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Revoca giudiziale dell'Amministratore: termini per il reclamo e limiti di ammissibilità del ricorso per Cassazione

Aspetti processuali del procedimento di revoca dell'amministratore in una recente pronuncia della Suprema Corte.
Avv. Lorenzo Cottignoli - Foro di Bologna 

La domanda di revoca giudiziale dell'amministratore condominiale.

Come noto, a fronte delle ipotesi previste dall'art. 1129 c.c., co. 11 e 12 c.c. (da considerarsi non esaustive), è possibile ricorrere al Tribunale per richiedere la revoca giudiziale dell'amministratore condominiale.

In alcuni casi, e specificamente in quelli relativi a contestazione di gravi irregolarità fiscali o di mancata apertura del conto corrente condominiale, la domanda va preceduta da una convocazione di assemblea che deliberi in merito. Diversamente, si può procedere direttamente con ricorso.

Secondo una corrente giurisprudenziale di merito, la domanda di revoca dovrebbe essere preceduta da una domanda di mediazione. Tale obbligo appare, tuttavia, stridente sia con la natura di volontaria giurisdizione del procedimento di revoca, sia con l'esigenza di celerità ed urgenza cui lo stesso è ispirato e che - come vedremo qui di seguito - spinge il legislatore a restringere al minimo anche i tempi di impugnazione dei decreti che lo definiscono.

Qui di seguito un dettagliato approfondimento sul procedimento e sui suoi profili assembleari e processuali:

Il decreto del Tribunale: termini per il reclamo in Corte d'Appello.

All'esito della discussione del ricorso, che avviene in camera di consiglio, e dopo aver sentito l'amministratore, in contraddittorio con il ricorrente, ai sensi dell'art. 64 disp. att. C.c., il Tribunale decide con decreto motivato. Tale decreto è impugnabile, mediante reclamo, avanti alla Corte d'Appello competente.

Vediamo, tuttavia, quali specificità caratterizzano i termini per reclamare il decreto del Tribunale.

Di norma, il reclamo avverso il decreto del Tribunale nei procedimenti di volontaria giurisdizione è disciplinato dall'art. 739 c.p.c. il quale, al primo comma, prevede che "contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio". Parimenti lo stesso art. 64 disp. att. C.c., prevede che "contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d'appello" tuttavia tale norma contiene una specifica previsione, molto più restrittiva, in relazione ai termini di impugnazione.

Casistica di reclamo depositato al Garante e successiva richiesta di verifica da parte dell'Autorità

Stando, infatti, al dettato dell'art. 739 c.p.c., il reclamo dovrebbe essere proposto "nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti".

Va qui svolto un distinguo tra la comunicazione, effettuata a cura della Cancelleria, oggi normalmente tramite PEC ai difensori delle Parti costituite, come prevista dall'art. 136 c.p.c. e la notificazione, intesa come l'attività di cui all'art. 137 c.p.c., svolta mediante ufficiale giudiziario od in proprio dal difensore che ne sia abilitato.

Dunque, a mente dell'art. 739 c.p.c., il termine per proporre reclamo si differenzia sulla base della tipologia di procedimento, se svolto in confronto di una sola parte o in confronto di più parti: a tale seconda specie appartengono i procedimenti per revoca giudiziale dell'amministratore.

Mentre per i procedimenti in confronto di una sola parte il termine, di giorni dieci, decorre dalla comunicazione del provvedimento a cura della Cancelleria, per i procedimenti in confronto di più parti il termine decorre dalla - eventuale - notificazione del provvedimento, a cura della parte che ne abbia interesse.

Tuttavia, tale previsione confligge con il disposto di cui all'art. 64 disp. att. C.c., da ritenersi norma speciale, la quale, in deroga a quanto sopra, prevede espressamente che il reclamo avverso il provvedimento del Tribunale che decide sulla revoca giudiziale dell'amministratore possa essere proposto solamente entro il termine di dieci giorni, siano essi decorrenti dalla notificazione o dalla comunicazione, indifferentemente.

Dunque, a fronte della sola comunicazione di Cancelleria, nonostante non si tratti di un procedimento nei confronti di una sola parte, ed in deroga a quanto disposto dall'art. 739 c.p.c., decorre il termine perentorio di giorni dieci per presentare reclamo avverso il provvedimento del Tribunale.

La decisione della Suprema Corte.

Nell'erronea interpretazione del combinato disposto degli artt. 739 c.p.c. e 64 disp. att. C.c. cadeva la parte ricorrente che adiva la Corte di Cassazione, nella sentenza qui in commento, avverso il decreto della Corte d'Appello di Palermo, che dichiarava inammissibile per tardività il reclamo proposto avverso il decreto del Tribunale di Palermo, di rigetto della domanda di revoca giudiziale di amministratore condominiale.

La ricorrente, invero, aveva ritenuto tempestivo il reclamo presentato, sulla scorta della previsione della norma codicistica, senza tenere conto, evidenzia la Corte di Cassazione, della espressa previsione dell'art. 64 disp. att. C.c.

Nella specie, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. veniva incentrato su due diversi motivi di impugnazione. Col primo motivo, per l'appunto, si affermava la tempestività del reclamo proposto, adducendo una erronea interpretazione della Corte d'Appello, mentre col secondo motivo si lamentava l'erroneità della condanna alle spese, patita dalla ricorrente, in applicazione dell'art. 91 c.p.c. non essendovi, asseritamente, alcuna soccombenza.

Entrambi i motivi vengono rigettati dalla Corte di legittimità.

Il primo, per manifesta inammissibilità: come noto, è pacifico orientamento della Suprema Corte ritenere inammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento che decide sulla revoca giudiziale dell'amministratore, in quanto avente natura di provvedimento di volontaria giurisdizione. "Non sono dunque ammissibili" - conferma la Corte della nomofilachia - " le censure proposte sotto forma di vizi in iudicando o in procedendo", e tra i vizi in procedendo, in quanto attinenti a termini processuali, va ascritta la tardività del reclamo proposto avanti alla Corte d'Appello avverso il provvedimento del Tribunale.

Revoca dell'amministratore di condominio. Inammissibile il ricorso per Cassazione

Il secondo motivo appare invece ammissibile, in quanto, quale unica eccezione al principio di diritto statuito, la Corte di Cassazione reputa da essa conoscibile il ricorso "avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo".

Anche tale motivo di impugnazione viene, tuttavia, rigettato, dacché, "agli effetti del regolamento delle spese processuali la soccombenza ben può essere determinata, anziché da ragioni di merito, da ragioni di carattere processuale tra cui, come nel caso in esame, l'assunta inammissibilità del reclamo."

Conclude la Corte indicando, tra le righe, una diversa strada alla parte ricorrente: essa insegna come il decreto col quale la Corte d'Appello dichiara inammissibile il reclamo, per tardività dello stesso, "comunque non costituisce "sentenza", ai fini ed agli effetti di cui all'art. 111, comma 7, Cost., essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, né il diritto dell'amministratore allo svolgimento del suo incarico."

La Corte stessa prosegue, e conclude, deducendone che tale provvedimento, conseguentemente, non è "suscettibile di acquisire forza di giudicato", poiché "la pronuncia di inammissibilità resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale, e non può pertanto costituire autonomo oggetto di impugnazione per cassazione, avendo la pronuncia sull'osservanza delle norme processuali necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato" (Cass. 22 settembre 2020 n. 19859).

Sentenza
Scarica Cass. 22 settembre 2020 n. 19859
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