Nella fase che precede la conclusione di un contratto, le parti devono comportarsi in maniera corretta e leale. In ragione di ciò, non è certo consentito che, mediante raggiri o artifizi, uno dei contraenti sia indotto a stipulare un accordo che, diversamente, non avrebbe mai sottoscritto. Insomma, truffare la propria controparte non è ammesso.
Se dovesse succedere, il contratto così concluso sarebbe invalido ed annullabile su iniziativa del soggetto raggirato (ex art. 1439 cod. civ.).
La descritta situazione muta, sostanzialmente, nella diversa ipotesi del dolo incidente. In questo caso, infatti, i raggiri compiuti a danno di una delle parti del contratto non sono stati tali da incidere sul consenso della vittima.
Quest'ultima, se non avesse subito il comportamento illecito della controparte, avrebbe comunque concluso l'accordo. Tuttavia lo avrebbe fatto a condizione diverse e più vantaggiose. Per questo motivo può chiedere il risarcimento del danno all'autore del dolo.
È accaduto qualcosa di simile nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale di Reggio Emilia ed appena risolto con la recente sentenza n. 932 del 27 settembre 2024. In questo procedimento, a detta della parte attrice, la compravendita di un immobile in condominio era stata viziata dalla presenza di infiltrazioni nell'appartamento provenienti dalla cosa comune, opportunamente occultate dal venditore. Perciò, il compratore aveva chiesto conto e ragione di tale illecito precontrattuale.
Entriamo, dunque nel merito della questione.
Venditore occulta al compratore le infiltrazioni dalla cosa comune: la legittimazione passiva
Nella vicenda in commento, il compratore di un immobile in condominio sosteneva di essere stato ingannato dal venditore.
In particolare, quest'ultimo gli aveva nascosto che l'immobile era sottoposto a delle infiltrazioni provenienti dalla copertura condominiale. Perciò, l'acquirente voleva essere risarcito.
Infatti, se fosse stato opportunamente e diligentemente informato della situazione, avrebbe comprato l'immobile ad un prezzo inferiore.
In base a queste premesse, il compratore citava in giudizio il venditore invocandone la responsabilità ai sensi dell'art. 1440 cod. civ. "Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni".
Non era, invece, coinvolto il condominio. L'ente era estraneo alla vicenda contrattuale seppur, potenzialmente, responsabile delle infiltrazioni provenienti dalla cosa comune. Ebbene, quest'ultima valutazione è stata corretta, così come ha confermato il Tribunale di Reggio Emilia.
Per l'ufficio in questione, nel caso di specie, il fatto che la copertura fosse condominiale e che l'ente fosse tenuto alla sua riparazione era del tutto irrilevante. Ciò che contava era quanto era stato prospettato dalla parte attrice, cioè la responsabilità della venditrice nell'aver omesso delle circostanze decisive ai fini dell'accordo concluso.
Quest'ultimo era stato raggiunto per un prezzo maggiore non per colpa del condominio, ma a causa dei raggiri del cedente "Pertanto, a nulla rileva che l'intervento di ripristino della copertura dovrebbe essere effettuato e sostenuto economicamente dal condominio, perché ciò che qui prospetta e lamenta l'attrice è di avere subito un pregiudizio economico da parte della venditrice, posto che, se fosse stata resa edotta da quest'ultima dello stato di ammaloramento dell'immobile e dunque delle spese necessarie per il ripristino (sia pure non ancora deliberate dall'assemblea condominiale e comunque in ragione della quota millesimale), avrebbe concordato un prezzo di vendita corrispondente al valore di mercato".
Insomma, in un'ipotesi del genere, lì dove il compratore invochi la responsabilità dell'altro contraente per dolo incidente, è questo il legittimato passivo dell'azione giuridica e non certo il condominio.
Compravendita immobiliare viziata dal dolo incidente: quali conseguenze?
Una compravendita immobiliare è viziata dal dolo incidente nel momento in cui una delle parti, raggirata dall'altra, è indotta a concludere un accordo a condizioni più svantaggiose.
Ad esempio, se fosse stata in grado di conoscere le informazioni, maliziosamente, occultate dall'opposto contraente, avrebbe pattuito un prezzo minore rispetto a quello effettivamente pagato.
Pertanto, la vittima del dolo incidens deve dimostrare tali circostanze e, in caso positivo ha diritto al risarcimento del danno a carico della parte responsabile "in ipotesi di domanda di risarcimento per dolo incidente relativa al danno derivante da un contratto valido ed efficace ma "sconveniente", l'eventuale esistenza dell'inganno nella formazione del consenso non incide sulla possibilità di far valere i diritti sorti dal medesimo contratto, ma comporta soltanto che il contraente, il quale abbia violato l'obbligo di buona fede, è responsabile del danno provocato dal suo comportamento illecito, commisurato al "minor vantaggio" ovvero al "maggior aggravio economico" prodotto dallo stesso (Cass. n. 5965/2012)".
Tuttavia, nel caso oggetto della sentenza in commento, la parte attrice non è stata in grado di dimostrare nemmeno che vi fossero delle infiltrazioni provenienti dalla cosa comune al momento del rogito. Ogni ipotetica problematica sul punto pareva, infatti, già risoltasi all'atto del trasferimento di proprietà, così come accertato dal Ctu.
Insomma, la domanda attorea difettava di ogni presupposto e, perciò, è stata respinta.