L'usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altri diritti reali di godimento mediante il possesso continuato per un certo periodo di tempo, stabilito dalla legge. Le norme che nel codice civile dispongono sul tema sono l'art. 1158 c.c. e seguenti.
Dalla disamina delle disposizioni emerge che può essere invocato l'acquisto per usucapione solo se il possesso del bene da parte del soggetto è:
- continuo ed ininterrotto per il periodo di tempo previsto dalla legge
- pacifico ossia deve essere esercitato senza l'uso della violenza
- pubblico quanto deve essere manifesto e non occulto, in modo che chiunque possa rendersene conto
- non interrotto devono esserci interruzioni nel possesso che derivino da azioni giudiziarie o dalla perdita temporanea dello stesso
- in buona fede, criterio questo che rileva in tema di usucapione abbreviata.
Il Codice Civile distingue poi due tipologie di usucapione:
- quella ordinaria (articolo 1158 c.c.) che si verifica quando un soggetto possiede un bene immobile per almeno 20 anni e un bene mobile per almeno 10 anni.
- quella abbreviata ( articoli 1159 e 1159 bis c.c.) che si ha quando il possessore di un bene immobile può invocare l'usucapione anche se sono decorsi "soli" 10 anni. Perché questo sia possibile è comunque necessario che il possessore abbia acquisito il possesso in buona fede e in base a un titolo idoneo.
Parimenti per i beni mobili registrati vi può essere l'usucapione abbreviata: in tal caso è necessario il possesso per 3 anni in buona fede e con un titolo idoneo non trascritto.
Anni fa, la Cassazione sentenza 18 marzo-27 luglio 2009, n. 17462 ha affermato che "Il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei comproprietari non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all'esercizio del possesso ad usucapionem risultando necessario, a fini della usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla «res communis» da parte dell'interessato attraverso un'attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene".
Il tema è sato ripreso dal Tribunale di Pisa con sentenza del 9 dicembre 2024.
Nel caso di specie il condomino attore ha dedotto di aver acquistato con atto del 31.07.1969 l'appartamento per civile abitazione posto al sesto piano del condominio e di essere nel possesso esclusivo, ininterrotto e pacifico dell'unità immobiliare 'soffitta' sovrastante il suo appartamento; il possesso si è manifestato con l'occupazione dell'immobile con arredi, esecuzione di lavori di manutenzione ed esclusiva disponibilità delle chiavi di accesso.
I convenuti sono stati individuati nei 93 proprietari delle 76 unità immobiliari facenti parte del condominio (cfr. elenco subalterni e visure ipotecarie in atti) ai quali formalmente l'unità immobiliare oggetto di usucapione risulta intestata.
L'attore è stato autorizzato alla notificazione per pubblici proclami con decreto del 21.01.2021.
La causa è stata istruita con documenti prove orali e ctu.
Dagli accertamenti svolti dal ctu, si evidenzia che l'unica porzione che si estende al settimo piano del condominio, identificato dal mappale 87 del foglio 12 e relativi subalterni, è la porzione servita dalla scala A; nelle planimetrie agli atti del catasto fabbricati sono riportate le dizioni U.I. (unità immobiliari) non identificate con specifici subalterni.
Il ctu ha rilevato il perimetro e dato rappresentazione grafica della porzione di soffitta oggetto di causa distinguendola dalle porzioni di uso comune.
All'esito delle ricerche svolte ha risposto al quesito posto dal giudice nei seguenti termini "Il locale soffitta oggetto di causa posto al settimo piano, (ottavo fuori terra) meglio definibile come piano sottotetto, facente parte di più ampio fabbricato condominiale e nello specifico raggiungibile dal vano scala condominiale denominato "A", in seguito alle ricerche ipo-catastali svolte non risulta essere catastalmente rappresentato né come unità immobiliare a se stante, né come unità immobiliare graffata ad altre né tantomeno rappresentata o inglobata fra le parti comuni e/o condominiali del fabbricato descritto ed individuato al catasto fabbricati del Comune nel foglio di mappa relativo di una determinata particella 87".
I testi escussi, tra cui amministratore del condominio dal novembre 1982 all'ottobre 1986 e poi da gennaio 1992 a dicembre 2020 hanno confermato, per i periodi di loro conoscenza, che la soffitta sovrastante l'appartamento dell'attore era nella disponibilità dello stesso partecipante al condominio. In particolare il teste (nato nel 1994) ha confermato che il nonno aveva le chiavi della soffitta nel proprio mazzo e la utilizzava sia come estensione della casa sia come magazzino, ricoverandovi i carrelli con abiti estivi/invernali.
L'utilizzo della soffitta, per la precisione un sottotetto, come ripostiglio emerge anche dalle foto allegate dal ctu ed è manifestamente incompatibile con l'uso che altri, in ipotesi, possano farne. Il possesso esclusivo uti dominus della soffitta dalla data, 31.07.1969, dell'acquisto dell'appartamento, quindi, è risultato confermato dall'istruttoria svolta e è stato dichiarato l'avvenuto acquisto per usucapione ultraventennale dell'unità immobiliare soffitta sovrastante l'appartamento di proprietà.
Mancando la rappresentazione catastale dell'area, per poter procedere a intestare la proprietà della soffitta, dovrà essere attribuito un subalterno all'esito di pratica catastale.
Non essendovi stata opposizione non è luogo a pronuncia sulle spese.
La Cassazione, con la sentenza n. 5335 del 02/03/2017 ha in precedenza affermato che l'utilizzo del bene deve essere tal da impedire agli altri l'uso anche solo per tolleranza.
Deve trattarsi di possesso esclusivo ed incompatibile con la comproprietà degli altri condomini
Proseguendo nell'esame di questa decisione, giustamente si legge che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei condomini, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è comunque, di per sé, idoneo per usucapire, essendo, per converso, comunque necessaria, a fini di usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sul bene comune da parte dell'interessato attraverso un'attività apertamente contrastante ed incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene. Così, ad esempio, per usucapire il sottotetto sarà necessaria la chiusura della porta di accesso a tale vano con un lucchetto di cui solo l'interessato all'usucapione conserva le chiavi.
Al contrario l'utilizzo del bene comune da parte di un condomino in modo più intenso rispetto agli altri non determina l'insorgenza dell'usucapione.
Altra interessante decisione è Cass., sent. 6 ottobre 2016, n. 20039), la quale ha ribadito che:
- il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso (l'interversione del possesso è disciplinato dall'art. 1164 cod. civ., secondo cui chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario; e il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso è stato mutato); ma, per accertare l'avvenuta usucapione, non basta che gli altri condomini si siano astenuti dall'usare il bene comune, ma occorre che egli dimostri di aver goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere come titolare esclusivo e non più come condomino, senza alcuna altrui opposizione, per tutto il tempo necessario per usucapire;
- pertanto il condomino che rivendica di aver usucapito il bene comune deve provare di averlo sottratto all'uso comune per tutto il periodo utile all'usucapione e quindi deve dimostrare di avere tenuto una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituito da atti univoci rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a questi ultimi l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore;
- non basta quindi la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, dal momento che il diritto in comproprietà è imprescrittibile.