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Quali maggioranze per spostare l'autoclave?

Beni e servizi condominiali, delibere per determinarne l'utilizzo e la fruizione, maggioranze.
Avv. Laura Cecchini - Foro di Firenze 
25 Nov, 2020

La vertenza che interessa la questione portata all'attenzione della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 23741 del 28 ottobre 2020) nasce dalla impugnazione di delibere condominiali con cui l'assemblea ha approvato l'intervento di dislocazione della centrale idrica, posta all'interno del condominio, dal locale sottoscala, di proprietà esclusiva di un condomino, al piano di copertura delle scale.

Spostare l'autoclave condominiale, iter giudiziale ed illustrazione dei motivi di censura

In primo grado, il giudizio di impugnazione, promosso con ricorso da alcuni condomini, si è concluso con pronuncia di accoglimento della stesso.

Avverso detta sentenza è stato promosso appello all'esito del quale la Corte ha riformato integralmente la decisione emessa dal Tribunale, ovvero ha respinto l'impugnazione delle delibere assunte dal condominio.

In particolare, i Giudici di secondo grado hanno rilevato che le censure sollevate dai condomini con l'impugnazione dovevano essere disattese, in quanto prive di fondamento, poiché lo spostamento dell'impianto idrico non aveva comportato una innovazione vietata.

Sulla scorta di ciò, non poteva, dunque, essere richiesta l'adozione delle delibere con l'unanimità dei consensi, ritenuto che i beni de quibus risultavano, comunque, in uso e godimento alla collettività.

Ad ulteriore motivo di accoglimento dell'appello, la Corte argomenta che, nell'ipotesi de qua, non poteva reputarsi sussistente ed attuale la violazione dell'art. 1108, comma III, Cod. Civ., secondo cui «È necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni riconvenzionale».

Invero, la delibera assembleare non configura una implicita rinuncia alla servitù che il condominio esercitava con la apposizione della autoclave nel sottoscala di proprietà esclusiva, non essendovi alcun atto scritto.

Preso atto di tale statuizione, i condomini risultati vittoriosi avanti al Giudice di prime cure hanno presentato ricorso per cassazione, articolato in più motivi.

Con il primo, i ricorrenti deducono ed eccepiscono la nullità della sentenza per omessa pronuncia, non avendo i Giudici di secondo grado, a dire dei medesimi, esaminato la domanda di nullità della delibera per aver i condomini, con la adozione della stessa, approvato il dislocamento della autoclave, rinunciato alla servitù sul sottoscala.

Al contempo, i ricorrenti obiettano la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 Cod. Civ. per aver negato, come ravvisabile nella delibera assunta, una rinuncia implicita alla servitù.

Parimenti, anche i successivi motivi, in sintesi, attengono alla parte della sentenza nella quale la Corte d'Appello ha rilevato, come essenziale, un atto scritto ai fini della rinuncia alla servitù, censurando l'omessa motivazione sul punto.

Spostare l'autoclave condominiale e rinuncia alla servitù, insussistenza

Nella disamina della fattispecie, gli Ermellini non hanno manifestato dubbi della attendibilità della decisione contenuta nella sentenza d'appello, nella quale non può essere assunta alcuna violazione dell'art. 132, comma IV, Cod. Proc.

Civ, in quanto nella motivazione resa è stato esplicitato il ragionamento posto a fondamento della pronuncia relativamente alle questioni sollevate, reputandolo quindi, sufficientemente argomentato al fine di veder rispettato il dettato normativo richiamato.

Ebbene, le censure dei ricorrenti si concentrano e ruotano sull'assunto secondo cui le delibere adottate dal condominio rappresentano una rinuncia del medesimo alla servitù sul locale sottoscala di proprietà esclusiva di un condomino, essendo ivi stata installata e collocata, dal costruttore, la centrale idrica a servizio della collettività.

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Tale inquadramento non è stato condiviso dalla Corte d'appello né dai Giudici di Piazza Cavour.

Nell'ipotesi in esame, la deliberazione con cui è stata convenuto lo spostamento dell'impianto idrico non può configurare, infatti, una rinunzia alla servitù esistente in favore delle parti comuni, per la quale, certamente, sarebbe stato indefettibile l'unanimità dei consensi ex art. 1108, comma III, Cod. Civ.

La determinazione assunta dalla assemblea ha approvato la dislocazione della autoclave e degli elementi alla stessa correlati per il funzionamento (elettropompa e cisterna), ragion per cui la eventuale estinzione della servitù è una conseguenza e non l'oggetto della decisione presa, in considerazione del venir meno della utilità, o meglio, di tutte quelle circostanze oggettive che caratterizzano ed assurgono a requisiti del contenuto della servitù stessa.

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Spostare l'autoclave condominiale, competenza a decidere della assemblea e maggioranze

Ferme le osservazioni sopra svolte, in rispondenza delle quali i primi motivi di censura addotti a sostegno della nullità della sentenza d'appello sono sterili e infondati e, per l'effetto, devono essere rigettati, è confacente evidenziare che, i beni de quibus non sono stati distratti dalla funzione che svolgono verso i condomini in quanto la decisione attiene unicamente al dislocamento della loro allocazione originaria e non alla eliminazione dell'impianto e del connesso servizio che presta.

Sul punto, tra l'altro, è innegabile come la delibera sia la manifestazione della volontà assembleare, espressa a maggioranza, che notoriamente coinvolge e si occupa della regolamentazione dei servizi e beni comuni, anche e soprattutto, con espresso riferimento alle modalità di fruizione.

In aderenza alla suddetta analisi, pertanto, la Suprema Corte afferma e riconosce che i condomini possono legittimamente modificare il servizio che un bene comune presta al condominio, come l'autoclave, con le maggioranze stabilite dall'art. 1136 Cod. Civ., stante il fatto che il venir meno della servitù è configurabile, a tutto voler concedere, quale effetto della delibera per il venir meno dei requisiti oggettivi che assurgono a presupposto logico - giuridico della esistenza della stessa, restando inalterato, nel caso, la fruizione e godimento, appunto, del bene/servizio.

Sentenza
Scarica Cass. 28 ottobre 2020 n. 23741
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