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Sopraelevazione in condominio, alterazione del gioco chiaroscurale e modifica illecita dei rapporti volumetrici dell'ultimo piano

La legittimità della sopraelevazione in condominio: valutazione dei pregiudizi architettonici e volumetrici per il rispetto del decoro e delle norme civilistiche.
Avv. Monica Pilot 
22 Nov, 2021

Con ordinanza della sezione II, n. 29584 dell'11/06/2021, la Corte di Cassazione si è occupata dell'interessante questione inerente ai limiti della sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, intesa, come noto, quale "realizzazione di una nuova opera o intervento che comporti il superamento dell'altezza dell'edificio condominiale" (Cass. Civ. sez. II, 7 dicembre 2004 n. 22895).

Legittimità della sopraelevazione in condominio e pregiudizi segnalati

Nel caso approdato avanti la Corte, vi era da dirimere la questione inerente alla legittimità dell'opera realizzata da una condomina sul lastrico solare di proprio uso esclusivo, alla luce della denuncia di nuova opera promossa nei propri confronti dal condominio, stante il ritenuto pregiudizio della medesima per il decoro e l'igiene dello stabile.

La decisione di primo grado, adottata dal Tribunale di Bologna, che, ritenuti sussistenti i lamentati pregiudizi, aveva dichiarato l'illegittimità della sopraelevazione, veniva confermata dalla Corte d'Appello del medesimo capoluogo, e, di contro, cassata con rinvio dalla Corte di Cassazione, la quale, rilevato che il giudice del gravame non avesse tenuto conto delle sopravvenute modifiche dei materiali utilizzati per realizzare l'ampliamento del fabbricato condominiale, riteneva d'obbligo valutarle, al fine del giudizio di compatibilità con l'aspetto architettonico dell'edificio.

La Corte d'Appello di Bologna, in qualità di giudice del rinvio, all'esito di nuova CTU all'uopo disposta, affermava il carattere pregiudizievole della sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 cc, risultando che le modifiche apportate dalla condomina avessero, sul fronte nord dell'edificio "alterato il gioco chiaroscurale del prospetto chiuse" e, sul fronte ovest, "modificato i rapporti volumetrici dell'ultimo piano", ritenendo irrilevante il parere favorevole alla sopraelevazione espresso dall'organo amministrativo, ovvero la commissione per la qualità architettonica e del paesaggio, espressa si in maniera favorevole alla sopraelevazione, considerata l'inefficacia dei provvedimenti amministrativi nei rapporti civilistici condominiali.

Corte di Cassazione sulla sopraelevazione e i suoi limiti

La Corte di Cassazione, investita dell'impugnazione avverso la sentenza della Corte d'Appello, quale giudice del rinvio, con l'ordinanza citata, rigettava il proposto gravame, affrontando, da un lato, la tematica dei limiti alla sopraelevazione, dall'altro, quella inerente alla rilevanza del provvedimento amministrativo nei rapporti civilistici, per l'effetto condannando la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di Cassazione, nonché, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 comma 14 del DPR 115/2002, al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale.

No alla sopraelevazione lesiva del decoro anche se sostituisce una struttura fatiscente

I principi posti a fondamento della pronuncia

Come noto l'art. 1127 c.c. prevede che il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ed il proprietario esclusivo del lastrico solare possa "elevare nuovi piani o nuove fabbriche" purché le condizioni statiche dell'edificio la consentono.

Accanto a detto limite, disciplinato dal II comma della norma in esame, e costituente conditio sine qua non per procedere con la realizzazione dell'opera, vi sono i limiti previsti e disciplinati dal comma III, a mente del quale "I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti".

La ricorrente deduceva, quali motivi di gravame, la circostanza dell'omesso esame di un fatto decisivo, costituito dal concetto di pregiudizio, a proprio avviso disancorato da parametri obiettivi, che, considerato il limite dell'aspetto architettonico, da sé ricondotto a quello di stile architettonico, eccepiva dovessero tenere conto della natura popolare dell'edificio, dell'ubicazione del medesimo, delle dimensioni ridotte della sopraelevazione, del fatto che la medesima fosse a malapena visibile e delle modifiche già apportate da altri alla facciata ed al tetto.

Prima di affrontare la trattazione dei motivi, la Corte, preliminarmente, si pronunciava in merito alla dedotta eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, affermando che, successivamente all'introduzione della normativa di legge che ha introdotto le notifiche a mezzo PEC, ed alla pronuncia della Corte Costituzionale che ha decretato l'incostituzionalità dell'art. 16 septies del DL 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni in legge 17 dicembre 2012 n. 221, deve intendersi riconfermata la regola generale della scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione per il notificante ed il notificando, riconfermando la regola già elaborata precedentemente elaborata dalla Corte Costituzionale (ex plurimis con le sentenze n. 106 del 2011 e 3 del 2010).

Venendo alla questione sottoposta al proprio vaglio, la Corte di Cassazione rigettava i motivi di gravame proposti dalla ricorrente, alla luce di un'attenta disamina che ha chiarito il concetto e la conseguente portata applicativa dell'aspetto architettonico, limite alla sopraelevazione previsto dall'art. 1127 III comma c.c., e di decoro architettonico, contemplato dal diverso disposto di cui agli articoli 1120 comma VI, 1122 comma 1 e 1122 bis c.c..

In particolare, è stato chiarito che i concetti in questione, pur distinti, devono intendersi complementari, con la conseguenza che l'intervento di sopraelevazione, oltre a dover tenere conto degli altri limiti di cui al 1127 commi II e III c.c., ovvero a presupporre la valutazione delle condizioni statiche dell'edificio e che l'intervento non diminuisca l'aria o la luce e dei piani sottostanti, deve rispettare lo stile del fabbricato senza creare una disarmonia rispetto al complesso preesistente, rispettando l'originaria fisionomia e le linee impresse dal progettista (Cass. Civ. Sez VI - II, n. 22156/2018).

Il giudizio circa l'aspetto architettonico viene, pertanto, condotto in base alle "caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale" da parte di qualunque osservatore (Cass. civ., sez. VI, 28/06/2017, n. 16258).

Evidente, quindi, che l'accertamento del pregiudizio che l'opera arrechi all'aspetto architettonico, si traduca in una diminuzione del pregio estetico dell'immobile e, di conseguenza, in pregiudizio economico al medesimo.

Alla luce di dette considerazioni, perdono di pregio le circostanze dedotte da parte ricorrente, ovvero: che l'immobile non rivestisse un particolare pregio artistico; l'ubicazione dell'immobile; la tipologia delle parti interessate alla sopraelevazione; i pregressi interventi.

Ne consegue che, essendo stato riconosciuto che le opere di sopraelevazione realizzate dalla condomina avevano prodotto le alterazioni lamentate dal condominio attore ed accertate dalla CTU, la sopraelevazione doveva considerarsi pregiudizievole e, come tale, illecita.

Neppure, come correttamente osservato dalla Corte, poteva attribuirsi rilievo dirimente al parere espresso dalla commissione per la qualità architettonica ed il paesaggio, trattandosi di atto amministrativo che investe il rapporto pubblicistico tra pubblica amministrazione e privato, ovvero il mero aspetto formale dell'attività edificatoria, irrilevante al fine di dirimere i conflitti fra i privati proprietari.

Invero i limiti di cui all'art. 1127 c.c. in merito alla sopraelevazione concernono questioni prettamente civilistiche, riguardando l'aspetto amministrativo, unicamente il titolo abilitativo edilizio, oltrettutto conseguibile fatti salvi i diritti dei terzi (T.A.R. Trento, (Trentino-Alto Adige) sez. I, 06/02/2017, n.45)

Non da ultimo la Corte di Cassazione si esprimeva in merito a quanto dedotto dal ricorrente in merito alla ferito mancato esame di un fatto decisivo e fine della controversia ovvero la proposta di apportare modifiche alle opere per pervenire alla soluzione amichevole delle controversia.

Sul punto la Corte ha precisato che l'azione intesa alla riduzione in pristino ha natura reale ed è funzionale alla pronuncia demolitoria, evitabile solo allorché le parti raggiungono un'intesa che dirima il contrasto tra loro insorto, in tal modo facendo venir meno l'interesse ad agire per l'accertamento dell'illegittimità dell'opera, e, di conseguenza, la necessità della pronuncia del giudice.

Situazione che, nel caso di specie, non ha trovato applicazione, non avendo l'autore dell'opera, pur dichiarandosi disponibile a modificare il manufatto, riconosciuto né in modo espresso, né tacito, la fondatezza della domanda avversaria (Cass. civ., sez. II, 22/03/2002, n. 4127).

Quando e come si deve calcolare l'indennità per sopraelevazione.

Sentenza
Scarica CASS. SEZ II n. 29584 del 22/10/2021
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