Le pronunce sul recupero del credito dell’amministratore cessato (sia esso dovuto ad anticipazioni effettuate o a somme dovute a titolo di compenso per l’attività prestata) sono ormai sempre più frequenti ed univoche.
Segno, duplice, di molte situazioni di conclamata morosità dei condomini ma anche e soprattutto d’una chiara indicazione giurisprudenziale: è l’amministratore uscente a dover dimostrare quanto pretende.
A fare il paio con la pronuncia della Corte di Cassazione n. 10153 dello scorso 11 maggio, che abbiamo commentato in un precedente articolo, v’è una pronuncia del Tribunale di Bari, la n. 1334 dello scorso 18 aprile, che forse in modo più chiaro della prima esprime quale sia l’onere della prova per il mandatario cessato e quando possa ritenersi assolto.
Si legge nella sentenza del Tribunale del capoluogo pugliese che “ ora, è jus receptum che, in tema di condominio negli edifici, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c. sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, l'amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati presentando un rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale.
Nell'ipotesi di mandato oneroso il diritto del mandatario al compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale.
L'obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma incassata (oltre che, se del caso, della qualità e della quantità dei frutti percetti) e dell'entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire (anche in relazione ai fini da perseguire ed ai risultati raggiunti) se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (così, di recente, Cass., sez. 11, 9.6.2010, n. 1378; e in termini analoghi id., sez. 11, 30.3.2006, n. 7498)” (Trib. Bari 18 aprile 2011 n. 1334).
In questo contesto, vista la particolarità del condominio, s’inserisce l’approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea. In tal caso per provare il credito basta esibire questo documento.
Infatti, si legge nella medesima pronuncia, “ in tema di condominio, l'approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle stesse, nonché l'approvazione. del rendiconto annuale dell'amministratore rientrano tra le attribuzioni dell'assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate tempestivamente, con riguardo a pretesi vizi che ne causino l'annullabilità, sono obbligatorie per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell'art. 1137 c.c. - alla quale non può essere equiparata una contestazione scritta - sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto in base alla ripartizione approvata (così Cass., sez. III, 14.7.1989, n. 3291; e in termini analoghi id., sez. II, 31.5.1988, n. 3701, la quale fa "salve le ipotesi di nullità per violazione di norme inderogabili o per menomazione dei diritti di ciascun condomino derivanti dall'atto di acquisto o dalle convenzioni che possono essere fatte valere ai sensi dell'art. 1418 c.c.")” (Trib. Bari ult. cit.).
In sostanza chi approva il rendiconto senza contestare nulla non può sottrarsi a corrispondere all’amministratore uscente quanto dovutogli sulla base di quel documento.