In ambito condominiale, non è infrequente che sorgano contestazioni sulla titolarità di alcuni beni comuni. In particolare, ciò avviene quando si tratta di porzioni del fabbricato, ad esempio un locale tecnico, normalmente utilizzati molto poco o per non dire mai dai proprietari dell'edificio.
In una situazione come questa, non è, quindi, improbabile che qualche condòmino, per ipotesi il titolare dell'immobile adiacente al locale, si appropri di fatto del bene e ne vanti la titolarità in via esclusiva.
Ci si chiede perciò, quale regola bisogna applicare per risolvere un'eventuale controversia su questa circostanza ed è, infatti, ciò che è avvenuto nella vicenda sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione e culminato con la recente ordinanza n. 38807 del 07 dicembre 2021.
Nel caso de quo, il cespite comune in contestazione era un sottotetto, sul quale la proprietaria del secondo ed ultimo piano pretendeva di vantare dei diritti esclusivi. Appare, quindi, indispensabile approfondire il caso concreto, prima di affrontare il merito giuridico di una vicenda per la cui risoluzione ci sono voluti ben tre gradi di giudizio.
Controversie sulla titolarità del sottotetto in condominio
In un condominio nel circondario catanese, la proprietaria del secondo ed ultimo piano si era, di fatto, appropriata del sottotetto, ritenendolo di sua proprietà esclusiva.
Tale circostanza risultava, però, intollerabile per la condòmina di altre due unità immobiliari presenti nell'edificio.
Secondo questa si trattava di un bene comune in cui, tra l'altro, erano ubicati i serbatoi idrici a servizio del fabbricato.
Per questo motivo era chiesto al Tribunale di Catania di accertare la condominialità del citato sottotetto.
Il primo grado si concludeva positivamente per la parte attrice, la quale otteneva il riconoscimento della propria domanda. Ovviamente, era meno contenta del verdetto la proprietaria convenuta che, per questo motivo, proponeva appello.
Purtroppo per l'appellante, anche la Corte citata era dello stesso avviso del precedente ufficio. Non erano emersi, infatti, elementi sufficienti per escludere la natura condominiale del sottotetto in discussione. Pertanto, l'appello era rigettato.
Si arrivava, quindi, all'attuale procedimento in Cassazione, dove la ricorrente invocava l'erronea valutazione operata dalla Corte di Appello di Catania delle prove a favore della natura privata del sottotetto. Secondo la parte istante, per accogliere l'appello, sarebbe stato sufficiente consultare l'originario atto costitutivo del fabbricato.
I giudici del Palazzaccio, però, non hanno riscontrato elementi e presupposti per capovolgere le risultanze emerse dai due precedenti gradi di giudizi ed hanno confermato la condominialità del bene oggetto della lite.
Il ricorrente è stato, quindi, condannato alla refusione delle spese del procedimento.
L'elenco dei beni comuni in condominio: c'è anche il sottotetto
È noto che il codice civile elenca i beni condominiali nell'art. 1117, annoverando tra questi anche il sottotetto «Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
- tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
- le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune…».
Leggendo questa norma, quindi, si comprende che, per certificare la condominialità di un sottotetto in un fabbricato, è necessario:
- che non ci sia alcun titolo in cui si affermi la natura privata del locale;
- che il bene, per caratteristiche strutturali e funzionali, sia destinato all'uso comune.
A quest'ultimo proposito, vediamo cosa precisa la giurisprudenza.
Sottotetto condominiale: caratteristiche strutturali e funzionali
Per la giurisprudenza della Cassazione, la condominialità di un sottotetto, in tutti quei casi in cui non è esclusa dalla presenza di un titolo contrario, è data dalle caratteristiche strutturali e funzionali del bene «La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune (Cass. ord. n. 9383/2020)».
La natura comune, perciò, è esclusa allorquando il locale non possa essere utilizzato come vano autonomo e lì dove assolva all'esclusiva funzione di preservare, dal freddo e dal caldo, l'immobile posto all'ultimo piano «per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.; viceversa, allorché il sottotetto assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (Cass. sent. n. 6143/2016)».
Nel caso in commento, non è stato, legittimamente, prodotto alcun titolo che dimostrasse la natura esclusiva del sottotetto. Inoltre, per caratteristiche, risultava evidente la sua condominialità, visto la presenza dei due serbatoi d'acqua a servizio dei due piani, l'esistenza di un lucernario che dava luce alla scala comune nonché il fatto che si potesse accedere al sottotetto solo dalla predetta scala.
Sono state, dunque, queste le ragioni del rigetto del ricorso nonché dei precedenti gradi di giudizio.