La fattispecie è data dalla decisione della Corte di Appello di Roma n. 5958 del 29 settembre 2022 (si riportano le date nel caso di specie perché aiutano a comprendere meglio la fattispecie ed i suoi principi)
Impugnazione tardiva e revoca dell'amministratore: introduzione al caso
Alcuni condomini impugnano la decisione del tribunale la quale aveva concluso per la sua inammissibilità per tardività in violazione dell'art. 1137 c.c. con condanna alle spese di giudizio.
Gli stessi promuovono appello rilevando che questa sentenza doveva essere riformata per quanto deciso dal tribunale compreso in punto spese. Inoltre nel merito domandano di dichiarare invalida, nulla e/o annullare la delibera del condominio condannando il medesimo alla rifusione delle spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio.
L'appellato condominio si costituisce e chiede in via preliminare di dichiarare inammissibile l'atto di appello in ottemperanza a quanto disposto dal novellato art. 342 c.p.c. e, per i motivi sopra esposti anche ex art. 348 bis c.p.c. in prima udienza, anche inaudita altera parte, in quanto l'appello non ha ragionevole probabilità di essere accolto.
Nel merito, ove ritenuto l'appello ammissibile, confermare la sentenza di primo grado per le ragioni suesposte In ogni caso con vittoria di spese.
Precisate le conclusioni, la causa viene presa in decisione con concessione delle memorie conclusionali e note di replica.
Revoca dell'amministratore e impugnazione: esito della Corte di Appello
L'appellante in primo luogo si duole dell'illegittimità della sentenza di primo grado stante la violazione e falsa applicazione dell'art. 1137 c.c. Infatti il Tribunale di Roma ha considerato tardiva la domanda di annullamento della delibera perché ha fatto decorrere i 30 giorni previsti dall'art. 1337 c.c. dalla notifica del ricorso per decreto ingiuntivo, senza peraltro considerare l'intervenuta procedura di mediazione obbligatoria attivata dagli attori con cui i termini per l'impugnazione si erano sospesi, come dettato dalle norme in tema di mediazione.
La Corte di Appello ritiene corretta questa osservazione.
Ed infatti dall'istruttoria si ricava che gli odierni appellanti erano assenti all'assemblea condominiale in oggetto e non avevano avuto formalmente alcuna comunicazione della relativa delibera, della quale venivano a conoscenza solo perché la stessa veniva allegata al decreto ingiuntivo proposto dal condominio per il pagamento degli oneri condominiali ripartiti sulla scorta del bilancio consuntivo ivi approvato.
Vi è poi in atti che il decreto ingiuntivo veniva notificato in data 29 aprile 2014 e che in data 21 maggio 2014 gli attori attivavano la procedura di mediazione obbligatoria terminata con esito negativo il 21 luglio 2014, per poi notificare l'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado in data 26 luglio 2014.
Posto che la conoscibilità della delibera impugnata nella sfera giuridica degli odierni appellanti va ancorata- come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità in maniera univoca - non alla data di notificazione del decreto ingiuntivo bensì a quella di proposizione dell'opposizione (che nella specie è datata 8.06.2014) risulta che sia stata ritualmente proposta la procedura di mediazione, intervenuta prima della scadenza del quarantesimo giorno utile per l'opposizione, così come appare tempestiva la notifica dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, datata 26 luglio 2014, poiché segue di soli cinque giorni la data dell'esito negativo della procedura obbligatoria di mediazione, il 21 luglio 2014, la quale ultima costituisce il dies a quo per la ripresa dei termini ex art 1137 c.c., sospesi durante tutto il periodo della procedura di mediazione.
La formulazione utilizzata dal legislatore nell'art. 5 D.Lg. n. 28 del 2010 ("impedisce la decadenza") e l'individuazione di un nuovo termine di decorrenza in caso di fallimento della mediazione escludono infatti di poter concludere per la tardività dell'azione giudiziale.
La Corte pertanto, in accoglimento del motivo di appello ed in riforma della gravata sentenza, dichiara ammissibile la domanda degli appellanti.
Questi hanno anche promosso un secondo motivo di doglianza della sentenza di primo grado: l'illegittimità della sentenza in esame per omessa pronuncia nel merito, per cui ripropone ex art. 346 c.p.c. i motivi di impugnazione della delibera assembleare, sottoponendoli all'esame della Corte.
Gli appellanti dicono che l'amministratrice del condominio, già precedentemente revocata con decreto del Tribunale non avrebbe potuto legittimamente convocare l'assemblea del 19.12.2012 ponendo al punto 1 dell'ordine del giorno l'approvazione del bilancio consuntivo relativo all'esercizio 2011 con relativa ripartizione degli oneri condominiali e neppure far deliberare su un argomento non inserito all'ordine del giorno quale l'approvazione del consuntivo dell'anno 2012 con determinazione delle quote a consuntivo di pari importo rispetto a quelle stabilite per l'esercizio dell'anno precedente.
Anche su questo punto la Corte dà loro ragione.
Infatti in ragione delle decisioni giurisprudenziali più recenti, l'amministratore del condominio, revocato dall'autorità giudiziaria, è tenuto preventivamente a rendere il conto della sua gestione e a rimettere ai condomini tutto ciò che ha in cassa, oltre al fatto che la revoca giudiziale dell'amministratore comporta l'immediata cessazione del rapporto di mandato esistente tra lo stesso ed il condominio, non trovando applicazione in tale ipotesi - contrariamente a quelle di scadenza del mandato, dimissioni o mancato rinnovo dell'incarico - l'istituto della c.d. prorogatio dei poteri.
"L'amministratore del condominio, che sia stato revocato dall'autorità giudiziaria, è tenuto, ai sensi dell'art. 1713 c.c., a rendere il conto della sua gestione e a rimettere ai condomini tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dall'esercizio cui le somme si riferiscono, ancorché non operi, in tal caso, alcuna "perpetuatio" o "prorogatio" di poteri in capo ad esso, non essendo ravvisabile una presunta volontà conforme dei condomini in tal senso ed essendo anzi la revoca espressione di una volontà contraria alla conservazione dei poteri di gestione" (Cassazione civile sez. II, 08/07/2021, n.19436).
Nella fattispecie esaminata, si ha dalla documentazione prodotta che l'amministratrice sia stata revocata dall'incarico con decreto del Tribunale di Roma a causa di mala gestio nell'espletamento dell'incarico, non avendo tra l'altro approvato i bilanci degli anni precedenti alla revoca: da ciò consegue che la stessa non avrebbe potuto validamente inserire all'ordine del giorno l'approvazione del consuntivo 2011 e neppure far deliberare sull'approvazione del consuntivo 2012, argomento quest'ultimo neppure inserito all'ordine del giorno, dovendosi piuttosto limitare a rendere il conto della sua gestione, a rimettere ai condomini tutto ciò che aveva in cassa e far deliberare in merito alla nomina di nuovo amministratore.