Con sentenza emessa in data 23.12.2021, la Corte di Appello di Palermo, rigettava gravame proposto dall'appellante-terzo creditore, avverso pronuncia emessa dal Tribunale di Palermo, contro l'appellato-amministratore di condominio, affinché venisse dichiarata la legittimazione passiva del detto capo condomino, e condannare lo stesso al risarcimento danni di euro 17.758,00, sempre in favore dell'appellante, con vittoria di spese dei due gradi di giudizio
Con il giudizio di prime cure, il giudice palermitano rigettava la domanda attorea per difetto di legittimazione passiva dell'amministratore di condominio, in ordine alla formulata richiesta di risarcimento, ponendo a fondamento della pronuncia che l'azione sarebbe dovuta essere intentata nei confronti del condominio.
Infatti, la mancata comunicazione da parte dell'amministratore di condominio che non rispondeva reiteratamente alla richiesta dell'elenco dei condomini morosi, così come previsto dall'art. 63 disp. att. c.c., comporta sì un'azione di risarcimento però nei confronti dell'ente condominio e non contro il capo condomino.
Anche il giudice del gravame (Corte d'Appello), rigettava l'appello ritenendolo infondato, confermando in toto la decisione di primo grado, con condanna alle spese di lite.
Il diritto di accesso dei terzi creditori all'elenco dei condomini morosi
Il codice civile recita con l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. "… è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi".
Sulla scorta di quanto contenuto nella disposizione summenzionata, l'amministratore di condominio, nella qualità di legale rappresentante dell'ente di gestione, è tenuto a comunicare ai creditori, non ancora soddisfatti, i dati dei condòmini morosi e il suo immotivato rifiuto risulta essere contrario al canone di buona fede, dovendosi a tale riguardo intendersi "un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica" (Trib. Avezzano, 1° marzo 2016; Trib. Pescara 26 febbraio 2016; Trib. Pescara, 27 ottobre 2014).
I creditori terzi che non ricevono tale comunicazione dei dati dall'amministratore, possono intentare azione ex art. 702 bis c.p.c., al fine di ottenere dal Tribunale competente ordinanza di condanna alla consegna della documentazione richiesta, per proseguire nell'azione di recupero come stabilito dall'art. 63, comma 2, disp.att. c.c.
Tra l'altro, in caso di reiterato inadempimento da parte del capo condomino a fornire i dati richiesti, il giudice può accogliere anche l'istanza promossa dal ricorrente, ex art. 614 bis c.p.c., nei confronti del condominio al pagamento di una penale da ritardo nell'esecuzione (cfr. Trib. Napoli 15 febbraio 2019 - nel caso di specie sanzione di euro 50,00 per ogni giorno di ritardo).
Questa norma, introdotta nel nostro ordinamento con la l. n. 69/2009, prevede la c.d. penalità di mora, consentendo al giudice di applicare, su istanza del creditore, una misura accessoria al provvedimento di condanna principale che obbliga il resistente a pagare una somma di denaro per ogni unità di tempo di ritardato adempimento, perseguendo lo scopo di incentivare il resistente all'adempimento di obblighi non facilmente coercibili.
Difetto di legittimazione passiva dell'amministratore in proprio
Va precisato che per i danni occorsi in capo al creditore-terzo per il ritardo o mancata comunicazione, ricorre il difetto di legittimazione passiva dell'amministratore convenuto in proprio e non nella qualità, dato che, se è vero che è illegittimo il comportamento omissivo dell'amministratore il quale, rifiutandosi di fornire i dati o producendoli in maniera incompleta, ostacola l'esecuzione di un provvedimento giudiziale, nondimeno, alla luce del principio di rappresentanza del condominio in capo allo stesso, tale comportamento omissivo finisce per riverberarsi solo sul condominio medesimo, il quale ne è responsabile nei confronti dei terzi (Trib. Napoli 23 settembre 2016; Trib. Torino, 18 maggio 2016).
Di conseguenza, è il condominio e non l'amministratore in proprio a rispondere nei confronti del creditore procedente e, anzi, è lo stesso condominio, proprio in virtù del rapporto di mandato, che potrebbe rivalersi sull'amministratore per eventuali danni causati dalla mancata comunicazione dei dati, da intendersi come cattiva gestione della cosa condominiale.
Pertanto, si condivide la decisione del giudice del gravame, che ha correttamente ritenuto legittimato passivo il condominio e non l'amministratore, per quanto attiene la mancata comunicazione dei dati dei condomini morosi.
Tale orientamento è stato recepito dalla Suprema Corte a Sezione Unite, con pronuncia del 16 febbraio 2016, n. 2951.
Intervento del Garante nazionale sulla mancata risposta dei dati dei condomini morosi
La mancata risposta alla richiesta di accesso agli atti entro i termini da parte dell'amministratore, portava al deposito di un reclamo dinanzi al Garante, in quanto si assumeva di non essere a conoscenza se l'amministratore p.t. avesse ricevuto formale incarico di Responsabile del trattamento dei dati ad opera del condominio, che sussistevano valide motivazioni per ritenere che i dati personali del medesimo fossero stati forniti a terzi senza il necessario consenso e che pertanto era stato indotto a proporre istanza di accesso agli atti ex art. 15 GPDR dell'esistenza del trattamento, delle sue finalità e delle categorie dei dati personali trattati.
A seguito dell'istanza, il Garante Nazionale con nota del 15 febbraio 2019, richiedeva di riscontrare la richiesta dell'interessato entro i 30 giorni e invitava il condominio e l'amministratore a fornire idonee garanzie circa l'attività di adeguamento svolta a quel momento e che si intendeva svolgere per essere conformi alla normativa.
La domanda del reclamante era invece circoscritta a voler sapere se vi fosse stata la nomina dell'Amministratore quale Responsabile del trattamento dei dati del Condominio e se, a tale titolo, posta la mancanza di consenso esercitato dall'interessato, venivano comunque trattati i dati del conduttore ad eventualmente se venivano anche comunicati a terzi soggetti.
Allegata alla memoria, nella quale si sono evidenziati i descritti punti in fatto ed in diritto, si è depositata la documentazione relativa all'attività di compliance effettivamente effettuata dallo Studio di amministrazione sia in relazione alla propria attività e sia in relazione al Condominio in questione, quali: informative ai titolari dei diritti reali, ai conduttori, informative per attività extra mandato, nomina del responsabile amministratore per ogni condominio gestito, nomina dei fornitori come sub responsabili seguendo le indicazioni previste dal GDPR, documentazione corretta per i condomini con impianto di videosorveglianza (verbale assembleare corretto nomine dei responsabili, informative brevi e complete), nomine degli addetti per i dipendenti dei condomini (portieri), documentazione per lo Studio di amministrazione (manuale operativo, informative extra mandato, nomine per i responsabili fornitori di studio, per gli addetti dipendenti/collaboratori, materiale per videosorveglianza e per il sito; si è prodotta evidenza documentale dell'avvenuta formazione, audit effettuata da consulente specializzato esterno, analisi dei rischi con relativa valutazione e registri dei trattamenti.
Infine, si è fornita la prova della consulenza "specialistica" effettuata ai sensi del Considerando 81 GDPR.
All'esito dell'invio della documentazione, in data 09 settembre 2019, il Garante ha così statuito: "Alla luce di quanto rappresentato nella suddetta nota e del riscontro ivi fornito..., si ritiene, con riferimento agli specifici profili di competenza di questa Autorità sottesi alla vicenda oggetto di contestazione, che non sussistono i presupposti per promuovere l'adozione di un provvedimento prescrittivo o inibitorio da parte del Collegio".
In conclusione, il provvedimento in questione ha evidenziato due importanti aspetti: da un lato il potere ispettivo e di verifica del Garante che, a fronte di una richiesta agli atti circoscritta, provvedeva ad estendere il tema della domanda al fine di verificare la conformità al Regolamento a 360 gradi; dall'altro, evidenzia che il percorso di adeguamento comprendente l'uso della documentazione corretta, la formazione, la consulenza e assistenza, l'analisi dei rischi e il registro dei trattamenti è quanto realmente occorre per essere conformi alla normativa ed evitare il rischio di spiacevoli sanzioni o azioni risarcitorie in capo al condominio e all'amministratore.