L'utilizzo dello spazio vuoto tra il solaio e il controsoffitto del pianto sottostante è di proprietà esclusiva del proprietario dell'appartamento inferiore e non può essere utilizzato dal proprietario dell'appartamento superiore per farci passare tubature o altri elementi.
Questa la conclusione cui perviene il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 6256 del 27 aprile 2022, che esamineremo oggi.
Proprietà del solaio e diritti del proprietario inferiore
Tizio, proprietario di un appartamento posto al 5° piano di un edificio, cita in causa Caio, proprietario dell'appartamento superiore, collocato al 6° piano, per ottenere che egli rimuova le tubazioni in plastica per lo scarico di acque nere inserite nel solaio divisorio tra le due proprietà.
Tizio si era avveduto della presenza delle dette tubature quando, avendo avviato lavori di ristrutturazione dell'immobile, aveva provveduto ad aprire la controsoffittatura di cartongesso del vano cucina e, rimossi i pannelli, aveva trovato i manufatti in commento.
Ritenendo Tizio che tale inserto violasse la sua proprietà - il cui oggetto era lo spazio tra il solaio divisorio ed il controsoffitto - chiede che Caio sia condannato alla rimozione ed all'esecuzione dei lavori necessari a ripristinare lo status quo ante, compresa la continuità delle volte a botte che componevano il solaio, nonché a risarcire i danni non patrimoniali subìti.
Caio, costituitosi, eccepisce la proprietà esclusiva del volume sovrastante il controsoffitto in capo a Tizio, rilevando che il progetto originario dello stabile prevedeva una camera d'aria in corrispondenza del solaio di interpiano tra i due appartamenti, peraltro visibile nella sezione verticale del fabbricato.
Caio evidenzia altresì che detta camera d'aria avrebbe funzione strutturale, pertanto sarebbe al servizio di entrambe le proprietà, perché darebbe isolamento termico all'interno di Tizio ed eviterebbe accumuli di umidità a danno del solaio di interpiano dell'immobile di Caio, coperto dal terrazzo.
Sostiene infine Caio che le tubature erano state realizzate in tempi remoti e la loro presenza era nota a Sempronia, che aveva poi venduto l'immobile del 5° piano a Tizio, così da integrare, secondo Caio, una servitù per destinazione del padre di famiglia, avendo l'originario costruttore dell'edificio predisposto i due immobili in quel medesimo stato ed avendoli poi alienati separatamente senza esclusione del vincolo prediale.
Il Tribunale accoglie la domanda di Tizio e condanna Caio a rimuovere le tubazioni ed a ripristinare lo status quo ante, incluse le volte a botte. Viene invece respinto il risarcimento del danno non patrimoniale per difetto di prova.
Accertamento dello stato dei luoghi e funzione dello spazio vuoto
Nel procedimento in esame è stata svolta CTU sullo stato dei luoghi; era essenziale, infatti, accertare la reale funzione dello spazio vuoto conteso ed anche le modifiche succedutesi nel tempo del medesimo - specialmente, in ordine alla sollevata eccezione relativa alla servitù.
Dalla CTU si evince che l'immobile di Caio si sviluppa su due piani, riteniamo il piano 6° ed il terrazzo sovrastante: lo stesso immobile aveva subito diverse trasformazioni, da ultimo nel 2014. Dai disegni risalenti all'anno 1914 (si ritiene, i progetti originari del fabbricato), erano presenti intercapedini all'ultimo piano, visibili nella parte che ritrae la sezione del fabbricato.
Le tubazioni collocate nel soffitto al di sopra l'immobile di Tizio sono gli scarichi del terrazzo e dei servizi dell'immobile di Caio e risultano collocate in una porzione posizionata tra il solaio divisorio e il controsoffitto.
Secondo l'estensore, «Nessuna prova inoltre è stata fornita dalla parte che ne aveva interesse [cioè, Caio, N.d.A.] della effettiva esistenza della intercapedine e/o camera d'aria come prevista dal progetto di realizzazione del fabbricato essendo peraltro evidente che la controsoffittatura in cartongesso pacificamente esistente nell'appartamento di parte attrice [cioè, Tizio, N.d.A.] e le stesse tubazioni in PVC non possano - anche in ragione del materiale utilizzato - farsi risalire all'epoca della realizzazione del fabbricato (epoca precedente al 1920) o della sopraelevazione (1922)».
Oltre a ciò, con ragionamento alquanto involuto, ma deducibile dalle pronunce citate, il Tribunale sostanzialmente ribadisce che, posta la comproprietà, così come stabilita de relato dall'art. 1125 c.c., del solaio divisorio tra i proprietari dei due piani che questo provvede a separare, per tutti gli elementi non strutturali è necessario accertare in concreto la funzione e la destinazione allo scopo di stabilire a chi appartengano; viene citata giurisprudenza risalente, la quale aveva escluso che un'intercapedine costruita per aerare il locale sottostante e nascondere un tubo di scarico dell'appartamento sovrastante fosse di proprietà comune ad entrambi (Cassaz. n. 392/1975).
Secondo la recente giurisprudenza, poi, il solaio divisorio appartiene ai due proprietari dei piani che divide, ma lo spazio vuoto venutosi a creare tra solaio e controsoffitto appartiene al proprietario sottostante, essendo impedito al proprietario sovrastante di sfruttarlo per farci passare tubature (Cassaz. 11 giugno 2018, n. 15048).
Tant'è vero che, nel caso sottoposto alla Cassazione nel 2018, si ritenne integrato lo spoglio da parte del piano sovrastante che aveva inserito tubi e condutture al di sotto degli assi di sostegno delle travi del suo pavimento in danno del proprietario dell'appartamento sottostante.
Quanto alla servitù per destinazione del padre di famiglia, invocata da Caio, rammentiamo che si tratta di uno dei modi di costituzione della servitù e che si avvera quando l'unico proprietario di due immobili crea una situazione di fatto, tra gli stessi, che rende l'uno asservito all'altro e, nel momento in cui la proprietà viene divisa (quindi, ad esempio, quando viene frazionata o quando uno dei due immobili o entrambi vengono venduti), nasce la servitù dell'uno a carico dell'altro.
La servitù non esiste sino a quando il proprietario di entrambi gli immobili è la medesima persona, per il principio per cui nemini res sua servit, ovvero nessuno può costituire servitù sulla propria proprietà, mentre nasce nel momento esatto in cui la proprietà ricade su due o più soggetti diversi.
Nel caso di specie, il Giudice non ritiene di ravvisarla, in quanto sarebbe stato necessario dare la prova, a cura di Caio, che l'originario costruttore aveva inserito le tubazioni di scarico a servizio dell'immobile del 6° piano ed a carico di quello al 5° piano, mentre era risultato evidente dalla CTU che le tubazioni erano state inserite in epoca recente ed a cura di Caio.