La pronuncia che esamineremo oggi è un'ottima occasione di 'allenamento' per gli addetti ai lavori e non solo, dato che affronta vari aspetti concernenti la volontà delle parti di un contratto e l'esatta identificazione dell'oggetto del contratto.
Non solo. Ci permette di tornare sulla tematica del diritto di colui che ha la proprietà del lastrico solare, non sempre facilmente 'digeribile'.
Vendita di un immobile o diritto di superficie: La pronuncia
Tizia e Caio citano in giudizio Sempronia dinnanzi al Tribunale di Pescara allo scopo di vedere accertata la comproprietà tra loro - cioè, in capo a Tizia, Caio e Sempronia - della corte comune di un fabbricato, identificata in Catasto Urbano al foglio 1, particella 2 (di seguito, fg. 1, pt. 2).
Chiedono Tizia e Caio che Sempronia, una volta accertata la loro comproprietà sulla corte comune, venga condannata alla consegna delle chiavi del cancello carrabile di accesso a detta corte.
Affermano Tizia e Caio che, con atto di vendita del 1966, Caio acquistava da Filano e Mevia, che erano proprietari del terreno e del fabbricato edificato da costoro su di esso, all'epoca costituito dal solo piano terreno, l'«intera area costituita dal lastrico solare sovrastante il piano terreno, di 110 m2 circa ed i diritti condominiali sul terreno per buona parte occupato dal fabbricato di Filano e Mevia».
Con atto del 1978, Caio e Tizia costituivano la comunione legale dei beni tra loro, cosicché l'oggetto dell'acquisto del 1966 confluiva nel patrimonio comune dei coniugi e, pertanto, diveniva di comproprietà pro indiviso di Tizia.
Con successivo atto del 1985, Filano e Mevia vendevano alla figlia Sempronia (nonché sorella di Tizia) il diritto di proprietà sul terreno de quo.
Nel 1996 Tizia e Caio costruivano il piano 1° e la scala di accesso ad esso sul lastrico solare acquistato da Filano e Mevia.
Il Tribunale di Pescara respinge la domanda di Tizia e Caio, dichiarando che non sussiste la loro proprietà sulla corte afferente al fabbricato, in quanto:
- l'atto del 1966 riguardava l'immobile di cui al fg. 3, pt. 2 censiti in Catasto Rustico - non al fg. 1, pt. 2 del NCEU;
- l'atto del 1985 aveva trasferito a Sempronia l'«area scoperta censita al fg. 1, pt. 2», cioè la corte di cui Tizia e Caio affermano di aver acquistato la proprietà;
- la corte non era menzionata nell'atto del 1966 tramite la propria identificazione catastale;
- le testimonianze assunte in corso di istruttoria non hanno provato il compossesso pacifico ed ultraventennale di Tizia e Caio sulla corte, né la sentenza pretorile del 1988, emessa tra le medesime odierne parti e relativa ad un giudizio possessorio può essere fatta valere quale prova della proprietà.
Tizia e Caio propongono appello avverso la pronuncia del Tribunale di Pescara.
Essi affermano che il giudice di prime cure avrebbe errato nella qualificazione dell'atto del 1966, che, in realtà, avrebbe trasferito a Caio la comproprietà di tutte le aree scoperte non occupate dal fabbricato di Filano e Mevia, aree che coincidevano con il fg. 1, pt. 2, ma che non erano ancora identificate catastalmente come corte del fabbricato.
A sostegno di ciò, Tizia e Caio producono una relazione tecnica che afferma che, in realtà, il bene censito al fg. 3, p.t 2 coincide con quello indicato al fg. 1, pt.2. Conseguenza di ciò l'impossibilità di dedurre, in via interpretativa, una riserva di proprietà in capo a Filano e Mevia relativa al terreno.
Affermano ancora Tizia e Caio che l'atto del 1985 non avrebbe potuto trasferire a Sempronia la proprietà esclusiva dell'aera scoperta (indicata come fg. 1, pt. 2, 458 m2), ma solamente la proprietà dell'unità immobiliare costituita dall'appartamento al piano terreno.
Infine, citano nuovamente la sentenza pretorile del 1988 che aveva coinvolto tutte le odierne parti in qualità di «comproprietari».
La Corte d'Appello de L'Aquila rigetta l'impugnazione di Tizia e Caio e conferma la pronuncia del Tribunale di Pescara.
Identificazione dell'oggetto del contratto
Secondo la Corte d'Appello, l'atto di compravendita del 1966, stipulato tra Caio, Filano e Mevia, è inidoneo a dare prova dell'acquisto della proprietà della corte in capo a Caio (e di conseguenza Tizia) ed è altresì nullo in parte qua, laddove trasferisce diritti condominiali che in realtà non sussistevano.
Sul primo aspetto, la Corte ribadisce come la corte comune su cui Tizia e Caio vantano diritti sia oggi identificabile come censita al fg. 1, pt. 2, ma non altrettanto possa dirsi del momento dell'acquisto.
La relazione tecnica prodotta solamente in appello da Tizia e Caio è inammissibile, in quanto documento nuovo (c.d. divieto dei nova in appello) e, soprattutto, documento che sarebbe stato producibile nel I° grado del giudizio.
A prescindere tuttavia dall'inammissibilità della relazione tecnica, il collegio sottolinea come, anche volendola ammettere al corredo probatorio del secondo grado, la stessa si limita ad asserire la sostanziale coincidenza dell'u.i. identificata al fg. 3, pt. 2 con quella identificata al fg. 1, pt. 2, perché l'allegato cui si rinvia non dà alcuna prova di ciò - si trattava, di preciso, dell'accatastamento e denuncia al NCEU del piano 1° edificato da Tizia e Caio nel 1996.
Al contrario, l'atto del 1985 è l'unico che contiene l'indicazione di una superficie completa dell'area annessa al fabbricato, cioè la famigerata pt. 2, ma detto atto concerne appunto Sempronia, non Tizia e Caio.
Pertanto, l'atto del 1966 è efficace solamente quale trasferimento della comproprietà del suolo su cui sorge l'edificio e non della corte, perché quella è stata validamente trasferita (solamente) a Sempronia nel 1985.
Circa la nullità dell'atto del 1966, per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto del contratto, con riferimento al trasferimento dei diritti condominiali, la Corte evidenzia che non esisteva alcun Condominio nel 1966, in quanto l'edificio de quo era costituito da un unico appartamento al piano terreno, di proprietà di un unico soggetto (Filano e Mevia) e l'alienazione dell'area scoperta posta al di sopra di esso non costituiva frazionamento dell'unica proprietà originaria, cioè la circostanza che, come ribadiamo più volte su queste pagine, fa nascere il Condominio di edifici.
Non esistendo alcun Condominio, va da sé che nessun diritto ad esso relativo poteva essere trasferito.
Il lastrico solare non è alienabile come proprietà separata
La Corte infatti ribadisce, su questo punto ampliando il ragionamento del Giudice di prime cure, che l'atto del 1966 non è qualificabile come vendita, bensì come costituzione del diritto di superficie a favore di Caio (poi passato anche a Tizia pro-indiviso a seguito della costituzione della comunione coniugale).
Infatti, l'espressione utilizzata dall'atto del 1966 che abbiamo sopra riportato («intera area costituita dal lastrico solare sovrastante il piano terreno, di 110 m2 circa») non può lasciare spazio a dubbi circa l'oggetto del contratto.
E non potrebbe essere altrimenti, dato che, come sottolinea la stessa Corte d'Appello, «lo spazio sovrastante una costruzione non costituisce un bene giuridico suscettibile di autonomo diritto di proprietà, ma configura la mera proiezione verso l'alto della suddetta entità immobiliare e, formalmente, la possibilità di svolgimento delle facoltà inerenti al diritto dominicale sulla medesima, per cui il diritto reale su tale spazio, separato dalla proprietà dell'immobile sottostante, non è qualificabile come proprietà, ma come diritto su cosa altrui: precisamente, come diritto di superficie ex art. 952 c.c.. Né sembra possibile distinguere lo spazio aereo soprastante il piano del fabbricato già realizzato, dall'area calpestabile costituita dal lastrico solare di quel fabbricato, quest'ultima suscettibile (a differenza del primo) di un autonomo diritto di proprietà, giacché - come la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare - "una volta che nell'ambito di una stessa cosa materiale si individuano beni giuridici distinti, e la proprietà unitaria si scinde, non si configurano due proprietà piene, aventi come oggetto rispettivamente il piano terreno (costruzione) ovvero l'area di calpestio e lo spazio sovrastante il piano terreno, bensì la proprietà della costruzione ed il diritto di superficie sullo spazio sovrastante, che insiste sulla proprietà altrui.
Invero, a norma dell'art. 952 comma 2 c.c., tanto la costituzione del diritto di fare o mantenere una costruzione al di sopra del suolo (o di una costruzione esistente), quanto la alienazione della proprietà (separata) di una costruzione preesistente suppongono la scissione tra la proprietà ed il diritto reale frazionario, che non si qualifica come diritto di proprietà, ma come diritto di superficie" (così, in motivazione, Cass. n. 7051/2004)».