Il condominio è costituito da parti comuni e parti di proprietà esclusive, di cui le prime sono funzionali all'esistenza delle seconde. Le prime, inoltre, rientrano a pieno titolo nella nozione di "appartenenze", rispetto alle quali viene riconosciuto il reato di violazione di domicilio qualora soggetti estranei al condominio vi si introducano - come espressamente previsto dall'art. 614 c.p. - senza il consenso dei condomini ovvero in modo clandestino o con inganno.
Anche ai compartecipanti, quindi, è riconosciuto il diritto di tutelarsi da comportamenti che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza di persone e cose.
Legittima la presentazione di querela da parte del condomino in caso di violazione di domicilio in parte condominiale. Fatto e decisione
Una delle questioni oggetto della sentenza n. 21862, pronunciata dalla Cassazione penale in data 21 marzo 2024 e depositata il 31 maggio 2024, è molto semplice e risponde al quesito se in relazione al delitto di violazione di domicilio, ascritto ad un soggetto estraneo al condominio per essersi clandestinamente introdotto nelle parti comuni dello stabile, sia valida la querela presentata da un singolo condomino piuttosto che dall'amministratore incaricato dall'assemblea o, in assenza di amministratore, da tutti i condomini.
Per tale profilo il Collegio ha affermato che il motivo non meritava di essere accolto reputando "di dare continuità al principio di diritto in virtù del quale il singolo condòmino è legittimato, quanto meno in via concorrente o surrogatoria rispetto all'amministratore del condominio, alla presentazione di una valida querela in relazione a un reato commesso in offesa del patrimonio comune del condominio di un edificio".
Ad avviso della Corte è stato considerato che, in seguito alla riforma del condominio del 2012, la giurisprudenza è orientata nel senso di negare l'attribuibilità di qualsiasi forma di personalità giuridica del condominio, cui conseguirebbe il diritto soggettivo di ogni singolo compartecipe rispetto all'iniziative dell'amministratore a proporre querela a protezione dell'intera comproprietà, anche a prescindere dalla volontà degli altri condomini (Cass. 3 luglio 2019, n. 49392).
Da un lato, quindi, nei compiti istituzionali dell'amministratore finalizzati, ai sensi dell'art. 1130 c.c., a salvaguardare le cose comuni rientrano pacificamente anche le iniziative autonome da adottarsi in questo ambito, senza la necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea.
Tra queste trova posto - come nel caso concreto - anche la necessità di assicurare la tutela penale degli interessi del condominio attraverso la presentazione di querela "anche indipendentemente da uno specifico investimento da parte dell'assemblea dei condomini, poiché tali poteri-doveri non possono essere circoscritti alle iniziative di natura cautelare ed assolutamente indifferibili, ma debbono ritenersi estesi a tutte le attività finalizzate a garantire l'esistenza, la pienezza e l'integrità dei diritti dei condòmini sulle parti comuni" (giur. costante. Per tutte vedi, da ultimo, Cass. 24 aprile 2023, n. 10869).
Questo, tuttavia, non toglie - sempre ad avviso della Corte suprema - che pari tutela spetti al singolo condomino il quale, godendo del diritto reale di comproprietà tipico dell'istituto della comunione sulle parti comuni (artt. 1100 e segg. C.c.) è, in relazione ad esse, persona offesa dal reato lesivo dell'interesse penalmente protetto dalla norma incriminatrice di cui all'art. 614 c.p., che garantisce il diritto all'inviolabilità del domicilio da preservare da interferenze esterne.
Violazione di domicilio: modalità e implicazioni legali
Secondo l'art. 614 c.p. la violazione di domicilio si consuma con differenti modalità:
- introduzione o il trattenersi nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora o nelle relative appartenenze da parte di un soggetto contro la volontà, espressa o tacita, di chi sia titolare di un diritto di esclusione;
- introduzione o il trattenersi, negli stessi luoghi, in modo clandestino o con l'inganno;
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, ovvero perseguibile d'ufficio quando il fatto è commesso con violenza sulle persone o sulle cose nei confronti di persona incapace per età o infermità.
Alcuni punti che qualificano la norma interessano l'ambito condominiale, anche se il dato testuale della stessa potrebbe fare ritenere che oggetto della tutela sia un luogo strettamente privato, così come il soggetto che abbia subito il comportamento illegittimo possa essere solo una persona fisica.
Ci si riferisce, a questo proposito, alla duplice espressione di "privata dimora" e di "persona offesa" nella quale individuare il soggetto legittimato a proporre la querela.
Quanto al primo argomento va evidenziato che, secondo la giurisprudenza "la nozione di "privata dimora" rilevante, agli effetti dell'art. 13 l. n. 689 del 1981, per delimitare il potere di ispezione degli organi addetti all'accertamento di illeciti amministrativi coincide con quella rilevante agli effetti del reato di violazione di domicilio (art. 614 c. p.) e, dunque, comprende non soltanto la casa di abitazione, ma anche qualsiasi luogo destinato permanentemente o transitoriamente all'esplicazione della vita privata o di attività lavorativa, vale a dire di atti della sua vita privata riconducibili al lavoro, al commercio, allo studio, allo svago" (Cass. 20 aprile 2021, n. 10369).
Tale principio ripropone quanto in precedenza affermato in sede penale dalla Corte di cassazione che, con la già citata sentenza n. 49392/2019, aveva precisato che "anche il cortile o l'androne condominiale e le scale sono luoghi di privata dimora o comunque "appartenenze" dell'immobile, la cui violazione integra il reato di cui all'art. 614 c.p.".
Tale pronuncia aiuta anche a comprendere la nozione di "appartenenza" riferita alla dimora privata che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, si può identificare nel pianerottolo condominiale antistante la porta di un'abitazione.
Da ciò consegue che il reato di cui all'art. 614 c.p. viene commesso, nella sua forma consumata e non di semplice tentativo, da chi si sia introdotto, "invito domino", all'interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e avanti alla soglia dell'abitazione di uno dei condomini, avente, come gli altri, diritto di escludere l'intruso (Cass. pen., 3 dicembre 1998, n. 12751).
Parimenti illuminante altra decisione (Cass. pen. 23 gennaio 1990, n. 794) ove si afferma che "le appartenenze, di cui al primo comma dell'art. 614 c. p., sono costituite dai luoghi accessori a quelli di privata dimora, destinati al loro servizio od al loro migliore godimento".
Pertanto, in ambito condominiale, essendo accertato che le parti comuni vivono in funzione della sussistenza di quelle di proprietà esclusiva, l'introduzione nelle stesse da parte di soggetti estranei al condominio che si comportino secondo le modalità indicate nella norma richiamata configura gli estremi della violazione di domicilio.
Per quanto concerne, infine, la persona offesa dal reato, legittimata alla presentazione della querela, in aggiunta a quanto a momenti rilevato dai giudici di legittimità giova evidenziare che se l'amministratore rappresenta la parte formale del condominio in quanto ente privo di personalità giuridica, i condomini ne rappresentano la parte sostanziale.
Ed è questo un ulteriore motivo per riconoscere ai compartecipanti, quali parti passive della violazione di domicilio perpetrata sulle parti comuni dello stabile, il diritto di sporgere querela.