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aldoremo

Ripartizione spese riscaldamento involontario

Una recente sentenza della cassazione a dichiarato illegittimo la ripartizione del riscaldamento involontario in base a una quota deliberata dall'assemblea  divisa per i millesimi di riscaldamento... affermando che il tutto va diviso solo con la quota contabilizzata dai contatori locali.  Nel nostro condominio il calcolo della quota involontaria  è stato fatto da un termo tecnico che in base alle caratteristiche degli appartamenti ha calcolato le dispersione e le quota individuale involontaria.  La sentenza della Cassazione fa riferimento ad un calcolo dovuto ad un a quota percentuale deliberata dall'assemblea e non ad un calcolo specifico. La sentenza riguarderebbe anche il nostro caso.

Cordiali saluti

 

aldoremo dice:

Una recente sentenza della cassazione a dichiarato illegittimo la ripartizione del riscaldamento involontario in base a una quota deliberata dall'assemblea  divisa per i millesimi di riscaldamento... affermando che il tutto va diviso solo con la quota contabilizzata dai contatori locali.  Nel nostro condominio il calcolo della quota involontaria  è stato fatto da un termo tecnico che in base alle caratteristiche degli appartamenti ha calcolato le dispersione e le quota individuale involontaria.  La sentenza della Cassazione fa riferimento ad un calcolo dovuto ad un a quota percentuale deliberata dall'assemblea e non ad un calcolo specifico. La sentenza riguarderebbe anche il nostro caso.

Cordiali saluti

 

Grazie, ma normalmente i contabilizzatori conteggiano il consumato volontario e non l'involontario. 

Per cui c'è da chiedersi, come si conteggia l'involontario?

Modificato da Tullio01
aldoremo dice:

Una recente sentenza della cassazione a dichiarato illegittimo la ripartizione del riscaldamento involontario in base a una quota deliberata dall'assemblea  divisa per i millesimi di riscaldamento... affermando che il tutto va diviso solo con la quota contabilizzata dai contatori locali.  Nel nostro condominio il calcolo della quota involontaria  è stato fatto da un termo tecnico che in base alle caratteristiche degli appartamenti ha calcolato le dispersione e le quota individuale involontaria.  La sentenza della Cassazione fa riferimento ad un calcolo dovuto ad un a quota percentuale deliberata dall'assemblea e non ad un calcolo specifico. La sentenza riguarderebbe anche il nostro caso.

Cordiali saluti

 

La sentenza si riferisce ad un caso specifico e del, se mi ricordo bene, 2012.

 

Comunque se vuoi approfondire l'argomento, credo che questa scheda ti può aiutare:

https://www.ancca.org/la-ripartizione-non-deve-essere-effettuata-solo-in-base-ai-consumi-approfondimenti-con-riferimento-alla-corte-di-giustizia-della-ue/

 

Rafa1 dice:

La sentenza si riferisce ad un caso specifico e del, se mi ricordo bene, 2012.

 

Comunque se vuoi approfondire l'argomento, credo che questa scheda ti può aiutare:

https://www.ancca.org/la-ripartizione-non-deve-essere-effettuata-solo-in-base-ai-consumi-approfondimenti-con-riferimento-alla-corte-di-giustizia-della-ue/

 

Grazie, purtroppo il mio antivirus mi blocca la pagina considerandola una minaccia, non c'è un altra scheda per favore?

Tullio01 dice:

Grazie, purtroppo il mio antivirus mi blocca la pagina considerandola una minaccia, non c'è un altra scheda per favore?

--link_rimosso--

 

Questa è la versione html del file https://www.ancca.org/wp-content/uploads/2020/01/ANCCA-info-Approfondimento-ripartizione-non-solo-a-consumo_AvvGlaviano_ordCassazione.pdf. Google genera automaticamente le versioni html dei documenti mentre viene eseguita la scansione del Web.

 

Page 1

I commenti sull’Ordinanza della Cassazione n.

28282/2019, apparsi sulla stampa (ad esempio su Il

Sole 24 Ore del 5 novembre dal titolo “Con i conta-

bilizzatori ripartizione solo sui consumi”) ma anche

diffusi in rete e oggetto di dibattiti televisivi, sottoli-

neano come questa pronuncia escluda che si possa-

no ripartire le spese di riscaldamento suddividen-

dole con una quota per i prelievi volontari (cioè per

i consumi rilevati) e una quota per i costi fissi (ad es.

dispersioni, energia elettrica e manutenzione della

centrale termica, costo delle letture, pulizia camino,

etc.).

Ma è proprio così? In realtà la questione non è così

semplice.

Il caso oggetto della decisone della Cassazione ri-

guarda l’impugnazione di una delibera condominiale

(del 19 settembre 2012, e la data come vedremo è im-

portante) perché sarebbe stata contraria alla Delibera

della Giunta Regionale della Lombardia n.IX/2601.

Questa prevede una quota massima del 50% da sud-

dividere in base ai millesimi di proprietà (che avreb-

be dovuto riguardare unicamente le spese generali di

manutenzione dell’impianto e la quota di combusti-

bile non direttamente imputabile perché legata alla

dispersione termica) e una quota residua del 50% sul

consumo effettivamente registrato del gas metano.

Secondo il condomino che aveva proposto l’impu-

gnazione, stabilendo di ripartire le spese di riscal-

damento per il 50% in base al consumo conteggiato

e per il 50% in base alla tabella millesimale, sarebbe

stata nulla perché la quota da ripartire per millesimi

avrebbe dovuto riguardare unicamente le spese gene-

rali di manutenzione dell’impianto e la quota di com-

bustibile legata alla dispersione termica.

La Cassazione ritiene innanzitutto che vada applicata

la legge vigente al momento in cui è stata emessa la

delibera (19 settembre 2012), come afferma testual-

mente. Quindi non ha applicato il D.Lgs. 102/2014

- come modificato dal D.Lgsl 141/2016 e dal D.L.

244/2016 - attuativo della Direttiva 2012/27/UE

sull’efficienza energetica, che pure menziona, perché

successivo ai fatti di causa.

La Corte sottolinea inoltre che nessun riferimento

alla quota fissa è contenuto nell’art.25, comma 5, del-

la legge 10/1991 applicabile a quel tempo, che stabi-

lisce le maggioranze assembleari in caso di adozione

del sistema di contabilizzazione e termoregolazione,

e in tal caso “impone la suddivisione in base al con-

sumo effettivamente registrato”.

Secondo la Suprema Corte la Delibera della Giunta

Regionale è comunque priva di forza di legge perché

è solo un atto amministrativo, non ha valore giuridi-

co alcuno, come anche la norma tecnica UNI 10200

nella formulazione del tempo da questa richiamata.

Secondo la Cassazione la delibera condominiale del

19.9.2012 non è nulla perché contraria alla Delibera

della Giunta Regionale della Lombardia n.IX/2601

ma perché la giurisprudenza precedente della Cas-

sazione afferma che si può operare la suddivisione

in base al valore millesimale solo ove manchino si-

stemi di contabilizzazione.

E la Cassazione rileva che anche la legge 10/1991 im-

pone come criterio legale di ripartizione quello del

consumo effettivamente registrato (e in base ai valo-

ri millesimali solo se manca la contabilizzazione) e

questo costituisce applicazione del criterio generale

previsto dall’art. 1123, comma 2, cod. civ. (“se si trat-

ta di cose destinate a servire i condomini in misura

diversa le spese sono ripartite in base all’uso che cia-

scuno può farne”). Conclude enunciando il principio

di diritto secondo cui è illegittima la suddivisione

operata, anche in parte, sui valori millesimali delle

singole unità abitative. Ma ci si chiede se questo sia

in linea con la legge nazionale e comunitaria.

Riguardo alle norme comunitarie, ricordiamo che la

Direttiva sull’efficienza energetica 2012/27 modifi-

cata dalla Direttiva 2018/2002 prevede all’articolo 10

bis l’obbligo di fatturazione basata sul consumo ef-

fettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore.

Ma la Commissione Europea con Raccomandazio-

ne 2019/1660 del 25 settembre 2019 ha sottolineato

che tale obbligo non implica la necessità di basar-

si esclusivamente sulla lettura dei dispositivi. Nel

caso dei condomini e degli edifici multifunzionali vi

Nella contabilizzazione è prevista anche la quota fissa: le spese non vanno ripartite

solo in base ai consumi - ulteriori approfondimenti

Gennaio 2020

ANCCA - pag. 1/3

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sono obiettivamente valide ragioni per non ripartire

i costi soltanto in base o in proporzione alle letture,

almeno per quanto riguarda il riscaldamento e il raf-

frescamento degli ambienti.

Alla fine del 2017 alla Corte di Giustizia sono per-

venute due domande di pronuncia pre-giudiziale su

questioni potenzialmente rilevanti da questo pun-

to di vista. Nelle conclusioni sulle due cause riunite

EVN Bulgaria Toplofikatsia C-708/17 e C-725/17,

presentate il 30 aprile 2019, l’Avvocato Generale ha

espresso un’opinione analoga al riguardo. In primo

luogo ha riferito di ritenere che né l’art. 13 paragrafo

2 della direttiva 2006/32 né l’art.10 paragrafo 1 della

Direttiva 2012/27 impongano che qualora sia obbli-

gatorio di una fatturazione basata sul consumo effet-

tivo si debba pagare unicamente quanto consumato.

Nelle sue articolate deduzioni ha affermato inoltre

che:

• È logico che ciascun condomino sia tenuto a con-

tribuire alle spese relative alle dispersioni dell’im-

pianto termico e al consumo delle parti comuni

dello stabile, indipendente che utilizzi o meno il ri-

scaldamento centralizzato, che non ne sia collegato,

che abbia rimosso i radiatori o non abbia richiesto di

essere allacciato al teleriscaldamento o all’impianto

centralizzato. (Rif.: paragrafi 64 e 66)

• La direttiva non prevede che la fatturazione sia

basata ESCLUSIVAMENTE sul consumo effettivo,

ma deve essere FONDATA sullo stesso affinché in-

duca ognuno ad adottare comportamenti efficienti

sotto il profilo energetico; inoltre ripartire l’integrali-

tà dell’energia termica sulla base dei dati di consumo

sarebbe INIQUO ed eccederebbe quanto richiesto

dall’obiettivo del risparmio di energia perseguito.

(Rif.: paragrafi 80, 81, 82, 83, 84, 93).

• Gli immobili non sono termicamente indipen-

denti e il consumo di ciascuno è influenzato dal com-

portamento termico altrui e dalla loro collocazione

nell’immobile. Pertanto una ripartizione basata sola-

mente sul consumo indurrebbe taluni occupanti (es.

quelli degli appartamenti situati al centro dell’im-

mobile) a chiudere i propri radiatori e a dipendere

dal calore proveniente dai loro vicini che avrebbero

invece costi supplementari. Inoltre in alcuni casi ci

sono apporti di calore gratuiti dovuti “all’impianto

interno”.

• La quota fissa, nella ripartizione delle spese, riflette

proprio quanto detto sopra, cioè che una parte del

riscaldamento utilizzato nell’immobile non dipen-

de dal comportamento individuale di ciascuno dei

suoi occupanti (Rif.: paragrafi 85, 86, 88).

• Ripartire solo in base ai consumi, inoltre, rende-

rebbe più difficile l’adozione di misure che miglio-

rino l’efficienza energetica globale dell’edificio e che

portino a risparmi di energia significativi nel lungo

termine (Rif.: paragrafo 87).

• Gli Stati membri possono prevedere regole sulla

ripartizione dei costi connessi al consumo o lasciare

la decisione sulla scelta del livello (%) della quota

fissa e della quota variabile alla libertà contrattua-

le dei condomini o di suggerire un quadro generale

che lasci comunque un margine di manovra a questi

ultimi. L’importante è che le regole adottate siano

TRASPARENTI (Rif.: paragrafi 90, 91).

• La maggior parte degli Stati membri ha optato

per un metodo che prevede di ripartire una per-

centuale del consumo totale (es. 30%) in base ai m³

o m² di ciascun appartamento, mentre la restante

percentuale viene suddivisa in base ai consumi ef-

fettivi. (Rif.: paragrafo 91).

Con la sentenza EVN Bulgaria Toplofikatsia (C-

708/17 e C-725/17) del 5 dicembre 2019, la Corte di

Giustizia dell’Unione Europea si è espressa in meri-

to alla compatibilità con il diritto dell’Unione di una

normativa nazionale in materia di fornitura d’ener-

gia termica, dichiarando che le direttive 2011/83,

sui diritti dei consumatori e 2005/29, relativa alle

pratiche commerciali sleali, non ostano ad una nor-

mativa nazionale che imponga ai proprietari di un

appartamento in un immobile in regime di condo-

minio allacciato ad una rete di teleriscaldamento di

contribuire alle spese relative ai consumi di energia

termica delle parti comuni e dell’impianto interno

dell’immobile stesso, sebbene non abbiano fatto indi-

vidualmente richiesta di fornitura di riscaldamento e

non l’utilizzino nel proprio appartamento.

Con riguardo alla normativa medesima, la Corte

ha parimenti affermato che le direttive 2006/323 e

2012/274, relative all’efficienza energetica, non osta-

no a che la fatturazione di tali consumi avvenga, per

ogni singolo proprietario di un appartamento sito in

ANCCA - pag. 2/3

Page 3

un immobile detenuto in condominio, proporzio-

nalmente al volume riscaldato del rispettivo appar-

tamento.

Le controversie principali si collocano nel contesto

di due azioni giudiziarie dirette ad ottenere il paga-

mento di fatture indirizzate ai proprietari di beni siti

in immobili detenuti in condominio e relative ai con-

sumi di energia termica dell’impianto interno non-

ché delle parti comuni dell’immobile stesso, a fron-

te del rifiuto di pagamento da parte dei proprietari

medesimi. A parere di questi ultimi, infatti, sebbene

i loro immobili siano alimentati da una rete di tele-

riscaldamento per effetto di un contratto di fornitura

concluso tra il condominio ed il fornitore di energia

termica, essi non avrebbero tuttavia consentito indi-

vidualmente a beneficiare del teleriscaldamento ur-

bano, né l’utilizzerebbero nei rispettivi appartamenti.

Orbene, secondo la Corte, appare difficilmente con-

cepibile poter interamente individualizzare la fat-

turazione relativa al riscaldamento negli immobili

in regime di condominio, in particolare per quanto

attiene all’impianto interno ed alle parti comuni,

considerato che i singoli appartamenti di tali im-

mobili non sono indipendenti l’uno dall’altro sul

piano termico, atteso che il calore circola tra le unità

riscaldate e quelle che lo sono in misura minore o

non lo sono affatto.

Ciò detto, la Corte ha affermato, in conclusione, che,

alla luce dell’ampia discrezionalità di cui gli Stati

membri dispongono con riguardo al metodo di cal-

colo dei consumi di energia termica negli immobi-

li in regime di condominio, le direttive 2006/32 e

2012/27 non ostano a che il calcolo del calore emes-

so dall’impianto interno di tali immobili avvenga

proporzionalmente al volume riscaldato di ogni

singolo appartamento.

Tornando all’Ordinanza della Cassazione n.

28282/2019, si è detto che enuncia un principio di

diritto in una fattispecie in cui ritiene di non appli-

care l’art.9, comma 5, lettera D del D.Lgs. 102/2014

come modificato dal D.Lgsl 141/2016 e dal D.L.

244/2016 perché i fatti posti a base della controversia

sono precedenti all’entrata in vigore di tale norma.

Ma questo non significa che nella maggior parte dei

casi non sia legittimo prevedere una quota fissa.

Come è noto infatti l’art.9, comma 5, lettera D sta-

bilisce che si applichi la norma tecnica UNI 10200.

Questa prevede che venga attribuita a ciascun utente

la quota di consumo volontario, rilevata dagli appo-

siti dispositivi di contabilizzazione del calore, e una

quota di consumo involontario, ottenuta ripartendo

il consumo involontario totale tra le utenze in base ai

rispettivi millesimi di fabbisogno relativi a ciascuna

unità immobiliare. Una quota fissa, insomma.

Ma sempre l’art.9, comma 5, lettera D prevede an-

che che si possa non applicare la norma tecnica UNI

10200 se con una perizia tecnica asseverata siano

comprovate differenze di fabbisogno termico del 50%

tra le unità immobiliari. Ad esempio tra un negozio -

con notevole dispersione termica per la presenza del-

le vetrine e per la frequente apertura della porta - e

un appartamento posto ad un piano intermedio dello

stabile, ben coibentato e scarsamente arieggiato. In

tal caso si può suddividere l’importo complessivo tra

gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il

70% agli effettivi prelievi volontari. E per il resto sta-

bilire una quota fissa.

Ma questa norma stabilisce anche che, se si conta-

bilizzava al momento della sua entrata in vigore (26

luglio 2016), le disposizioni di cui alla lettera D sono

facoltative. Ne consegue che in questo caso la conta-

bilizzazione è legittima se precedente alla sua entrata

in vigore, anche se prevedeva una quota fissa.

Certo è, in conclusione, che in base alla normativa

nazionale e comunitaria le spese di riscaldamento

si debbano ripartire suddividendole con una quota

per i prelievi volontari, cioè per i consumi rilevati, e

una quota per i costi fissi.

Studio Legale Avv. Francesco Glaviano - Patrocinante in Cassazione

Via San Senatore 6/2 - 20122 Milano

Tel. 02 39661148 e-mail: studio@avvocatoglaviano.it

ANCCA - pag. 3/3

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I commenti sull’Ordinanza della Cassazione n.

28282/2019, apparsi sulla stampa (ad esempio su Il

Sole 24 Ore del 5 novembre dal titolo “Con i conta-

bilizzatori ripartizione solo sui consumi”) ma anche

diffusi in rete e oggetto di dibattiti televisivi, sottoli-

neano come questa pronuncia escluda che si possa-

no ripartire le spese di riscaldamento suddividen-

dole con una quota per i prelievi volontari (cioè per

i consumi rilevati) e una quota per i costi fissi (ad es.

dispersioni, energia elettrica e manutenzione della

centrale termica, costo delle letture, pulizia camino,

etc.).

Ma è proprio così? In realtà la questione non è così

semplice.

Il caso oggetto della decisone della Cassazione ri-

guarda l’impugnazione di una delibera condominiale

(del 19 settembre 2012, e la data come vedremo è im-

portante) perché sarebbe stata contraria alla Delibera

della Giunta Regionale della Lombardia n.IX/2601.

Questa prevede una quota massima del 50% da sud-

dividere in base ai millesimi di proprietà (che avreb-

be dovuto riguardare unicamente le spese generali di

manutenzione dell’impianto e la quota di combusti-

bile non direttamente imputabile perché legata alla

dispersione termica) e una quota residua del 50% sul

consumo effettivamente registrato del gas metano.

Secondo il condomino che aveva proposto l’impu-

gnazione, stabilendo di ripartire le spese di riscal-

damento per il 50% in base al consumo conteggiato

e per il 50% in base alla tabella millesimale, sarebbe

stata nulla perché la quota da ripartire per millesimi

avrebbe dovuto riguardare unicamente le spese gene-

rali di manutenzione dell’impianto e la quota di com-

bustibile legata alla dispersione termica.

La Cassazione ritiene innanzitutto che vada applicata

la legge vigente al momento in cui è stata emessa la

delibera (19 settembre 2012), come afferma testual-

mente. Quindi non ha applicato il D.Lgs. 102/2014

- come modificato dal D.Lgsl 141/2016 e dal D.L.

244/2016 - attuativo della Direttiva 2012/27/UE

sull’efficienza energetica, che pure menziona, perché

successivo ai fatti di causa.

La Corte sottolinea inoltre che nessun riferimento

alla quota fissa è contenuto nell’art.25, comma 5, del-

la legge 10/1991 applicabile a quel tempo, che stabi-

lisce le maggioranze assembleari in caso di adozione

del sistema di contabilizzazione e termoregolazione,

e in tal caso “impone la suddivisione in base al con-

sumo effettivamente registrato”.

Secondo la Suprema Corte la Delibera della Giunta

Regionale è comunque priva di forza di legge perché

è solo un atto amministrativo, non ha valore giuridi-

co alcuno, come anche la norma tecnica UNI 10200

nella formulazione del tempo da questa richiamata.

Secondo la Cassazione la delibera condominiale del

19.9.2012 non è nulla perché contraria alla Delibera

della Giunta Regionale della Lombardia n.IX/2601

ma perché la giurisprudenza precedente della Cas-

sazione afferma che si può operare la suddivisione

in base al valore millesimale solo ove manchino si-

stemi di contabilizzazione.

E la Cassazione rileva che anche la legge 10/1991 im-

pone come criterio legale di ripartizione quello del

consumo effettivamente registrato (e in base ai valo-

ri millesimali solo se manca la contabilizzazione) e

questo costituisce applicazione del criterio generale

previsto dall’art. 1123, comma 2, cod. civ. (“se si trat-

ta di cose destinate a servire i condomini in misura

diversa le spese sono ripartite in base all’uso che cia-

scuno può farne”). Conclude enunciando il principio

di diritto secondo cui è illegittima la suddivisione

operata, anche in parte, sui valori millesimali delle

singole unità abitative. Ma ci si chiede se questo sia

in linea con la legge nazionale e comunitaria.

Riguardo alle norme comunitarie, ricordiamo che la

Direttiva sull’efficienza energetica 2012/27 modifi-

cata dalla Direttiva 2018/2002 prevede all’articolo 10

bis l’obbligo di fatturazione basata sul consumo ef-

fettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore.

Ma la Commissione Europea con Raccomandazio-

ne 2019/1660 del 25 settembre 2019 ha sottolineato

che tale obbligo non implica la necessità di basar-

si esclusivamente sulla lettura dei dispositivi. Nel

caso dei condomini e degli edifici multifunzionali vi

Nella contabilizzazione è prevista anche la quota fissa: le spese non vanno ripartite

solo in base ai consumi - ulteriori approfondimenti

Gennaio 2020

ANCCA - pag. 1/3

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sono obiettivamente valide ragioni per non ripartire

i costi soltanto in base o in proporzione alle letture,

almeno per quanto riguarda il riscaldamento e il raf-

frescamento degli ambienti.

Alla fine del 2017 alla Corte di Giustizia sono per-

venute due domande di pronuncia pre-giudiziale su

questioni potenzialmente rilevanti da questo pun-

to di vista. Nelle conclusioni sulle due cause riunite

EVN Bulgaria Toplofikatsia C-708/17 e C-725/17,

presentate il 30 aprile 2019, l’Avvocato Generale ha

espresso un’opinione analoga al riguardo. In primo

luogo ha riferito di ritenere che né l’art. 13 paragrafo

2 della direttiva 2006/32 né l’art.10 paragrafo 1 della

Direttiva 2012/27 impongano che qualora sia obbli-

gatorio di una fatturazione basata sul consumo effet-

tivo si debba pagare unicamente quanto consumato.

Nelle sue articolate deduzioni ha affermato inoltre

che:

• È logico che ciascun condomino sia tenuto a con-

tribuire alle spese relative alle dispersioni dell’im-

pianto termico e al consumo delle parti comuni

dello stabile, indipendente che utilizzi o meno il ri-

scaldamento centralizzato, che non ne sia collegato,

che abbia rimosso i radiatori o non abbia richiesto di

essere allacciato al teleriscaldamento o all’impianto

centralizzato. (Rif.: paragrafi 64 e 66)

• La direttiva non prevede che la fatturazione sia

basata ESCLUSIVAMENTE sul consumo effettivo,

ma deve essere FONDATA sullo stesso affinché in-

duca ognuno ad adottare comportamenti efficienti

sotto il profilo energetico; inoltre ripartire l’integrali-

tà dell’energia termica sulla base dei dati di consumo

sarebbe INIQUO ed eccederebbe quanto richiesto

dall’obiettivo del risparmio di energia perseguito.

(Rif.: paragrafi 80, 81, 82, 83, 84, 93).

• Gli immobili non sono termicamente indipen-

denti e il consumo di ciascuno è influenzato dal com-

portamento termico altrui e dalla loro collocazione

nell’immobile. Pertanto una ripartizione basata sola-

mente sul consumo indurrebbe taluni occupanti (es.

quelli degli appartamenti situati al centro dell’im-

mobile) a chiudere i propri radiatori e a dipendere

dal calore proveniente dai loro vicini che avrebbero

invece costi supplementari. Inoltre in alcuni casi ci

sono apporti di calore gratuiti dovuti “all’impianto

interno”.

• La quota fissa, nella ripartizione delle spese, riflette

proprio quanto detto sopra, cioè che una parte del

riscaldamento utilizzato nell’immobile non dipen-

de dal comportamento individuale di ciascuno dei

suoi occupanti (Rif.: paragrafi 85, 86, 88).

• Ripartire solo in base ai consumi, inoltre, rende-

rebbe più difficile l’adozione di misure che miglio-

rino l’efficienza energetica globale dell’edificio e che

portino a risparmi di energia significativi nel lungo

termine (Rif.: paragrafo 87).

• Gli Stati membri possono prevedere regole sulla

ripartizione dei costi connessi al consumo o lasciare

la decisione sulla scelta del livello (%) della quota

fissa e della quota variabile alla libertà contrattua-

le dei condomini o di suggerire un quadro generale

che lasci comunque un margine di manovra a questi

ultimi. L’importante è che le regole adottate siano

TRASPARENTI (Rif.: paragrafi 90, 91).

• La maggior parte degli Stati membri ha optato

per un metodo che prevede di ripartire una per-

centuale del consumo totale (es. 30%) in base ai m³

o m² di ciascun appartamento, mentre la restante

percentuale viene suddivisa in base ai consumi ef-

fettivi. (Rif.: paragrafo 91).

Con la sentenza EVN Bulgaria Toplofikatsia (C-

708/17 e C-725/17) del 5 dicembre 2019, la Corte di

Giustizia dell’Unione Europea si è espressa in meri-

to alla compatibilità con il diritto dell’Unione di una

normativa nazionale in materia di fornitura d’ener-

gia termica, dichiarando che le direttive 2011/83,

sui diritti dei consumatori e 2005/29, relativa alle

pratiche commerciali sleali, non ostano ad una nor-

mativa nazionale che imponga ai proprietari di un

appartamento in un immobile in regime di condo-

minio allacciato ad una rete di teleriscaldamento di

contribuire alle spese relative ai consumi di energia

termica delle parti comuni e dell’impianto interno

dell’immobile stesso, sebbene non abbiano fatto indi-

vidualmente richiesta di fornitura di riscaldamento e

non l’utilizzino nel proprio appartamento.

Con riguardo alla normativa medesima, la Corte

ha parimenti affermato che le direttive 2006/323 e

2012/274, relative all’efficienza energetica, non osta-

no a che la fatturazione di tali consumi avvenga, per

ogni singolo proprietario di un appartamento sito in

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un immobile detenuto in condominio, proporzio-

nalmente al volume riscaldato del rispettivo appar-

tamento.

Le controversie principali si collocano nel contesto

di due azioni giudiziarie dirette ad ottenere il paga-

mento di fatture indirizzate ai proprietari di beni siti

in immobili detenuti in condominio e relative ai con-

sumi di energia termica dell’impianto interno non-

ché delle parti comuni dell’immobile stesso, a fron-

te del rifiuto di pagamento da parte dei proprietari

medesimi. A parere di questi ultimi, infatti, sebbene

i loro immobili siano alimentati da una rete di tele-

riscaldamento per effetto di un contratto di fornitura

concluso tra il condominio ed il fornitore di energia

termica, essi non avrebbero tuttavia consentito indi-

vidualmente a beneficiare del teleriscaldamento ur-

bano, né l’utilizzerebbero nei rispettivi appartamenti.

Orbene, secondo la Corte, appare difficilmente con-

cepibile poter interamente individualizzare la fat-

turazione relativa al riscaldamento negli immobili

in regime di condominio, in particolare per quanto

attiene all’impianto interno ed alle parti comuni,

considerato che i singoli appartamenti di tali im-

mobili non sono indipendenti l’uno dall’altro sul

piano termico, atteso che il calore circola tra le unità

riscaldate e quelle che lo sono in misura minore o

non lo sono affatto.

Ciò detto, la Corte ha affermato, in conclusione, che,

alla luce dell’ampia discrezionalità di cui gli Stati

membri dispongono con riguardo al metodo di cal-

colo dei consumi di energia termica negli immobi-

li in regime di condominio, le direttive 2006/32 e

2012/27 non ostano a che il calcolo del calore emes-

so dall’impianto interno di tali immobili avvenga

proporzionalmente al volume riscaldato di ogni

singolo appartamento.

Tornando all’Ordinanza della Cassazione n.

28282/2019, si è detto che enuncia un principio di

diritto in una fattispecie in cui ritiene di non appli-

care l’art.9, comma 5, lettera D del D.Lgs. 102/2014

come modificato dal D.Lgsl 141/2016 e dal D.L.

244/2016 perché i fatti posti a base della controversia

sono precedenti all’entrata in vigore di tale norma.

Ma questo non significa che nella maggior parte dei

casi non sia legittimo prevedere una quota fissa.

Come è noto infatti l’art.9, comma 5, lettera D sta-

bilisce che si applichi la norma tecnica UNI 10200.

Questa prevede che venga attribuita a ciascun utente

la quota di consumo volontario, rilevata dagli appo-

siti dispositivi di contabilizzazione del calore, e una

quota di consumo involontario, ottenuta ripartendo

il consumo involontario totale tra le utenze in base ai

rispettivi millesimi di fabbisogno relativi a ciascuna

unità immobiliare. Una quota fissa, insomma.

Ma sempre l’art.9, comma 5, lettera D prevede an-

che che si possa non applicare la norma tecnica UNI

10200 se con una perizia tecnica asseverata siano

comprovate differenze di fabbisogno termico del 50%

tra le unità immobiliari. Ad esempio tra un negozio -

con notevole dispersione termica per la presenza del-

le vetrine e per la frequente apertura della porta - e

un appartamento posto ad un piano intermedio dello

stabile, ben coibentato e scarsamente arieggiato. In

tal caso si può suddividere l’importo complessivo tra

gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il

70% agli effettivi prelievi volontari. E per il resto sta-

bilire una quota fissa.

Ma questa norma stabilisce anche che, se si conta-

bilizzava al momento della sua entrata in vigore (26

luglio 2016), le disposizioni di cui alla lettera D sono

facoltative. Ne consegue che in questo caso la conta-

bilizzazione è legittima se precedente alla sua entrata

in vigore, anche se prevedeva una quota fissa.

Certo è, in conclusione, che in base alla normativa

nazionale e comunitaria le spese di riscaldamento

si debbano ripartire suddividendole con una quota

per i prelievi volontari, cioè per i consumi rilevati, e

una quota per i costi fissi.

Studio Legale Avv. Francesco Glaviano - Patrocinante in Cassazione

Via San Senatore 6/2 - 20122 Milano

Tel. 02 39661148 e-mail: studio@avvocatoglaviano.it

ANCCA - pag. 3/3

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Condo77.....big!

  • Grazie 1
Tullio01 dice:

Grazie ora posso leggerla, infatti il mio antivirus me la bloccava con il link --> #3 e ovviamente non la potevo aprire 👍

Forse è meglio togliere il testo e lasciare solo il link, che dite? più leggibile?

condo77 dice:

Forse è meglio togliere il testo e lasciare solo il link, che dite? più leggibile?

E' quello che avevo fatto, ma il mio antivirus l'ha bloccato, che ce posso fa?

Tullio01 dice:

E' quello che avevo fatto, ma il mio antivirus l'ha bloccato, che ce posso fa?

Antivirus buono.....da usare anche per Covid.19.....

aldoremo dice:

Una recente sentenza della cassazione a dichiarato illegittimo la ripartizione del riscaldamento involontario in base a una quota deliberata dall'assemblea  divisa per i millesimi di riscaldamento... affermando che il tutto va diviso solo con la quota contabilizzata dai contatori locali.  Nel nostro condominio il calcolo della quota involontaria  è stato fatto da un termo tecnico che in base alle caratteristiche degli appartamenti ha calcolato le dispersione e le quota individuale involontaria.  La sentenza della Cassazione fa riferimento ad un calcolo dovuto ad un a quota percentuale deliberata dall'assemblea e non ad un calcolo specifico. La sentenza riguarderebbe anche il nostro caso.

Cordiali saluti

 

La quota di consumo involontario è stabilita dal termotecnico in base a dei parametri ministeriali (norma uni 10200 e successive...) e quindi quella va corrisposta in ogni circostanza, anche a consumo 0.

Antonellaroma dice:

La quota di consumo involontario è stabilita dal termotecnico in base a dei parametri ministeriali (norma uni 10200 e successive...) e quindi quella va corrisposta in ogni circostanza, anche a consumo 0.

Ciao Antonella,

 

soprattutto ora, dopo l'entrata in vigore del Dlgs 73/20, è l'assemblea che deve  decidere sulla quota fissa da addottare. Con un massimo del 50%.

 

Ma anche prima l'assemblea era libera di derogare (facilmente ottenibile) dalla norma UNI 10200 e quindi poteva scegliere la quota fissa entro il limite del 30%.

 

Solo se l'assemblea delibera (-va) di volere adottare la metodologia indicata nella UNI 10200 un tecnico abilitato (anche un archittetto) doveva calcolare quante kWh (non percentuali!) devono essere imputate come "involontari".

 

Colgo l'occasione per ricordare che, se un conteggio dichiarato "seondo la norma 10200" viene fatto indicando una quota involontaria in percentuale costante negli anni, il condominio sicuramente non sta applicando la norma UNI 10200 e il conteggio è facilmente contestabile!

 

 

 

Rafa1 dice:

soprattutto ora, dopo l'entrata in vigore del Dlgs 73/20, è l'assemblea che deve  decidere sulla quota fissa da addottare. Con un massimo del 50%.

Vorrei far notare che la quota fissa (consumo involontario) non segue le decisioni dell'assemblea, ma è legata al tipo d'impianto.

Quindi se l'assemblea decide che la quota fissa (involontario) è del 35% e lei è del 45%, rimarrà sempre del 45%...punto.

Ovviamente stimare in modo errato la quota fissa (involontario) falsa la correttezza della ripartizione costi del riscaldamento.

L'errore che fanno in molti, moltissimi, è proprio questo.......definire a priori una quota di consumo involontario senza averne la esatta conoscenza porta ad errori nella ripartizione.

Il calcolo della quota d'involontario è comodamente eseguibile con la UNI10200, norma nazionale che non ha perso alcuna valenza d'attuazione.

Il DPR 73/2020 definisce il limite massimo alla quota d'involontario calcolata con la UNI10200 pari al 50% e le possibili volontarie modalità di addebito diverse dalla normativa UNI10200.....e basta.

Tutto il resto della UNI10200 resta.

Se poi una assemblea condominiale decide di definire la propria quota di consumo involontario a "sensazione", senza avere alcuna esperienza o eseguito calcoli......libera di farlo, ma non pretenda la correttezza della ripartizione dei costi.

Rammento inoltre che norma UNI10200 ha un preciso sistema di calcolo di verifica per definire la correttezza della quota involontaria applicata al fine di garantire la correttezza della ripartizione dei costi.

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Modificato da Nanojoule
Nanojoule dice:

Vorrei far notare che la quota fissa (consumo involontario) non segue le decisioni dell'assemblea, ma è legata al tipo d'impianto.

Quindi se l'assemblea decide che la quota fissa (involontario) è del 35% e lei è del 45%, rimarrà sempre del 45%...punto.

Ovviamente stimare in modo errato la quota fissa (involontario) falsa la correttezza della ripartizione costi del riscaldamento.

L'errore che fanno in molti, moltissimi, è proprio questo.......definire a priori una quota di consumo involontario senza averne la esatta conoscenza porta ad errori nella ripartizione.

Il calcolo della quota d'involontario è comodamente eseguibile con la UNI10200, norma nazionale che non ha perso alcuna valenza d'attuazione.

Il DPR 73/2020 definisce il limite massimo alla quota d'involontario calcolata con la UNI10200 pari al 50%.....e basta.

Se poi una assemblea condominiale decide di definire la propria quota di consumo involontario a "sensazione", senza avere alcuna esperienza o eseguito calcoli......libera di farlo, ma non pretenda la correttezza della ripartizione dei costi.

Rammento inoltre che norma UNI10200 ha un preciso sistema di calcolo di verifica per definire la correttezza della quota involontaria applicata al fine di garantire la correttezza della ripartizione dei costi.

image.png.bad3ce33f64755051ef0e56db1630942.png

 

 

 

Comunque mi è stato fatto notare tempo fa da un utente di questo forum (amministratore) che non è vero che la quota di involontario è fissa, e mi ha fatto un esempio semplice semplice, mi ha detto: 
- metti caso che tutti i condomini tengano le termovalvole a zero, per cui il volontario sarà zero per tutti, ma l'involontario sarà calcolato sul consumo reale della caldaia ovvero sarà il 100% da dividersi per mlm riscaldamento delle singole u.i. 

Nanojoule dice:

Vorrei far notare che la quota fissa (consumo involontario) non segue le decisioni dell'assemblea, ma è legata al tipo d'impianto.

Rispondo solo per non creare la solita confusione tra utenti non esperti della materia.

 

Ripeto cosa avevo detto: eccome la quota fissa segue le decisioni dell'assemblea!

 

Solo se, ripeto SE, l'assemblea decide di volere adottare le metodologie indicate nella UNI 10200, il tecnico abilitato indicherà le kWh da attribuire all'involontario.

 

Io capisco che per alcuni è drammatico che abbiano (finalmente) tolto ogni riferimento alla UNI 10200 nella legge, ma la realtà è questa. Non si può interpretare nella legge quello che non cè scritto.

 

(Forse farei qualche pensierino sul perchè il riferimento alla UNI 10200 è stato tolto!)

 

Modificato da Rafa1
Tullio01 dice:

Comunque mi è stato fatto notare tempo fa da un utente di questo forum (amministratore) che non è vero che la quota di involontario è fissa, e mi ha fatto un esempio semplice semplice, mi ha detto: 

La quota d'involontario non è percentuale fissa, ma quantità di energia fissa,

Se vi sono per esempio quote predefinite d'involontario del 30% e volontario del 70% sono valori riferiti al consumo nominale.

Applicare queste quote percentuali al consumo effettivo e UN ERRORE MADORNALE!!

L'involontario reale è quindi, per esempio, il 30% di un consumo nominale di 1000, quindi 300.

Il consumo nominale è il massimo consumo teorico dell'impianto in condizioni nominali (stagione standard).

Il consumo involontario è una percentuale di tale consumo nominale, il cui valore effettivo non cambia ....è un valore costante di energia che dipende dalle dispersioni che sono fisse.

Il condominio nel corso della stagione termica per vari motivi, quali ad esempio le migliori condizioni climatiche o il minor uso dell'impianto con le termostatiche, anziché 1000 ha consumato 900.

Alla fine della stagione la ripartizione dei costi sarà 300 di involontario (30% del consumo nominale dell'impianto pari a 1000) e 600 di volontario da dividere con i numeri dei ripartitori in funzione del consumo di ciascun utente.

Chi invece fa involontario pari al 30% del consumo effettivo (30% di 900=270) e 70% del consumo effettivo come volontario (70% di 900 = 630) FA UN ERRORE GRANDISSIMO che penalizza gli utenti e non è il linea con le normative.

Quindi in sintesi il consumo involontario è una percentuale fissa del consumo nominale, ma è variabile del consumo effettivo.

Per una corretta ripartizione de costi è necessario fissare precisi valori di consumo involontario.

In diverso caso si sbaglia.

 

 

Rafa1 dice:

Ripeto cosa avevo detto: eccome la quota fissa segue le decisioni dell'assemblea!

Il valore della quota involontaria dipende dalle dispersioni dell'impianto, non dalla decisione dell'assemblea.

Ho il timore che lei non sappia di cosa sta parlando.....mi spiace che continui a creare confusione con informazioni errate.

 

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Modificato da Nanojoule
Nanojoule dice:

Quindi in sintesi il consumo involontario è una percentuale fissa del consumo nominale, ma è variabile del consumo effettivo.

Per una corretta ripartizione de costi è necessario fissare precisi valori di consumo involontario.

In diverso caso si sbaglia.

Infatti la quota totale dell'involontario è dato dal costo totale dell'energia consumata (meno) la somma delle quote calcolate per il consumo volontario; 

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Rafa1 dice:

Io capisco che per alcuni è drammatico che abbiano tolto ogni riferimento alla UNI 10200 nella legge, ma la realtà è questa. Non si può interpretare nella legge quello che non cè scritto.

Verifichi attentamente questa sua affermazione.......ritengo sia errata poichè la UNI10200 non è stata depennata.

Come al solito lei considera la UNI10200 solo per il sistema di addebito quota involontaria....perchè probabilmente conosce solo quel pezzetto della UNI10200.

Se vuol dare maggiore informazione, si informo meglio a sua volta........questo è un consiglio.

 

Nanojoule dice:

Ho il timore che lei non sappia di cosa sta parlando.....mi spiace che continui a creare confusione con informazioni errate.

 

Nanojoule dice:

Se vuol dare maggiore informazione, si informo meglio a sua volta........questo è un consiglio.

 

La solita attitudine arrogante e supponente ... auguri! 😂

Modificato da Rafa1
Tullio01 dice:

Infatti la quota totale dell'involontario è dato dal costo totale dell'energia consumata (meno) la somma delle quote calcolate per il consumo volontario; 

E' esattamante l'opposto.

Dalla quota consumo effettivo si sottrae la quota di energia involontario (conosciuta perchè calcolata preventivamente) per ottenere il così il consumo volontario.

  --img_rimossa--

Il consumo involontario dipende dalle dispersioni impianto e si calcola.

 

 

image.png.5f9cd9fbf0caca031d06cb7483bc9ada.png

 

Il consumo volontario nella contabilizzazione indiretta di calcola come consumo avvenuto detratto del consumo involontario (ottenuto per differenza).

Il consumo volontyario è una variabile definita dalla scelta degli utenti, il consumo inmvoltrario è invece una conmsumo fisso dell'impjanto.

 

Consumo totale = Consumo involontario fisso + Consumo Volontario variabile

 

Da cui

 

Consumo Volontario = Consumo totale - Consumo involontario fisso

 

 

 

 

Rafa1 dice:

La solita attitudine arrogante e supponente ... auguri! 😂

AUGURI anche da parte mia........soprattutto per il suo corso di informazione sulla UNI10200.

Non ritengo di essere supponente o arrogante, mi limito a conoscere quello di cui parlo.

 

Modificato da Nanojoule
Nanojoule dice:

E' esattamante l'opposto.

Dalla quota consumo efeftticvo si sottrae la quota di emkergia involontario (conmosciouta) per ottenere il volontarioo.

 

 

Credo di no, altrimenti i contabilizzatori sarebbero assolutamente inutili.

Ovvero io pago (e tutti gli altri) per il consumato (fornito dai contabilizzatori), la differenza rappresenta l'involontario, per cui se tutti teniamo chiuse le valvole i contabilizzatori segnano zero, e tutto il consumo sarà l'involontario.

Modificato da Tullio01
Tullio01 dice:

per cui se tutti teniamo chiuse le valvole i contabilizzatori segnano zero, e tutto il consumo sarà l'involontario.

Esatto.

Il consumo invilontario è una quota di energia dispersa fissa,

Se i ripartitori non misurano, quindi radiatori chiusi, consumo involontario fisso pari al 100% del consumo totale.

 

Consumo Totale = Consumo involontario fisso + Consumo Volontario Variabile

 

Da UNI10200:

 

--img_rimossa--

Modificato da Nanojoule
Nanojoule dice:

Esatto.

Il consumo invilontario è una quota di energia dispersa fissa,

Se i ripartitori non misurano, quindi radiatori chiusi, consumo involontario fisso pari al 100% del consumo totale.

 

Consumo Totale = Consumo involontario fisso + Consumo Volontario Variabile

L'involontario non sarà del 30% (o altra percentuale fissa) se tutti tengono i radiatori chiusi, e la spesa involontaria sarà ripartita per mlm di riscaldamento delle singole u.i. allacciate.

Ovvero in questo caso chi pagherebbe il rimanente 70% se nessuno ha consumato nulla?

Modificato da Tullio01

Sai quale è il problema? Che alle volte si confonde l'energia con il costo (euro) 

Se parliamo di energia l'involontario è fisso, se parliamo di % sul costo totale la spesa è variabile.

Modificato da Tullio01
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