. 7498/06 disponeva infatti che, applicandosi alle anticipazioni dell'amministratore, l'art. 1720 c.c. sul contratto di mandato, il professionista fosse tenuto a dimostrare solo l'avvenuto pagamento delle spese in quanto spettasse ai condomini dimostrare il versamento puntuale delle loro quote; come dire, l'amministratore presenta copie delle fatture quietanzate (o il rendiconto approvato) ed i condomini le pezze giustificative dei loro pagamenti e, in caso di differenza, questa spetta in restituzione al professionista.

Di recente, peraltro, l'orientamento è stato smentito; la sentenza Cass. n. 10153/11 ha stabilito che la differenza negativa risultante dal rendiconto, che è sottoposto al principio di cassa, non costituisce automaticamente prova dell'anticipazione da parte dell'amministratore che potrebbe avere reperito i fondi altrove, ad esempio, da rimanenze di cassa.

Per quanto concerne, più propriamente, le spese sostenute, la Cassazione è oggi orientata nel senso che l'amministratore non possieda un potere generalizzato di spesa (salvo urgenze), per cui ogni spesa deve essere approvata dall'assemblea, in mancanza di approvazione l'amministratore non ha diritto al rimborso di quanto anticipato; il principio dell'art. 1720 c.c. va, infatti, coordinato con quello in materia di condominio, secondo il quale il credito, in mancanza di approvazione assembleare, non è né liquido né esigibile (Cass. n. 1224/12, Cass. n. 14197/11).

Da quanto suesposto, pertanto, l'amministratore, al fine di poter recuperare l'anticipazione dovrà, in primo luogo, oltre a dimostrarne il pagamento, dimostrare altresì l'urgenza della spesa (ad esempio, utenze il cui mancato assolvimento avrebbe comportato la sospensione del servizio), l'assenza di fondi del condominio e, infine, l'effettivo pagamento con propri mezzi. In altri termini, trattandosi di spese di gestione o, comunque, urgenti, dovrà:

  1. confrontare il rendiconto bancario condominiale con quello da lui redatto onde accertare pagamenti non risultanti su conto corrente;
  2. previa verifica dell'effettivo pagamento di tutte le partite del suo rendiconto, evidenziare la presenza di un saldo passivo del suo rendiconto e la corrispondente assenza di fondi sul conto corrente condominiale,
  3. dimostrare l'anticipazione attraverso la produzione dei titoli di pagamento; ovvero bonifici provenienti da suo conto personale, assegni, o testimonianze dirette di versamenti in contanti a pagamento delle singole partite.

Nel condominio, infatti, deve rinvenirsi un rendiconto “reale” costituito dal rendiconto bancario ed un rendiconto “virtuale” redatto dall'amministratore; solo la redazione, di quest'ultimo, secondo un principio di cassa “puro” potrà fondare una base contabile da confrontarsi con le risultanze bancarie, in mancanza, in caso di rendiconto per “competenza”, dovranno essere considerate solo le spese effettivamente sostenute nel periodo.

Con il riscontro positivo tra il conto corrente ed il rendiconto e con l'esibizione dei titoli di pagamento, il giudice potrà licenziare una consulenza tecnica d'ufficio di tipo “deducente” (che proceda al controllo delle allegazioni del procedente ed alla verifica dei conteggi) in mancanza, una perizia che dovesse procedere alla revisione della contabilità onde rinvenire eventuali anticipazioni, non sarebbe ammessa poiché “esplorativa”, in quanto in violazione del principio dispositivo del processo (Trib. Genova Sent. 683/14) ove spetta alla parte allegare e dimostrare puntualmente ogni richiesta.

Avv. Paolo Gatto

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