In condominio, tutti i proprietari sono chiamati a contribuire alle spese di manutenzione, ordinaria e straordinaria, dei beni comuni. Si tratta, nello specifico, di quegli oneri che sono individuati all'interno dei bilanci, preventivi e consuntivi, che vengono regolarmente approvati.
Pertanto, nel caso di mancato pagamento delle quote condominiali, può scattare, inesorabile l'azione di recupero ed il pedissequo procedimento monitorio.
È quanto è avvenuto nella vicenda qui in esame. In tal caso, però, il decreto ingiuntivo ottenuto in prima istanza dal condominio, è stato revocato in primo grado dal Tribunale di Ivrea e la sentenza n. 273 del 11 marzo 2021 della Corte di Appello di Torino non ha fatto altro che confermare la decisione appellata.
Evidentemente, quindi, le ragioni del ricorrente non sono state riconosciute oppure non sono state azionate nei modi più opportuni.
Vediamo, quindi, come si è svolto il procedimento in discussione, prima di entrare nel merito giuridico della lite in commento.
Serve il verbale e la sua mancata contestazione per provare il credito? Il caso
Dopo aver ottenuto un decreto ingiuntivo, un condominio piemontese è risultato soccombente nella pedissequa opposizione.
A quante pare, secondo il Tribunale di Ivrea, non aveva adeguatamente provato il proprio diritto di credito e, per questo motivo, era stato, conseguenziale, l'accoglimento della domanda dell'opponente.
Il condominio de quo ha reiterato le proprie ragioni in appello, proponendo «in via preliminare istanza di rimessione in termini per la produzione di documenti e, nel merito, instando per la riforma integrale della stessa sulla scorta dei vari motivi».
La Corte di Appello di Torino non si è discostata dal giudizio espresso in primo grado, giudicando infondate le ragioni di fatto e di diritto formulate dall'appellante e concludendo per il rigetto dell'impugnazione.
Secondo il collegio piemontese, il condominio istante, presunto creditore, non aveva fornito alcuna valida e sostanziale prova a sostegno del proprio diritto e non poteva certo ricavare tale dimostrazione, dal fatto che il proprietario/convenuto non avesse partecipato all'assemblea in esame o che non avesse impugnato il relativo deliberato.
È stata, quindi, inevitabile la condanna al pagamento delle spese processuali, secondo l'ordinaria regola della soccombenza.
Decreto ingiuntivo: quale verbale per provare il credito?
Per giustificare, di fatto e di diritto, un decreto ingiuntivo richiesto a seguito del mancato pagamento delle quote condominiali, è necessario produrre il verbale dell'assemblea all'interno del quale risulta approvato lo stato di ripartizione degli oneri condominiali.
Tutto ciò lo si ricava, semplicemente, consultando la norma di riferimento «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione… (art. 63, co. 1 Disp. att. cod. civ.)».
Anche la Corte di Appello di Torino, con ovvia affermazione, conferma il predetto dettato normativo, precisando che per dimostrare il fondamento della propria pretesa creditoria, il condominio debba «allegare e produrre, quali fonti del credito, le singole delibere di approvazione dei rendiconti e dei relativi stati di riparto dai quali evincere le poste di debito via va maturate ai danni del…».
Nel caso esaminato, invece, pare che il ricorrente, poi parte opposta e infine appellante, abbia ritenuto sufficiente produrre un verbale di assemblea nel quale erano contenuti soltanto l'approvazione del preventivo di gestione relativo ad un anno e, con indicazione generica, dei consistenti "residui passivi", riferiti agli anni precedenti.
In realtà, come precisato recentemente dalla Cassazione, i crediti pregressi vanno inseriti e riportati nel consuntivo annuale dopodiché vengono approvati unitamente ad esso «secondo il cosiddetto "principio di cassa", i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento (arg. da Cass. Sez. 2, 04/07/2014, n. 15401).
Una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio (Cass. ord. n. 20006/2020)».
Quindi, il verbale di assemblea fa da titolo per la riscossione in sede giudiziale «Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall'assemblea, può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo "un nuovo fatto costitutivo del credito" stesso (cfr. Cass. Sez. 2, 25/02/2014, n. 4489)».
Pertanto, il condominio protagonista della lite in commento, resosi conto di aver disatteso al proprio onere probatorio, per superare ogni obiezione, ha sostenuto che la mancata contestazione o impugnazione del verbale in discussione doveva interpretarsi come una ricognizione del debito in esso riportato.
Mancata contestazione o impugnazione verbale: non è ricognizione del debito
Secondo la Corte di Appello di Torino, la mancata partecipazione ad un'assemblea condominiale o la mancata impugnazione del pedissequo verbale, dove genericamente sono stati riportati alcuni residui passivi facenti capo alle precedenti gestioni contabili, non sono comportamenti assimilabili ad una ricognizione del debito «appare totalmente destituito di fondamento il tentativo dell'appellante di annoverare, quali atti di tacita ricognizione del debito, sia la mancata impugnazione, da parte del (...), della delibera che le ulteriori condotte menzionate ed indicate quali comportamenti taciti di portata ricognitiva».
Per il collegio piemontese, quindi, solo il deliberato da cui risulta approvato il saldo passivo a carico del condomino/debitore, può essere considerato un titolo idoneo per giustificare e fondare l'azione legale di recupero.