Il particolare caso che andiamo a vedere è tratto dalla sentenza del Tribunale di Palermo n. 4895 del 1 dicembre 2022
Alloggio intestato in modo fittizio alla compagna e problemi di usucapione: la vicenda
Un alloggio viene intestato in modo fittizio alla compagna di un uomo, effettivo compratore, che si è appena separato che non vuole far vedere alla ex moglie ciò di cui è proprietario.
La donna, dopo alcuni anni di convivenza, deve recarsi in altra città per lavoro e così la relazione personale termina per via della lontananza. Un anno dopo il signore trova altra compagna con cui sta insieme per ben 35 anni in detto alloggio.
Il signore muore e la donna continua a vivere nel loro nido sino a che un giorno si trova a non riuscire ad entrare in casa perché la serratura è stata cambiata dal figlio della prima donna.
La seconda quindi adisce il tribunale per far accertare l'avvenuto acquisto dell'immobile per usucapione da parte del decuius oltre al testamento con cui questi le ha legato l'immobile. In subordine ha chiesto anche l'avvenuto suo acquisto per usucapione, stante il trascorso di totali 40 anni di convivenza e abitazione.
Costituitisi in giudizio, i convenuti hanno eccepito in via preliminare il difetto di legittimazione attiva dell'attrice, alla quale sarebbe a loro dire precluso agire per la tutela giurisdizionale di un diritto soggettivo spettante non già a lei bensì al deceduto, e nel merito hanno contestato la fondatezza tanto della domanda di usucapione proposta in via principale quanto di quella articolata in subordine, deducendo che l'utilizzo che negli anni il signore aveva fatto dell'appartamento era dipeso esclusivamente dalla tolleranza degli eredi della prima compagna, odierni convenuti, i quali per amicizia avevano lasciato che lo stesso vi si recasse di tanto in tanto per immergersi nei ricordi della defunta.
Istruita la controversia, si arriva in decisione.
Il giudice rileva che deve in via preliminare essere rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata da parte convenuta. Com'è noto, l'acquisto del diritto per usucapione avviene per legge, nel momento in cui matura il termine previsto dalle norme del codice civile (artt. 1158 e ss. c.c.) e costituisce orientamento ormai consolidato della giurisprudenza che l'accertamento giudiziale dell'intervenuta usucapione dà luogo a una sentenza avente natura dichiarativa e non costitutiva (Cass. ord. n. 7853/2018 e Cass. sent. n. 2485/2007).
Questa natura dichiarativa si evince, tra l'altro, dalla circostanza che, in base all'art. 2651 c.c. la trascrizione della stessa ha natura di pubblicità-notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire la completezza dei pubblici registri.
Acquisto di proprietà per usucapione: condizioni e requisiti
In effetti, la previsione contenuta nell'art. 2651 c.c. non è coordinabile né con le regole dettate dall'art. 2644 c.c. - inerenti alla risoluzione dei conflitti tra più aventi causa dal medesimo dante causa - né con quanto stabilito dall'art. 2650 c.c. relativamente alla necessaria continuità delle trascrizioni.
Deve quindi pervenirsi alla conclusione che un bene immobile acquisito per usucapione dal de cuius è da considerare ricompreso nell'asse ereditario, pur in mancanza di una sentenza accertativa di tale diritto. Ne deriva che - in caso di contestazione - non può negarsi all'erede o al legatario, al quale il bene sia pervenuto in forza di successione (legittima o testamentaria), il concreto interesse ad agire per ottenere l'accertamento giudiziale dell'avvenuto acquisto per usucapione in capo al de cuius suo dante causa, che si traduce, com'è evidente, nell'accertamento che il bene in questione facesse parte dell'asse ereditario al momento del decesso di quest'ultimo e, quindi, della validità dell'acquisto mortis causa in favore dell'erede o legatario.
Ciò premesso, la domanda formulata in via principale dall'attrice è fondata e merita accoglimento.
La prova dell'animus e corpus possidendi
Come noto, chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del "corpus" ma anche dell'"animus possidendi".
In particolare l'attore deve provare di avere esercitato sulla cosa un potere di fatto corrispondente all'esercizio della proprietà e, parimenti, deve provare di avere posseduto con l'animus del proprietario.
Ai fini del perfezionamento della fattispecie acquisitiva del bene per usucapione è altresì necessario che il possesso sia stato acquistato in modo pacifico ovverosia senza violenza o clandestinità, che si sia protratto per un periodo ventennale, per quanto attiene ai beni immobili, che sia stato esercitato in modo non equivoco ingenerandosi altrimenti nei terzi il dubbio circa la effettiva intenzione dell'interessato.
Tanto premesso, per quel maggiormente rileva nel caso di specie, sarà utile rammentare le peculiarità del possesso ad usucapionem e le differenze rispetto alla diversa situazione della detenzione.
Differenze tra possesso e detenzione: chiarimenti giuridici
L'art. 1140 c.c. definisce il possesso come il potere di fatto sulla cosa (corpus) che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale, accompagnato dall'animus rem sibi habendi, ovverosia l'intento di riservarne a sé, in via esclusiva, il godimento o la disposizione, comportandosi il soggetto come se ne fosse proprietario.
Il legislatore attribuisce giuridica rilevanza alla predetta situazione di fatto a prescindere dalla circostanza che alla stessa corrisponda o meno la correlativa situazione di diritto.
Per tale ragione è affermata in dottrina ed in giurisprudenza la differenza tra ius possessionis, ovverosia l'effettivo esercizio delle facoltà e dei poteri nei quali si esplica la signoria sulla cosa e ius possidendi e cioè il diritto di possedere.
Sentenza sul diritto di proprietà per usucapione: esito del caso
Ebbene, nel caso di specie l'attrice ha fornito prova idonea ai fini dell'accertamento, in capo al de cuius, della fattispecie acquisitiva di usucapione del bene immobile per cui è causa.
Le risultanze delle prove testimoniali hanno confermato le deduzioni attoree in ordine all'esercizio pacifico ed incontestato da parte del deceduto, a far data dal 1972 e fino al decesso dello stesso (giugno 2016), del potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà dell'appartamento.
Tutti i testimoni hanno confermato che l'immobile è stato utilizzato dal morto per tutto il predetto arco di tempo ed in particolare che lo stesso, dopo avervi abitato per alcuni anni insieme all'attrice, ha continuato a recarvisi abitualmente trascorrendovi interi pomeriggi e ricevendo lì parenti ed amici sia da solo che insieme all'odierna attrice
Dall'istruttoria espletata è emerso con chiarezza: che il decuius e la sua seconda compagna hanno vissuto per diversi anni nell'immobile, per poi alternare periodi in cui dimoravano presso altro appartamento in cui l'odierna attrice abitava con la sorella a periodi in cui entrambi risiedevano nell'appartamento per cui è causa; che in ogni caso anche nei periodi in cui l'uomo dimorava nell'appartamento della compagna odierna attrice, egli continuava a recarsi con frequenza assidua nell'appartamento di cui aveva fatto il proprio "rifugio" trascorrendovi interi pomeriggi.
Il figlio in particolare ha riferito di essersi recato moltissime volte presso l'appartamento in visita con il padre - grande amico delle parti - e di avere ricordi di pranzi e merende nel terrazzino dell'appartamento fin da quando era bambino, di esservi poi tornato alcune volte anche a decenni di distanza, durante i propri studi universitari e di essersi intrattenuto lì con l'uomo.
Tutti i testimoni - con dichiarazioni precise e genuine nella fluidità del racconto - hanno descritto il rapporto del de cuius con il bene immobile perfettamente percepibile all'esterno come piena ed esclusiva proprietà, non condizionata dal permesso né dalla tolleranza, né da alcuna altra intercessione di alcuno.
Dall'istruttoria è altresì emersa distintamente la totale estraneità degli odierni convenuti rispetto all'immobile in parola - i testi rispettivamente portiere ed amministratore del condominio hanno riferito di non averli mai conosciuti e di essersi sempre rapportati con il decuius per tutto ciò che concerneva la gestione delle spese e le decisioni relative all'immobile ed al condominio (come del resto ulteriormente attestato dalla copiosa documentazione in atti a riprova del pagamento degli oneri condominiali da parte di lui e della convocazioni di quest'ultimo alle assemblee di condominio), avendolo sempre creduto proprietario dell'appartamento e di avere per la prima volta visto il convenuto soltanto nel 2017 quando, dopo avere appreso che l'immobile che essi credevano del decuius era invece intestato alla defunta sorella del convenuto, lo hanno contattato e lo stesso si è recato ed ha fatto accesso forzoso nell'appartamento.
Particolarmente significativa risulta al riguardo la deposizione del teste, il quale ha riferito di avere contattato il convenuto su incarico della seconda compagna per comunicargli il decesso del signore e per chiedergli di collaborare per regolarizzare l'intestazione dell'appartamento: il teste ha dichiarato di ricordare precisamente la reazione di sorpresa del convenuto, il quale, dopo essersi detto molto dispiaciuto per detta morte, ha precisato di non avere avuto più contatti con lo stesso "da una vita" e di avere creduto che quest'ultimo avesse già provveduto a rettificare l'intestazione dell'immobile.
È evidente, alla luce delle descritte risultanze probatorie, la radicale infondatezza della tesi dei convenuti, secondo cui l'uso ed il godimento dell'immobile da parte del de ciuius sarebbe disceso dalla tolleranza degli stessi che, quali legittimi proprietari, gli avrebbero concesso di farne uso in forza dell'amicizia e del comune
Così ricostruiti i fatti, può dirsi che l'odierna attrice abbia senz'altro dimostrato l'acquisto, a titolo originario, da parte del compagno della proprietà del bene in contestazione per effetto di possesso utile ad usucapire, perdurato per oltre un ventennio.
Ne deriva, da un lato, che l'immobile apparteneva al de cuius al momento del suo decesso e faceva pertanto parte dei beni dell'asse ereditario di quest'ultimo e, dall'altro lato, conseguentemente, che lo stesso ne ha validamente disposto mediante testamento olografo con cui l'appartamento in parola è stato lasciato in legato all'odierna attrice.
Le domande proposte dall'attrice in via principale - compresa quella di condanna al rilascio dell'appartamento - sono pertanto state accolte, con eccezione di quella relativa al risarcimento del danno morale che è rimasta del tutto sprovvista di prova.