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Silenzio diniego e poteri d'impugnazione dell'amministratore di condominio

Silenzio diniego e impugnazione: diritti e doveri dell'amministratore di condominio nell'affrontare le decisioni della pubblica amministrazione per tutelare gli interessi condominiali.
Avv. Alessandro Gallucci 
Ago 31, 2017

Che cos'è il silenzio diniego?

Che cosa si può fare contro questo comportamento della pubblica amministrazione?

Quali i poteri dell'amministratore condominiale se il silenzio così formatosi riguarda interessi del condominio?

Partiamo dalla nozione di silenzio diniego. Il silenzio, in ambito amministrativo, ha un proprio valore giuridico.

Questo, associato al trascorrere di un dato periodo di tempo, può far sì che:

  • l'amministrazione pubblica non si opponga alla istanza presentata e che quindi l'autorizzazione/abilitazione, ecc. debba considerarsi riconosciuta;
  • l'amministrazione pubblica non rispondendo nei fatti rigetti la istanza presentata.

Ai sensi dell'art. 20 della legge n. 241/90 (quella riguardante il procedimento amministrativo “Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19 [riguardante la D.I.A.], nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.

Poteri dell'amministratore condominiale nei giudizi d'impugnazione delle delibere

Il silenzio diniego, invece, non è un comportamento del tutto regolare, tant'è che la legge (legge n. 1034/71, così detta Legge TAR) disciplina il ricorso avverso il silenzio della pubblica amministrazione.

Chiarito che cosa è in silenzio diniego e che cosa può essere fatto avverso tale comportamento della pubblica amministrazione, è bene soffermarsi sull'ipotesi in cui il silenzio diniego abbia riguardato un condominio negli edifici.

Quali i poteri dell'amministratore?

È possibile ipotizzare la sua autonoma legittimazione a ricorrere nella sede amministrativa avverso la (non) condotta osservata dalla pubblica amministrazione interpellata?

Al riguardo quando la magistratura amministrativa si è espressa ha affermato che il ricorso per via amministrativa “non può farsi rientrare in una delle attribuzioni proprie dell'amministratore, tassativamente elencate nel citato art. 1130 c.c.” (T.A.R. Bolzano 12 aprile 2016 n. 133).

In effetti dalla lettura dell'art. 1130 c.c. non emergono attività espressamente legate al diritto di accesso agli atti ed alla successiva tutela del diritto negato. Eppure se l'attività così indicata è posta in essere al fine di valutare l'opportunità di porre in essere degli atti conservativi?

L'amministratore, per conto del condominio, ad esempio, potrebbe avere interesse ad informazioni relativamente ad un'attività edilizia contro la quale intentate un'azione conservativa (es. denuncia di nuova opera o di danno temuto).

È possibile in questa situazione escludere l'autonoma legittimazione dell'amministratore che invece è certa e piena per l'eventuale successiva attività?

Alla luce di queste considerazioni è evidente che la risposta non possa essere, ad avviso di chi scrive, netta e perentoria come quella espressa dal TAR di Bolzano nella sentenza indicata, ma si debba necessariamente eseguire una valutazione caso per caso che prenda in considerazione la complessiva situazione sottesa all'interesse del quale si domanda tutela in sede amministrativa.

La legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore di condominio.

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