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Usucapione del cavedio comune: non è un'operazione semplice

Usucapione del cavedio comune: le difficoltà nell'acquisizione esclusiva di spazi condominiali e l'importanza della prova di possesso per evitare contestazioni legali.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell'art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale.

Tra le parti comuni deve essere compreso anche il cavedio (o chiostrina, vanella, pozzo luce), cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio condominiale, che, essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (Trib. Roma 17 settembre 2020, n. 12521).

A tale proposito è frequente che i condomini cerchino di usucapire tale spazio interno ma l'operazione è complessa.

A conferma di quanto sopra si segnala una recente decisione del Tribunale di Cagliari (25 novembre 2024 n. 2491).

Controversia sull'uso esclusivo del cavedio condominiale

I comproprietari di un immobile adibito a negozio di 106 mq catastali, acquistato con atto di compravendita da un erede dell'ex proprietario, disponevano anche di un locale comprendere un cortile di 8 mq circa, rialzato di cinque gradini rispetto al locale, al quale accedevano dal negozio per il tramite di una porta finestra ed utilizzato come locale di sgombero; successivamente la titolare di un appartamento posto al piano primo, senza autorizzazione alcuna, non solo chiudeva l'accesso del negozio verso il cortile mediante la collocazione di una nuova grata, ma posizionava altresì una scala che dal primo piano scendeva verso il cortiletto.

I vicini negozianti, dopo un tentativo di arrivare ad un componimento bonario della lite, citavano la proprietaria dell'appartamento al primo piano in giudizio, chiedendo che venisse accertato il loro diritto di proprietà esclusiva dell'immobile, comprendente l'adiacente cortile di circa 8 mq, nonché la condanna della convenuta al rilascio del cortile e alla rimozione della scala e della grata, con corresponsione della somma di 150,00 euro ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.

La convenuta chiedeva il rigetto della domanda proposta dagli attori e in via subordinata, proponeva domanda riconvenzionale di usucapione del cavedio in ragione del possesso ultraventennale, anche mediante unione del suo possesso a quello dei danti causa ai sensi dell'art. 1146 c.c.

Il Tribunale ha dato torto agli attori in quanto non hanno assolto all'onere di ricostruire la catena dei trasferimenti fino a risalire all'originario proprietario (rimasto ignoto) ed al primo atto di trasferimento di una delle unità immobiliari situate nel più ampio caseggiato.

Come ha osservato il giudicante tale assoluta carenza di prove non consente di accertare se il cavedio di cui si controverte sia stato oggetto di specifica disposizione, con la conseguenza che non può in alcun modo ritenersi superata la presunzione di condominialità dello stesso.

Per le stesse ragioni sopra indicate, è stato escluso un acquisto a titolo derivativo della convenuta.

Quest'ultima, ad avviso del giudicante, non può aver usucapito tale spazio interno atteso che l'utilizzo esclusivo del cavedio è iniziato soltanto nel 2007, quando ha impedito agli attori di fare pari uso di detto spazio, mediante la realizzazione di una grata a chiusura del loro accesso diretto al cortile interno.

Quest'ultima condotta - che ha trovato inequivoca e indubbia conferma nella testimonianza resa dal teste all'udienza del 15 settembre 2020 - è risultata incompatibile con l'accertata natura comune del cavedio, poiché tale da precludere agli attori un analogo uso.

La convenuta è stata condannata rimuovere la grata e a consentire agli attori di avere accesso diretto al cortile, per farne un uso compatibile con la sua natura condominiale.

La domanda di rimozione della scala non è stata accolta, poiché la realizzazione della scala è meramente funzionale a un più comodo utilizzo del cavedio da parte della stessa convenuta, che non si pone in contrasto con l'analogo diritto spettante agli attori.

Requisiti per l'usucapione di beni comuni in condominio

Il mero godimento di una parte comune non può integrare il possesso ad usucapionem, occorrendo la dimostrazione che il potere di fatto sia stato esercitato uti dominus e non uti condominus, ossia in modo inconciliabile con il godimento degli altri condomini.

In altre parole non è sufficiente che gli altri comproprietari si siano limitati ad astenersi dall'uso della cosa, né che il singolo condomino abbia compiuto atti di gestione consentiti al singolo proprietario.

Al contrario, è necessario dimostrare che il comproprietario usucapente ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, in modo tale, cioè, da evidenziare, al di fuori di una possibile altrui tolleranza, un'inequivoca volontà di possedere il bene in via esclusiva, impedendo agli altri ogni atto di godimento o di gestione (Cass. civ., sez. II, 09/06/2015, n. 11903).

Pertanto, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione del bene condominiale occorre, dunque, un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva; di conseguenza in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva (Cass. civ., sez. II, 09/11/2021, n. 32808).

Sentenza
Scarica Trib. Cagliari 25 novembre 2024 n. 2491
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