Non vi è dubbio, infatti, che se un condomino (o anche un terzo al condominio) si trovi ad esercitare per il tempo necessario previsto per legge il possesso di una parte comune, ricorrendone i presupposti egli potrà legittimamente promuovere presso il competente tribunale una causa al termine della quale, se l'esito sarà positivo, verrà accertato il suo diritto di proprietà sul bene in oggetto.
Le cause di usucapione presentano di per se un elevato rischio per l'attore che intenda promuoverle: egli infatti si troverà a dover dimostrare, principalmente di norma per testi, il proprio possesso continuato ed indisturbato del bene del quale reclama la proprietà.
A chi voglia iniziare un tale giudizio, pertanto, l'avvocato farà certamente presente le difficoltà di assolvere all'onere probatorio ed il conseguente rischio di soccombenza anche in punto spese legali.
Tale rischio, che ragionevolmente si riduce a qualche migliaia di euro nelle cause tra privati, si moltiplica tuttavia esponenzialmente qualora la causa debba essere presentata contro un condominio. In questo caso, infatti, trattandosi dei diritti soggettivi di tutti i condomini, non sarà sufficiente promuovere il giudizio contro il condominio in persona dell'amministratore, ma il contraddittorio andrà anzi obbligatoriamente esteso, pena inammissibilità della domanda in carenza di contraddittorio, verso tutti i condomini.
Ora: pensiamo alle difficoltà di chi voglia, ad esempio, farsi riconoscere quale proprietario in seguito ad intervenuta usucapione di una parte di giardino condominiale che, per oltre vent'anni, abbia curato come propria provvedendo anche alle relative spese, giardiniere etc…
In questo caso egli dovrà:
- Individuare tutti i condomini, compresi i comproprietari di un singolo alloggio e notificare a tutti l'atto di citazione. E non sempre in questo senso il registro anagrafico istituito dalla 220 del 2012 potrà essergli d'aiuto, dato che non è affatto detto che ogni amministratore assolva con diligenza a tale compito;
- Trovarsi a fronteggiare un numero potenzialmente numericamente molto consistente di convenuti;
- Sperare che nel corso del processo, anni di solito, nessun condomino muoia/erediti/si risposi per non dover riassumere il processo verso altri soggetti subentrati come comproprietari di un alloggio;
- Essere condannato, nel caso di soccombenza, ad una cifra per spese legali, oltre a quelle che dovrà dare al proprio difensore, di importo a più zeri
Sarà molto probabile, pertanto, che l'aspirante proprietario per usucapione rinuncerà alle proprie pretese ed abbandonerà l'idea di promuovere un giudizio che riconosca i suoi diritti.
La legge di riforma poc'anzi citata, in alcuni casi, tipo la necessità di convenire in giudizio il solo amministratore e non più tutti i condomini qualora si voglia chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore stesso, è opportunamente intervenuta semplificando ove possibile.
Questo tuttavia non si è potuto fare nel caso appunto in cui sia in discussione la proprietà di una parte comune con effetti ipoteticamente negativi per i diritti soggettivi (e non solo comuni) di tutti i condomini: in questo caso resta infatti vigente la necessità di farli partecipare tutti in giudizio, impresa questa comprensibilmente titanica. L'unica soluzione possibile sarebbe allora, ancora una volta, attribuire personalità giuridica piena (e non solo in forma attenuata come si sostiene talvolta) al Condominio. In questo caso infatti non vi sarebbe alcun dubbio che ad essere convenuto in giudizio per resistere ad una pretesa di usucapione su parti comuni sarebbe solo e soltanto l'amministratore di condominio quale legale rappresentante dello stabile.
Ad oggi, tuttavia, non essendo il legislatore intervenuto n tal senso quando ne aveva la possibilità e cioè appunto con la recente riforma del diritto condominiale, non vi è dubbio che la personalità giuridica del Condominio non vi sia se non nella fumosa forma attenuata, e che quindi di fatto l'azione di usucapione su parti condominiali comuni non si possa fare