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Spese di manutenzione straordinaria su parti comuni: ripartizione tra venditore ed acquirente

Nella compravendita solo una delibera assembleare, che approvi l'esecuzione di interventi straordinari, determina il soggetto obbligato a sostenere le spese.
Avv. Adriana Nicoletti 
17 Apr, 2025

Accolto il ricorso del venditore condannato a ritenere indenne l'acquirente nel pagamento di oneri relativi a lavori straordinari. Il fatto

La questione che ha formato oggetto di una recente sentenza della Corte di cassazione (sent. n. 8255, pubblicata il 28 marzo 2025) concerne l'individuazione del soggetto obbligato a sostenere le spese per la manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale nei rapporti tra alienante ed acquirente di una unità immobiliare.

A monte del contenzioso vi era una ordinanza del sindaco del comune nel quale si trovava l'edificio, con la quale era stata imposta una serie di interventi da effettuare sullo stabile al fine di eliminare importanti problemi relativi alla pubblica e privata incolumità.

Con notevole ritardo rispetto all'imposizione del comune, erano state convocate due assemblee. Con una prima deliberazione l'assemblea, messa al corrente dall'amministratore dell'ordinanza sindacale e preso atto della stessa, con un atto necessario e non discrezionale, aveva approvato l'esecuzione dei lavori presentati dal tecnico incaricato, secondo un preventivo di spesa sommario.

Con una seconda deliberazione successiva alla compravendita, invece, veniva approvato il computo metrico.

Il giudice di primo grado aveva ritenuto che, per la corresponsione degli oneri condominiali, quest'ultima fosse la delibera da considerare definitiva, dovendo ritenersi la prima "meramente preparatoria od interlocutoria perché non impegnativa per il condominio in quanto priva del carattere vincolante e definitivo per l'approvazione dei predetti interventi". Contraria la Corte di appello poiché "i lavori di manutenzione straordinaria erano scaturiti da un ordine dell'autorità ed i condomini, presane conoscenza, non potevano che deliberarne l'esecuzione".

Del tutto irrilevante, inoltre, per il riconoscimento della volontà di procedere all'esecuzione degli interventi, il fatto che gli stessi fossero stati rinviati più volte.

Gli ex proprietari ricorrevano, pertanto, in Cassazione avverso la decisione con la quale il Collegio aveva attribuito valore vincolante alla delibera alla quale gli stessi avevano partecipato. I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso nei termini qui di seguito brevemente delineati.

La decisione: la delibera programmatica non fa sorgere l'obbligo di contribuzione in capo al venditore

La sentenza della Corte ha trovato fondamento su due principi giurisprudenziali oramai consolidati nel tempo.

Con il primo è stato affermato che, per individuare il soggetto al quale addebitare le spese condominiali inerenti ad un immobile oggetto di compravendita, "deve farsi riferimento non al momento in cui sia insorta o sia comunque stata valutata la necessità di procedere alla manutenzione, ma alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione dell'intervento di riparazione straordinaria, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo, con conseguente diritto dell'acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c." (tra le più recenti: Cass. 9 maggio 2022, n. 14531).

Appare evidente come nella fattispecie il giudice dell'appello si fosse palesemente posto in contrasto con tale principio, avendo individuato l'effetto costitutivo in una delibera, la prima, rispetto alla quale i condomini/venditori avevano contribuito a formare una volontà assembleare ancora generica.

In effetti, per dare definitività alla delibera non era sufficiente prendere atto dell'ordine dell'autorità di procedere a determinati interventi, né approvare un preventivo sommario, né autorizzare il tecnico incaricato a redigere un progetto esecutivo. Il tutto senza, ovviamente, aver neppure potuto procedere alla scelta dell'impresa.

A questo punto il secondo principio richiamato dalla Corte risulta essere ancora più specifico: "la delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve, quindi, in ogni caso determinare l'oggetto del contratto di appalto da stipulare con l'impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell'opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa, non avendo rilievo per l'insorgenza del debito di contribuzione l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria" (per tutte: Cass. 25 maggio 2022, n. 16953).

Avv. alessandro gallucci Lavori di manutenzione straordinaria, deliberazione di approvazione delle spese e scelta del criterio di ripartizione: profili d'invalidità

La delibera programmatica non produce effetti

Solo una delibera assembleare dal contenuto decisionale può essere oggetto di impugnativa. Diversamente, una delibera che rappresenti la base di una discussione per successive determinazioni collegiali non assume un carattere decisorio in quanto non incide nella sfera giuridico-patrimoniale dei condomini.

Il tipico esempio è costituito dalle delibere meramente programmatiche, con le quali l'assemblea decide di dare una diversa direzione al dibattito concernente un punto inserito all'ordine del giorno, rispetto al quale la discussione porta a considerare varie ed inedite circostanze in conseguenza delle quali l'argomento, sul quale si sarebbe dovuto deliberare, viene rinviato ad altra data, oppure assume differenti connotati.

Quello che si vuole mettere in evidenza è che la delibera assembleare rappresenta il momento decisivo nel quale si manifesta la volontà dei condomini in tutte le differenti forme (assenso, dissenso, e astensione), ma anche che non sempre è possibile realizzare la formalizzazione conclusiva di tali determinazioni, essendo molto comune che la discussione porti altrove.

In questo senso una deliberazione programmatica o interlocutoria difficilmente si pone come decisione impugnabile, anche se non si può escludere in assoluto che non vi possa essere un interesse del condomino a far accertare l'illegittimità della delibera.

Non è un caso, infatti, che sia stato affermato (Cass. 25 maggio 2016, n. 10865) che "in tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare che abbia ad oggetto un contenuto generico e programmatico non necessita, ai fini della sua validità, che il relativo argomento sia tra quelli posti all'ordine del giorno nell'avviso di convocazione, trattandosi di contenuti non suscettibili di preventiva specifica informativa ai condomini e, comunque, costituenti possibile sviluppo della discussione e dell'esame di ogni altro punto all'ordine del giorno".

Per concludere si evidenzia che le delibere assembleari non sfuggono ad una eventuale interpretazione del loro contenuto secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt.1362 e seguenti c. c., "privilegiando, innanzitutto, l'elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell'atto, che impone all'interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico" (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4501).

Questo naturalmente nel caso in cui sorga un qualsivoglia dubbio rispetto alla natura della delibera stessa.

Sentenza
Scarica Cass. 28 marzo 2025 n. 8255

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