Sorprendente l'ordinanza n. 3841 del 15 febbraio 2021, emessa dalla Corte di cassazione in materia di residenza della persona fisica; infatti, nella pronuncia, che pure deriva dall'impugnazione di sentenze risalenti a ben 6 anni prima, si dà conto con estrema lucidità dei cambiamenti del vivere sociale cui siamo divenuti avvezzi nell'ultimo decennio, vuoi a causa della crisi economica che ci trasciniamo ormai dal 2008, vuoi a causa della pandemia, che ha catalizzato alcuni processi produttivi verso l'uso preponderante della tecnologia - smart working &Co.
Trasferimento di residenza: cosa stabilisce la Cassazione
La Corte dà ragione ad una cittadina che voleva trasferire la propria residenza da un Comune ad un altro e che si era vista negare detto trasferimento perché, in seguito ai controlli della Polizia municipale presso l'abitazione dove andava trasferita la residenza, la stessa era risultata sempre assente.
Da questo il Comune aveva dedotto che la dimora abituale della cittadina fosse 'altrove' e non certamente presso l'abitazione dichiarata, così negando l'iscrizione nel Registro dell'Anagrafe.
La Cassazione cassa in parte la sentenza della Corte d'Appello, modificando il principio di diritto cui attenersi.
Infatti, sostiene la Corte, trasferire la residenza nel mondo di oggi è faccenda complessa, dato che l'aspirante residente potrebbe lavorare o studiare in un Comune diverso da quello in cui ha stabilito la propria dimora abituale e, siccome elemento imprescindibile per concedere il trasferimento rimane il controllo, ai sensi dell'art. 19 del D.P.R. 223/1989, sull'effettività della dimora abituale dell'aspirante, detto controllo dovrà essere eseguito secondo «leale collaborazione» e, in particolare, evitando di eseguire il controllo proprio nelle fasce orarie in cui l'aspirante residente potrebbe non trovarsi a casa perché impegnato nell'attività lavorativa o di studio in altro luogo.
Criteri per definire la residenza e la dimora abituale
L'art. 43 del Codice civile stabilisce che la residenza È individuata nel luogo in cui la persona (fisica) ha la dimora abituale.
Forse il lettore si chiederà perché fare tanto rumore per una cosa così banale come un tetto sulla testa, un indirizzo… Rammentiamo allora che il nostro ordinamento collega alla residenza una serie di diritti e doveri e di conseguenze per la persona fisica - la persona giuridica non ha residenza, bensì una sede.
Intorno alla residenza si giocano partite importanti, in particolare quella dell'esazione fiscale e del potere dello Stato in materia.
Ecco allora che, allo scopo di evitare, tra gli altri, un 'turismo fiscale', cioè che le persone spostino la propria residenza a seconda della convenienza fiscale, è necessario adottare criteri particolarmente severi per accordare l'iscrizione presso l'elenco dei residenti in una data località.
Nel caso concreto, i Giudici di legittimità menzionano anche i casi in cui la residenza viene trasferita presso una nota località turistica allo scopo di evitare di dover corrispondere la tassa imposta dalla località ai soggetti non residenti che vi si recavano in periodo di ferie - da qui si comprende la necessità che i controlli siano seri.
Nella pronuncia in esame, la Corte spiega ampiamente, citando sé stessa, cosa si debba considerare come residenza e, pertanto, come dimora abituale.
Innanzitutto, devono sussistere l'abitualità e la volontà di dimorare in un certo luogo.
Cambio di residenza, come si verificano questi elementi?
Per essere efficace, la Corte ha elaborato il concetto di elemento oggettivo e soggettivo della residenza; l'elemento oggettivo è dato dalla permanenza, cioè dalla costanza nel tempo dell'abitare del soggetto presso il medesimo luogo; l'elemento soggettivo deriva invece dalla volontà del medesimo soggetto di abitare stabilmente (in modo permanente) in un certo luogo.
Come si fa ad apprezzare materialmente l'elemento soggettivo? Si guarda alle consuetudini di vita dell'aspirante residente e dallo svolgimento delle sue relazioni sociali.
Cosa accade se l'aspirante residente intende abitare stabilmente presso il Comune A. ma lavora o studia presso il Comune B?
Apparentemente, il fatto di 'abbandonare' la dimora in A per recarsi ogni giorno o a periodi regolari presso B dovrebbe interrompere il nesso di permanenza richiesto dall'art. 43 c.c.
A tale scopo e per fugare ogni dubbio, la Cassazione specifica che le esigenze lavorative o di studio non possono impedire di riconoscere l'abitualità della dimora nel Comune in cui si desidera trasferire la residenza; ciò che conta è che costui conservi in detto Comune la propria abitazione, vi ritorni quando possibile e mantenga qui il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
A questo punto, la Cassazione riflette sulla società alla quale la sua decisione si rivolge, usando queste medesime parole:
«Le argomentazioni sopra enunciate assumono una valenza ancor più pregnante nell'epoca attuale che è caratterizzata da una pluralità di centri di interesse personali, da una più agevole e rapida possibilità di spostamento da una località all'altra (alta velocità ferroviaria, accesso low cost al trasporto aereo, etc.) e da nuove e alternative modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (come lo smart working, già in atto e diffuso ben prima dell'emergenza COVID '19, anche se non nelle ragguardevoli dimensioni che ha raggiunto a causa della stessa), che non impongono più al lavoratore di recarsi necessariamente ogni giorno nella sede di lavoro, pur conservando in tal modo uno stabile collegamento con la medesima.»
Effettivamente, dopo l'anno che ci lasciamo alle spalle, 'casa' è diventato il luogo ove possiamo ricevere una consegna Amazon o una food delivery, con buona pace delle «relazioni familiari e sociali» che, causa le misure anti - pandemia, hanno sofferto una grave battuta di arresto in un mondo che già spingeva, alquanto paradossalmente, all'isolamento sempre più spinto per favorire la connessione (on line) sempre più intensa… ma tant'è.
Tornando all'interpretazione delle norme, come fare quindi a stabilire quando si può dire che l'aspirante residente abbia effettivamente stabilito la propria dimora abituale nel Comune in cui desidera ottenere la residenza? Secondo la Cassazione, non serve che la permanenza in quel luogo si sia già protratta nel tempo e che detto periodo sia più o meno lungo, perché basta la fissazione della dimora in quel luogo con l'intenzione di rimanerci.
Come evitare abusi, in particolare il 'turismo fiscale' cui accennavamo sopra?
Ecco il vademecum dato dai Giudici di legittimità: se l'aspirante residente si reca nel luogo in cui intende stabilirsi solamente nei periodi di ferie o vacanze oppure quando il soggiorno è più appetibile da un punto di vista climatico o comunque in periodi circoscritti nel tempo, allora possiamo essere certi che non si tratti di 'dimora abituale', proprio come non diventa la nostra dimora l'albergo o il bed&breakfast o la casa di un amico dove pernottiamo durante una vacanza o un impegno lavorativo temporaneo.
Quanto al concordare i controlli con il Comune in cui si intende trasferire la residenza, dobbiamo fare chiarezza: ovviamente la Corte non sta affermando che il Comune dovrà recarsi presso l'abitazione per i controlli solamente nei momenti o nelle fasce orarie indicate dall'aspirante residente - come argomentato, peraltro, dalla cittadina che aveva impugnato la decisione del Comune di cui alla pronuncia.
È in realtà vero il contrario; si ritiene che l'aspirante residente, all'atto della richiesta di trasferimento della residenza, dovrà indicare le motivazioni di lavoro o studio che lo portano ad essere assente dall'abitazione in cui intende trasferire la residenza e le fasce orarie di assenza.
Dal canto suo, il Comune destinerà la propria Polizia Municipale ed eseguire i controlli nelle fasce orarie che, per deduzione, dovrebbero vedere la presenza dell'aspirante residente presso l'abitazione.
Ciò corrisponde a logica e contempera il diritto alla residenza con il dovere dei controlli amministrativi: infatti, se comunico che lavoro dalle 8 alle 19, un controllo eseguito alle 20 di sera, durante il quale io non venga rinvenuto a casa, porterà alla logica conseguenza per cui io non dimoro effettivamente lì.
Il controllo rimarrà comunque 'a sorpresa', in quanto sarà pur sempre l'organo deputato a scegliere il giorno della settimana e uno tra gli orari indicati in cui effettuare il controllo.