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Superbonus, appalto, versamento di caparra e saldo, totale inadempimento dell'impresa: come può reagire il committente?

Caso di un'impresa che non ha eseguito le opere commissionate e nemmeno si è presentata in giudizio per difendersi.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
14 Feb, 2024

In linea generale occorre rammentare che l'art. 1385 c.c., comma primo, stabilisce che se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta; inoltre, l'art. 1385 c.c., comma secondo, prevede che se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.

Pertanto, in base alle norme sopra riportate, qualora le parti abbiano contrattualmente previsto la dazione di una somma a titolo di caparra confirmatoria, in caso di successivo inadempimento contrattuale della parte che ha ricevuto la caparra, l'altra parte ha diritto a chiedere la restituzione di una somma pari al doppio della caparra da essa corrisposta.

A tale proposito si segnala una vicenda presa in considerazione dal Tribunale di Treviso (sentenza n. 1690/2023).

Superbonus, appalto e inadempimento dell'impresa: la reazione del committente. Fatto e decisione

Il titolare di un immobile commissionava, con citato contratto d'appalto, una serie di interventi edilizi di ristrutturazione da eseguirsi presso la propria abitazione, usufruendo del c.d. "Superbonus 110%". Il committente rispettava gli impegni contrattualmente presi, versando il corrispettivo pattuito in due tranches (caparra confirmatoria e saldo); l'intento del committente era quello recuperare detto corrispettivo attraverso facoltà di cedere il credito d'imposta maturato a seguito della realizzazione dei predetti interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico. Le opere però non venivano realizzate.

Il committente si rivolgeva al Tribunale, al fine di sentir pronunciare la risoluzione del contratto di appalto, per inadempimento grave dell'impresa edile convenuta, nonché al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale asseritamente patito, per l'importo complessivo di € 17.228,00 (di cui € 4.000,00 a titolo di restituzione del doppio della caparra versata; € 8.228,00 a titolo di restituzione del saldo versato a mezzo bonifico bancario dall'attore in esecuzione al contratto d'appalto; € 5.000,00 a titolo di danno da "perdita di chances" e ciò per aver perso la possibilità di svolgere lavori di ristrutturazione della propria abitazione giovandosi del c.d. "Superbonus 110%").

Del resto, come evidenziava l'attore, la ditta convenuta si è resa totalmente inadempiente in relazione alle prestazioni su di lei gravanti nonostante i reiterati solleciti. Il Tribunale ha accolto la domanda di risoluzione del contratto formulata dal committente.

Il giudicante ha notato come l'attore abbia prodotto il contratto di appalto (che costituisce il titolo, ossia la fonte negoziale, della propria domanda) e abbia allegato l'inadempimento della controparte.

Spettava alla ditta convenuta l'onere di provare o di aver adempiuto o l'esistenza di un fatto modificativo e/o estintivo che l'abbia esonerata o impedita ad adempiere alle obbligazioni su di lei gravanti. Tuttavia, come ha evidenziato il Tribunale, la ditta non si è nemmeno costituita in giudizio.

Per quanto riguarda il risarcimento dei danni il Tribunale non ha accolto pienamente le richieste dell'attore.

Quest'ultimo infatti, col proprio atto introduttivo, ha proposto in via principale la domanda di risoluzione e risarcimento integrale del danno patrimoniale sofferto; di conseguenza - come giustamente sottolineato dal giudicante - il titolare dell'immobile non aveva titolo per ottenere anche la restituzione del doppio della caparra versata in esecuzione al contratto.

In ogni caso l'attore non è riuscito a provare, secondo un rigoroso giudizio di probabilità, che se non vi fosse stato l'inadempimento della convenuta l'attore avrebbe potuto giovarsi del bonus fiscale (nulla è stato allegato e provato in proposito), né conseguentemente che avrebbe potuto conseguire una qualche utilità economica. La domanda di risarcimento del danno da perdita di chance non è stata accolta.

In ogni caso la convenuta è stata condannata a restituire le prestazioni pecuniarie, ricevute in esecuzione del contratto, comprensive di interessi che sono dovuti dal momento del pagamento (caparra confirmatoria più saldo).

I giudici supremi spiegano la differenza tra caparra confirmatoria e clausola penale.

Risoluzione del contratto e risarcimento: incompatibilità tra le azioni legali

La Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 14/01/2009, n. 553) ha chiarito che i rapporti tra l'azione di risoluzione e condanna al risarcimento integrale dei danni ex art. 1453 c.c. e l'azione di recesso per la restituzione del doppio della caparra ex art. 1385 c.c. sono di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale.

Ne consegue che, proposta la domanda di risoluzione, volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni subiti (richiesta fatta dall'attore nella vicenda esaminata), non potrà ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con richiesta di restituzione del doppio della caparra versata in esecuzione al contratto.

Sotto diverso profilo occorre osservare che la chance non deve essere valutata in relazione al risultato atteso, ma in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile: infatti, non è il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo a costituire l'oggetto della pretesa risarcitoria (Cass. civ., sez. III, 26/06/2020, n.12906).

In ogni caso l'accoglimento della domanda risarcitoria presuppone comunque la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta e deve pertanto escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici, dipendenti da condizioni incerte.

Sentenza
Scarica Trib. Treviso 28 settembre 2023 n. 1690
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