In tema di locazioni ad uso abitativo, il mancato pagamento del canone e degli oneri accessori (le quote condominiali), consente al locatore di chiedere lo sfratto per morosità del conduttore.
Si tratta, nello specifico, di un procedimento nel quale, oltre ad accertare e dichiarare la risoluzione del contratto, il locatore può ottenere un decreto ingiuntivo per tutti i canoni e le altre somme dovuti in base alla locazione.
È, infatti, proprio ciò che è accaduto nel contenzioso, recentemente, culminato con la sentenza n. 4112 del 11 ottobre 2022 della Corte di Appello di Napoli. In tale occasione, l'ufficio partenopeo è stato, però, chiamato anche a stabilire se la legittimazione attiva del locatore fosse stata corretta. Per il conduttore appellante, colui che aveva intimato ed ottenuto lo sfratto non aveva alcun valido titolo giuridico per farlo.
Non mi resta, quindi, che approfondire il caso concreto.
Sfratto per morosità: legittimazione del locatore e caso pratico
Il conduttore di un immobile ad uso abitativo, in quanto moroso di ben sei mensilità e delle quote condominiali, era oggetto di formale intimazione di sfratto dinanzi al Tribunale di Napoli con pedissequa ingiunzione di pagamento per i descritti arretrati.
In tale sede, il convenuto si difendeva, principalmente, eccependo la legittimazione attiva dell'istante. Secondo la tesi difensiva, il paventato locatore (una società immobiliare), non aveva alcun titolo giuridico per proporre l'azione de quo. Infatti, l'atto di compravendita, con cui era diventato proprietario dell'immobile, era stato dichiarato inefficace a seguito di un'azione revocatoria.
Nonostante ciò, l'anzidetto procedimento si concludeva con la dichiarazione di risoluzione del contratto di locazione, con l'ordine all'intimato di rilasciare l'immobile entro un termine perentorio e con la condanna del conduttore al pagamento dei canoni e degli oneri accessori scaduti e da scadere.
Nel successivo appello proposto dall'inquilino, questi proponeva la stessa eccezione sollevata in primo grado. La società immobiliare che aveva promosso il procedimento per sfratto non aveva alcuna legittimazione per agire in giudizio.
La Corte di Appello di Napoli ha, però, confermato il verdetto impugnato, condannando l'appellante soccombente al pagamento delle spese di causa.
Detentore di fatto immobile: può concederlo in locazione?
Per la Corte di Appello di Napoli, sulla scorta di alcuni precedenti giurisprudenziali della Cassazione, il detentore di fatto di un immobile è pienamente legittimato a concedere in locazione l'immobile.
Si tratta, infatti, di un contratto personale tra il locatore e il conduttore, ragion per cui, a meno che la detenzione non è stata acquisita illecitamente, l'accordo è valido ed efficace «il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente (Cass. civ. III, 22/10/2014, n. 22346)».
A tale conclusione si arriva anche nell'ipotesi in cui il detentore abbia conservato la disponibilità del bene, sebbene il titolo di acquisto del medesimo sia, poi, scaduto «Il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente e, a maggiore ragione, deve considerarsi valido e vincolante anche il contratto stipulato tra chi, acquistato il possesso (o la detenzione) sulla scorta di un valido ed efficace titolo giuridico, abbia conservato tale possesso, non opponendosi il proprietario, dopo la scadenza dell'efficacia di tale titolo (Cass. n.l5443 del 2011)».
Nel caso in commento, il titolo era rappresentato da un contratto di compravendita, dichiarato inefficace a seguito di una revocatoria. Ebbene, la Corte di Appello di Napoli ci ha ricordato che gli effetti di quest'azione non determinano il rientro del bene nel patrimonio del debitore alienante.
Ecco, perché, la società intimante lo sfratto, comunque titolare dell'immobile in locazione, aveva piena legittimazione ad agire per la risoluzione.
Sfratto per morosità: quale prova per l'inadempimento?
Con la sentenza in esame, i giudici di merito rammentano alle parti in causa come, a proposito di un'azione diretta alla risoluzione del contratto di locazione e al riconoscimento del proprio credito, il locatore debba, semplicemente, allegare il titolo da cui deriva il proprio diritto e la circostanza per cui lo stesso non è stato rispettato dal debitore.
A quest'ultimo, invece, spetta il dovere di comprovare il fatto estintivo dell'altrui pretesa. Ad esempio, perché i canoni sono stati saldati o perché è decorsa la prescrizione «in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della altrui pretesa, costituito dall'avvenuto esatto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 06/04/2006, n. 7996; Cass. civ. Sez. II Ord., 21/05/2019, n. 13685)».
Perciò, se il conduttore non dimostra alcunché, la risoluzione del contratto e lo sfratto sono inevitabili.