A margine di un recente convegno promosso dalla Fondazione Professione Architetto, in corso a Palazzo Medici Riccardi a Firenze, è stata proposta una soluzione per tutelare e valorizzare il patrimonio immobiliare secondo dal rischio sismico
È solo un problema di classificazione?
Qualsiasi costruzione, sia pubblica che privata, deve essere realizzata in osservanza di dettagliate norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi.
Nello specifico, si deve far riferimento alle "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche", che disciplinano tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche.
Per il fenomeno terremoto, il primo obiettivo da perseguire è quello di realizzare costruzioni sicure in grado di resistere alle scosse più intense prevedibili in una determinata area ed adeguare gli edifici esistenti con le norme antisismiche vigenti.
L'aspetto di maggiore innovazione nel contesto di questa problematica, riguarda i nuovi criteri di classificazione sismica, che vincoleranno conseguentemente, in una seconda fase, la realizzazione nel rispetto delle norme tecniche per la progettazione.
Per esempio, in seguito al terremoto del Molise, anno 2002, il Comune di San Giuliano di Puglia, tristemente noto per il crollo della scuola elementare e l'ingente perdita di vite umane, in base alla vecchia classificazione non era incluso, in zona sismica; lo è diventato dopo l'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 20 marzo 2003, n. 3274.
In definitiva, non esistono più zone "classificate sismiche" e "non classificate", ma zone suddivise in quattro fasce di sismicità secondo valori decrescenti di accelerazioni massime al suolo (Fig. 1).
Come tutti i fenomeni di propagazione energetica, il sisma ha una propagazione territoriale vasta che parte dall'epicentro (zona 1) e si riduce via via allontanandosi (zona 4). A ciascun Comune, viene assegnata una zona, spetterà poi alle Regioni formalizzare la classificazione del proprio territorio con facoltà di vincolare o meno la progettazione antisismica nella zona 4.
Meglio si comprendono le cause che possono provocare eventi dannosi, più sono chiari gli obiettivi per stabilire gli interventi adatti per la mitigazione del rischio. Solo così, nella fase in cui si deve attuare la prevenzione, si possono compiere le scelte più opportune per conseguire quell'adeguato stato di sicurezza sia per l'uomo che per le sue opere.
In definitiva, il rischio sismico assumerà valori più bassi lì dove, anche in presenza di una forte pericolosità, si è certi di vivere in edifici progettati e realizzati con criteri antisismici e quindi con ridotta vulnerabilità, e dove in caso di emergenza ci si è organizzati per far fronte al rischio tramite piani di evacuazione, in modo da ridurre l'incidenza dell'esposizione.
Un proposta da fare al nuovo Governo
Per capire la gravità della situazione in cui la nostra nazione versa, bisogna avere coscienza di quale siano le dimensioni del problema in Italia, guardando i dati riferiti ai danni provocati dai terremoti:
- oltre il 45% del territorio italiano è a rischio sismico di cui il 70% solo al Sud;
- oltre 200 terremoti distruttivi (superiori all'VIII MCS) a partire dall'anno 1000 ad oggi;
- oltre 120.000 vittime nell'ultimo secolo;
- oltre 120.000 miliardi di danni negli ultimi 20 anni;
- oltre il 65% degli edifici è insicuro.
Per tali ragioni il nuovo esecutivo dovrebbe pensare e programmare una serie di sgravi fiscali fortemente incentivanti per migliorare la sicurezza degli edifici a rischio sismico, che si dovrebbero coordinare agli sgravi fiscali già esistenti per le ristrutturazioni.
Il sistema degli sgravi incentiverebbe sicuramente la richiesta di tali interventi, mettendo in moto anche il settore e il meccanismo da utilizzare potrebbe essere impostato sulla falsariga di quella già impiegata per la riqualificazione energetica degli edifici.
Un problema da sottoporre alle assemblee condominiali
Ovviamente metter mano al portafoglio senza vedere alcun risparmio effettivo, comporta una certa ritrosia da parte dei condomini, per cui sarà impresa ardua da parte dell'amministratore far passare una delibera in tal senso, visto che la messa a norma antisismica non comporta certo un ritorno di natura economica salvo il vantaggio di sensibilizzare l'integra compagine su un tema di cui oggi si parla solo a catastrofe avvenuta.
Per creare quindi una nuova cultura della prevenzione, servono sgravi fiscali anche per le ristrutturazioni antisismiche.
La previsione di un pacchetto di detrazioni fiscali, per rendere più sicura una propria abitazione con interventi di prevenzione sismica, sarebbe sicuramente una via auspicabile salvo la possibilità di incontrare una reale volontà da parte degli organi istituzionali affinché tali strumenti vengano realizzati concretamente.
Valutazione sismica e adeguamento dell'esistente
Alla luce delle esperienze maturate in alcune Regioni in tema di riqualificazione antisismica degli edificati storici e delle aree di espansione, nonché i nuovi indirizzi in materia di pianificazione territoriale e urbanistica al fine di controllare la compatibilità di tali scelte con il livello di vulnerabilità sismica delle diverse zone, possiamo affermare che la protezione sismica del costruito in Italia assume dimensioni di particolare rilievo e priorità.
Il rischio da evitare è che talune ristrutturazioni peggiorino le eventuali condizioni di rischio sismico dell'edificio.
Per esempio tutto il patrimonio edilizio dei centri storici, è costruito con sistemi e tecniche superate, per cui questi edifici necessitano di maggiori interventi (vedi Tab. 1).
Ogni singolo edificio ha delle problematiche specifiche che richiedono l'applicazione di interventi diversi: si parte da un semplice miglioramento antisismico fino ad arrivare alla ristrutturazione completa in chiave antisismica. Le tecniche di intervento più comuni riguardano:
- inserimento di catene o cordoli in cemento armato, in modo tale da tenere legate tra loro le murature portanti;
- sostituzione dei solai fatiscenti o interventi di rinforzo per garantire una rigidezza accettabile e un buon ancoraggio alle strutture verticali;
- eventuale rimozione delle falde dei tetti troppo spingenti, per ridurre la spinta orizzontale su cui poggiano;
- consolidamento delle murature portanti, come il riempimento di quelle a sacco con speciali malte cementizie; ripristino (dove possibile) della tessitura della maglia muraria; chiusura di grosse bucature che potrebbero compromettere la rigidezza dei muri; riparazione di profonde lesioni; ecc.;
- rinforzo delle fondazioni nei punti in cui potrebbero cedere, sia per la natura del terreno, sia per l'indebolimento delle stesse.
Ovviamente soltanto una accurata perizia dei tecnici può fornire la giusta valutazione delle carenze e la necessità degli interventi necessari.
L'insieme delle opere previste, è tale da far conseguire all'edificio un maggior grado di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche.
Leggi anche: (Il divieto di sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio. Il caso delle zone a rischio sismico)