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Sentenza di Cassazione - Riformulazione delle domande

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Nella discussione inizializzata il 10/2/2017, riguardo una sentenza della Cassazione, rileggendo il mio scritto e le relative risposte, mi sono reso conto di non essere stato affatto chiaro. Per questo motivo mi permetto di riformulare una nuova richiesta riguardante solo l'argomento conguaglio che è quello che a me preme maggiormente.

La sentenza in discussione, (Cassazione) al punto uno delle motivazioni, dopo un analisi accurata dei motivi del ricorso dice:

"I MOTIVI DEL RICORSO SONO INFONDATI"

Al punto due sempre delle motivazioni dice:

"IL RICORSO VA, QUINDI, RESPINTO"

Al punto tre ancora nelle motivazioni dice:

"LE SPESE DI LITE SEGUONO LA SOCCOMBENZA E SONO LIQUIDATE COME IN DISPOSITIVO"

NEL P.Q.M. SONO RIPORTATE SOLO LE SPESE DI CAUSA.

La domanda è una soltanto gli interessi legali sul conguaglio partono dalla sentenza di appello o dalla sentenza della Cassazione?

Oppure questi interessi non sono dovuti, come a me sembra?

Dicendo la mia, facendo leva sulle tante cose lette, mi riferisco a sentenze della Cassazione anche recenti, dove la Suprema Corte stabilisce che detti interessi non sono dovuti.

La mia versione è, finché non ci sono i tre gradi di giudizio nessuna sentenza è definitiva (Tranne quelle di condanna). Per cui tutto ciò ch'è il dare avere fra le parti, quindi anche gli interessi in questione, (se ci stessero) partono dalla sentenza ultima che è la sentenza della Cassazione e no dalla sentenza di appello.

Questo perché, secondo me, anche se c'è stato un rigetto del ricorso, comunque c'è stata una sentenza della Cassazione formulata dopo un udienza collegiale e dopo una riunione dei Giudici in camera di consiglio quindi è stato formulato un giudizio, che in questo caso è un rigetto, ma poteva anche essere di natura diversa, per esempio una riformulazione dell'appello.

Tra le diverse sentenze della Cassazione, da me lette, ne riporto una che a me sembra la più adatta al caso dei non interessi:

CASS. N° 6653/2003

.....Il debito di conguaglio che grava sul condividente assegnatario di un immobile non facilmente divisibile (che ha natura di debito di valore) nasce solo con l'assegnazione del bene, al momento della pronuncia definitiva sulla divisione, con la conseguenza che il condividente non assegnatario il quale, oltre a ricevere il conguaglio pari al valore attuale della sua quota, abbia altresì percepito, nel tempo di indivisione, la sua porzione di frutti del bene (ovvero possa, in sede di divisione, far valere il credito risultante dal rendiconto per la mancata percezione dei frutti) non può chiedere, cumulativamente, anche gli interessi sul valore della quota, ciò comportando una illegittima duplicazione del rendimento della quota stessa, che verrebbe ingiustificatamente a gravare sul coerede assegnatario.

- Nel mio caso si tratta di una divisione di un immobile non facilmente divisibile e quindi sono stato assegnatario di tutto l'intero.

- Alla mia controparte, nel corso di causa, gli sono stati ridati la sua quotaparte dei frutti da me percepiti.

Concludendo, per quanto su esposto a mio modestissimo parere gli interessi sul conguaglio non sono dovuti.

 

Grazie e saluti

-Il mio avvocato dice che gli interessi decorrono dalla sentenza di appello, perché il ricorso in cassazione è stato rigettato.

-Ho interpellato un'altro avvocato il quale dice che gli interessi partono dalla sentenza della Cassazione, perché il giudizio definitivo è quello della Cassazione e no dell'appello.

-Io dico che gli interessi non sono dovuti per quanto già esposto e lo dico dopo aver fatto una buona ricerca di documentazione sull'argomento.

-Ora, dato che ci sono pareri discordi sull'argomento, chiedo aiuto a Voi in modo da uscire dalla situazione di stallo cui mi trovo. Prego cortesemente qualora ci fosse parere diverso dal mio (sicuramente bene accettato) gradirei che fosse supportato da riferimenti giuridici quali: leggi, articoli di codici, sentenze e quant'altro possibile.

Grazie a presto

Cass. n. 11519/2011

In tema di divisione giudiziale, qualora al condividente sia assegnato un bene di valore superiore alla sua quota (trattandosi di bene non comodamente divisibile, attribuito al titolare della quota maggiore ex art. 720 c.c.) e, sin dall’apertura della successione, il citato assegnatario si trovava nel possesso dell'intero bene, avendone percepito i frutti, oltre al diritto al conguaglio dovuto agli altri condividenti (regolato nell'ambito del giudizio di divisione), sorge a favore di questi ultimi altresì il diritto alla corresponsione degli interessi, di natura corrispettiva, sul capitale oggetto di gestione pregressa, da determinarsi nel più complesso rapporto di debito e credito relativo ai frutti - eventualmente maturati e non percepiti - prodotti dai beni costituenti la comunione ereditaria e di cui investire il giudice non già con la citata azione di divisione (che concerne il conguaglio sul capitale a tale titolo attribuito), bensì con autonoma, sia pure contestuale, azione di rendiconto, in considerazione della situazione esclusiva di godimento dei beni in comunione per il periodo precedente di indivisione.

Commento

(di Daniele Minussi)

La pronunzia (che segue alla recente Cass. Civ., Sez. II, 7881/11) compie una distinzione tra azione di divisione e azione di rendiconto. Mentre la determinazione del conguaglio in considerazione dell'assegnazione di bene avente valore superiore rispetto alla quota di diritto rientra nell'ambito divisionale, la domanda relativa al riequilibrio patrimoniale correlato al godimento che di un bene ereditario fruttifero abbia goduto uno soltanto dei condividenti va ricondotto all'azione di rendiconto.

https://www.e-glossa.it/news/oggetto_della_divisione._assegnazione_al_condividente_di_bene_avente_valore_maggiore_rispetto_alla_q_1630.aspx

Dal sito

http://www.brocardi.it/codice-civile/libro-quarto/titolo-i/capo-vii/sezione-i/art1282.html

in risposta ad una domanda posta da un lettore:

quanto alla domanda posta circa la debenza degli interessi sul conguaglio, si premette quanto segue.

Per principio generale ormai unanimamente accolto, in tema di immobili non comodamente divisibili, in caso di scioglimento della comunione, il conguaglio in denaro che ai sensi dell'art. 720 c.c. deve essere riconosciuto a un condividente al seguito dell'attribuzione dell'intero bene ad altro condividente, costituisce debito di valore e va di conseguenza determinato in termini di attualità (Cass. civ., sez. II, 6 aprile 2011 n. 7881).

omissis

Chiarita la natura del conguaglio, v'è da dire che su di esso, trattandosi di un credito in denaro, maturano interessi detti compensativi.

Essi sono dovuti dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto lo scioglimento della comunione, come chiarito dalla sentenza della Corte di Cassazione del 10.01.2014, n. 406 ("L'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive, non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, quando la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico e non meramente dipendente, come appunto nella specie, in cui il diritto al conguaglio dovuto agli altri comunisti da parte dell'assegnatario sorge nel momento in cui viene a cessare lo stato di indivisione e trova fonte nell'attribuzione ad altro condividente di un bene eccedente la sua quota").

 

Mie conclusioni:

con riferimento alla sentenza riportata nel tuo post, gli interessi sul valore della quota rappresentano il rendimento della quota sino al momento del pronuncia definitiva della divisione e sono surrogati dalla porzione di frutti del bene assegnati al condividente in sede di rendiconto.

Per quanto sopra riportato gli interessi in oggetto sono quelli che maturano sulla somma di denaro a conguaglio successivamente alla sentenza passata in giudicato che ha disposto lo scioglimento della comunione, quindi quella della Cassazione.

A questo punto, sarebbe utile leggere il parere degli avvocati che frequentano il forum.

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