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Trasformazione del tetto spiovente in ballatoio mediante arbitraria apposizione di ringhiera da parte di un condomino

Rimozione della ringhiera installata senza autorizzazione: la Corte d'Appello conferma che il tetto spiovente è parte comune e non può essere trasformato arbitrariamente in ballatoio da un condomino.
Avv. Eliana Messineo 
11 Lug, 2024

La Corte d'Appello di Messina, con la sentenza n. 561 del 10 giugno 2024, si è occupata di una particolare contesa avente ad oggetto la natura, condominiale o meno, di uno spazio esterno dell'edificio condominiale originariamente coperto da un tetto tegolato non calpestabile poi trasformato in ballatoio mediante apposizione di ringhiera ad opera del proprietario dell'immobile confinante, in coincidenza con i lavori di impermeabilizzazione e ripristino della copertura.

Trasformazione del tetto in ballatoio: decisione sulla ringhiera installata senza autorizzazione

I comproprietari di un immobile posto all'ultimo piano di un edificio condominiale - in occasione dei lavori deliberati dall'assemblea di manutenzione del tetto condominiale, approfittando della temporanea rimozione delle tegole effettuata per porre in essere una guaina protettiva e una nuova pavimentazione in attesa della apposizione di un nuovo tegolato più resistente - avevano installato a proprie spese e senza alcuna autorizzazione, una ringhiera in ferro lungo tutto il cordolo della parte finale della copertura del fabbricato, sul lato mare, rendendo permanente la temporanea trasformazione della parte finale del tetto spiovente in "ballatoio".

La presenza della ringhiera aveva, infatti, impedito il previsto ripristino della situazione preesistente ed aveva, di fatto, trasformato un tetto a falda con copertura a tegole in una terrazza praticabile.

A fronte di tale situazione, l'assemblea di condominio aveva deliberato di dare mandato ad un avvocato al fine di ottenere la rimozione della ringhiera da parte dei condòmini ed il ripristino della situazione precedente.

I condòmini avevano, pertanto, impugnato la delibera chiedendo che ne venisse dichiarata la nullità in quanto incidente sulla loro proprietà esclusiva in ragione della loro titolarità sul ballatoio, ed in quanto la ringhiera costituiva manufatto di sicurezza che non violava il decoro architettonico dell'edificio, nonché l'annullamento per mancata indicazione dei condomini assenzienti e dissenzienti.

Il Condominio aveva chiesto il rigetto delle domande attoree ed in via riconvenzionale che venisse ordinato loro di fare eseguire, senza ritardo a propria cura e spese, tutti gli interventi di ripristino dello stato dei luoghi e di rimozione della ringhiera in ferro installata su tetto oltre al risarcimento del danno per il denegato ripristino ed esposizione del Condominio alle eventuali conseguenze di natura amministrativa e/o civile e/o penale, da liquidarsi in via equitativa.

Il Condominio aveva, inoltre, chiesto l'accertamento della inesistenza di diritti reali o di alcuna proprietà esclusiva degli attori sul tetto di copertura del Condominio, in quanto costituente spazio condominiale comune.

Avverso la sentenza del Tribunale di Messina, i coniugi comproprietari dell'appartamento all'ultimo piano proponevano appello chiedendone la parziale riforma nella parte in cui il giudice di primo grado aveva accolto la domanda riconvenzionale tesa a dichiarare l'inesistenza di diritti reali degli attori sul tetto di copertura condominiale, in proprietà comune tra i condomini nonché nella parte in cui aveva accolto la domanda di condanna degli attori alla rimozione della ringhiera dai medesimi collocata.

Il Condominio, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domande attoree, nonché proponeva appello incidentale, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto della domanda di parte attrice volta all'annullamento della delibera assembleare per mancata indicazione dei condomini assenzienti e dissenzienti, dichiarandone piuttosto la validità, nonché l'accoglimento della domanda riconvenzionale intesa alla condanna al ripristino dello stato dei luoghi.

La Corte d'Appello di Messina ha rigettato entrambi gli appelli, principale ed incidentale, confermando la sentenza impugnata.

In particolare, la Corte ha ritenuto corretta la sentenza di primo grado nella parte in cui, in accoglimento della domanda riconvenzionale del Condominio convenuto, aveva dichiarato l'inesistenza di diritti reali dei coniugi comproprietari dell'immobile posto all'ultimo piano, sullo spazio dell'edificio oggetto della contesa accertandone la natura di tetto di copertura condominiale.

Sul punto, la Corte d'Appello ha ritenuto accertato che lo spazio oggetto di contesa fosse originariamente ricoperto di tegole - rimosse dal Condominio per porre rimedio ad un problema di umidità nell'appartamento sottostante - e che, dunque, fosse, di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, in quanto necessaria all'uso comune, svolgendo una funzione di riparo e di protezione delle unità immobiliari sottostanti.

La Corte ha, inoltre, confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accolto la domanda riconvenzionale del Condominio di rimozione della ringhiera in quanto arbitrariamente apposta su parte condominiale dell'edificio.

Sul punto, la Corte ha ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze del Condominio per diversi motivi: 1) la presenza della ringhiera sul cordolo del tetto ha impedito di portare a termine i lavori, deliberati dall'assemblea dei condomini, intesi alla eliminazione dell'umidità nell'appartamento sottostante - che prevedevano, in una prima fase, la rimozione del tegolato e la posa di una guaina impermeabilizzante e di una pavimentazione protettiva e, in una seconda fase, il ripristino dell'originaria conformazione del tetto, mediante la apposizione delle tegole precedentemente rimosse ed il ripristino della primitiva pendenza del deflusso - così alterando, al contempo, il prospetto dell'edificio; 2) l'apposizione della ringhiera, pur conformandosi alle ringhiere sottostanti per tipologia e colore, ha alterato la fisionomia architettonica dell'edificio condominiale.

Ed infatti, la realizzazione della ringhiera, lungo tutto il cordolo della parte finale della copertura del fabbricato, sul lato mare, che ha al contempo reso permanente la temporanea trasformazione della parte finale del tetto spiovente in "ballatoio", influisce sulle originali linee architettoniche impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore, riflettendosi negativamente sull'insieme armonico dello stabile, facente parte di un complesso di palazzine realizzate nello stesso stile architettonico. E ciò con pregiudizio per gli altri condomini.

Quanto, invece, all'appello incidentale relativo alla mancata condanna dei coniugi, da parte del giudice di primo grado, al ripristino, a loro cura e spese, di tutti gli interventi necessari a riportare i luoghi allo stato originale, la Corte ha ritenuto di non accoglierlo in quanto domanda nuova.

Invero, il Condominio, soltanto in sede di appello aveva specificato che al fine di poter ripristinare il tetto di copertura a falde, i coniugi avrebbero dovuto non solo rimuovere la ringhiera ma anche abbassare la quota del muretto divisorio della loro proprietà dalla restante parte del tetto.

Il tetto dell'edificio. Condominialità, proprietà esclusiva e riflessi in materia di ripartizione delle spese.

Conclusioni sull'inesistenza di diritti reali sul tetto condominiale

Il Condominio che intenda far accertare e dichiarare l'inesistenza di diritti reali, o di alcun diritto di proprietà, di un condòmino su parti ritenute condominiali ( nella specie sul tetto di copertura del condominio) deve agire con l'azione negatoria servitutis che si ritiene esperibile non solo per l'inesistenza di un diritto sostenuto da altri su di un bene condominiale, ma anche per rimuovere una situazione che comporti pregiudizio al bene medesimo.

Il condominio attore ha l'onere di comprovare di essere il proprietario del bene. Per farlo non necessita di una prova rigorosa - come quella richiesta per l'azione di rivendicazione per la quale occorre fornire la piena prova della proprietà - essendo sufficiente dimostrare con ogni mezzo ed anche in via presuntiva di possedere il bene in forza di un titolo valido.

In tal senso, secondo la giurisprudenza di legittimità, " l'azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sulla cosa dell'attore, e dunque non soltanto all'accertamento dell'inesistenza della pretesa servitù, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la libertà del fondo; peraltro, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà - neppure per aver chiesto la cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dall'altra parte - essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di untitolo valido". (cfr. Cass. civ., sez. II, 12/09/2023, n. 26321).

Nel caso in esame, è stato accertato che lo spazio oggetto di contesa fosse originariamente ricoperto di tegole rimosse dal Condominio per porre rimedio ad un problema di umidità nell'appartamento sottostante - e che, dunque, fosse, destinato ad assolvere ad una funzione di copertura dell'immobile, svolgendo una funzione di riparo e di protezione delle unità immobiliari sottostanti.

Né alcuna prova contraria è emersa, risultando al contrario dagli atti prodotti in giudizio, che l'immobile di proprietà dei coniugi attori comprendeva una piccola porzione di spazio esterno, delimitata da un muretto che divideva la loro proprietà dal resto dello spazio esterno; quest'ultimo, sin dall'origine non calpestabile in quanto interamente coperto con tegole su listelli di legno e destinato alla copertura dell'edificio.

Accertata la natura condominiale del bene conteso, non può trovare applicazione la norma di cui all'art. 1122 c.c. - che testualmente recita "Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio".

La norma di cui all'art. 1122 c.c. fa, infatti, riferimento alle opere che il singolo condòmino esegue sulla sua proprietà o sulle parti attribuite in proprietà esclusiva o destinate al suo individuale, ma non alle opere eseguite sugli spazi condominiali per i quali vale la regola generale secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Nel caso in esame, la porzione di tetto oggetto di contesa non solo non era stata attribuita in proprietà esclusiva agli attori, ma non era neanche stata destinata al loro uso individuale.

Non solo, ma l'arbitraria apposizione della ringhiera sul cordolo del tetto aveva impedito di portare a termine i lavori, deliberati dall'assemblea dei condomini, intesi alla eliminazione dell'umidità nell'appartamento sottostante - che prevedevano, in una prima fase, la rimozione del tegolato e la posa di una guaina impermeabilizzante e di una pavimentazione protettiva e, in una seconda fase, il ripristino dell'originaria conformazione del tetto, mediante la apposizione delle tegole precedentemente rimosse ed il ripristino della primitiva pendenza del deflusso.

La ringhiera realizzata dai condòmini lungo tutto il cordolo della parte finale della copertura del fabbricato, aveva al contempo alterato il prospetto dell'edificio rendendo permanente la temporanea trasformazione della parte finale del tetto spiovente in "ballatoio", ed influendo, così, sulle originali linee architettoniche (che costituiscono il decoro dell'edificio), impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque

Sentenza
Scarica App. Messina 10 giugno 2024 n. 561
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