Ancora una volta la giurisprudenza si è espressa sui presupposti necessari affinché possa essere risolta, per morosità, una locazione commerciale. L'occasione ci è offerta da una sentenza del Tribunale di Tivoli e, esattamente, dalla decisione n. 1603 del 11 novembre 2021.
Nuovamente, pertanto, un ufficio giudiziario è stato chiamato a valutare un contratto di locazione ad uso non abitativo e, nello specifico, se ci fossero o meno gli elementi per accogliere la domanda di risoluzione proposta dal locatore.
Nell'occasione, però, sono state valutate, anche, le responsabilità contrattuali del proprietario dell'immobile, con particolare riguardo ai vizi della cosa locata e alla possibilità di ottenere, per tale ragione, una consistente riduzione del canone pattuito.
Procediamo, però, con ordine ed approfondiamo cosa è accaduto nel caso concreto.
Sfratto per morosità e riduzione del canone in un ristorante
La vicenda in commento si sviluppava a seguito del mancato pagamento dei canoni di locazione di un immobile commerciale in Tivoli. Più precisamente si trattava di un ristorante il cui affitto arretrato risultava, particolarmente, rilevante. L'intimazione per lo sfratto era stata, dunque, una conseguenza immaginabile.
Nel corso del procedimento, però, il conduttore si costituiva eccependo l'inadempimento della controparte locatrice, per i vizi alla cosa locata. Secondo la tesi del convenuto, i vizi avevano ridotto, sensibilmente, l'utilizzabilità del bene. In virtù di ciò, era chiesto il rigetto della domanda avversa oltre al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Tivoli, a seguito di un'istruttoria caratterizzata, anche, dall'espletamento di una CTU, accoglieva solo parzialmente le domanda attorea. Il magistrato, infatti, oltre a dichiarare risolto per morosità il contratto in contestazione, imponeva al conduttore il pagamento dei canoni arretrati, ma in misura ridotta rispetto a quanto previsto nella locazione.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto legittimo dare atto e riscontro ai vizi dell'immobile.
Sfratto locale commerciale e importanza dell'inadempimento
È noto che per gli affitti delle abitazioni, il presupposto per far scattare lo sfratto per morosità è rappresentato dal mancato pagamento, anche di un solo canone mensile, entro il termine di venti giorni dalla sua scadenza (Art. 5 Legge 392/1978).
Per legge, quindi, non è necessario valutare l'importanza dell'inadempimento, in quanto la gravità del comportamento assunto dal debitore è implicita nella mancanza descritta.
La detta circostanza muta, radicalmente, per le locazioni commerciali. In tal caso, infatti, la semplice morosità di uno o più canoni non è sufficiente, di per sé, a giustificare e conclamare la risoluzione del contratto.
Per giungere, infatti, a questa conclusione è necessario che il giudice valuti, in concreto, la gravità di quanto è accaduto e il fatto che l'inadempimento abbia, effettivamente, turbato ed alterato l'equilibrio contrattuale. Ciò, evidentemente, impone una valutazione anche sull'entità dell'arretrato.
Ovviamente, tali precisazioni trovano pieno riscontro nella giurisprudenza, come confermato dallo stesso Tribunale di Tivoli «Per le locazioni non abitative la valutazione dell'importanza dell'inadempimento del conduttore resta affidata, dunque, ai comuni criteri di cui all'art. 1455 cc, salva la facoltà del Giudice di utilizzare come parametro orientativo il principio di cui alla legge 392/1978, art. 5 (Cass., n. 13887/2011; 1428/2017).
Ne deriva quindi che la risoluzione del contratto di locazione a uso commerciale per mancato pagamento di canoni e/ o oneri accessori, può aversi solo con riferimento a inadempimenti tali da rompere l'equilibrio contrattuale, tenuto conto del complessivo comportamento osservato dal conduttore (Cass. n. 8076/2002), con necessaria, ulteriore valutazione della sussistenza della imputabilità della mora debendi con dolo o colpa del debitore».
E ancora "va verificata anche d'ufficio dal Giudice trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda e non solo in relazione all'entità oggettiva dell'inadempimento, ma anche con riguardo all'interesse che l'altra parte intende realizzare e sulla base, dunque, di un criterio che consenta di coordinare il giudizio sull'elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell'economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi" (Cass. n. 3477/2012).
Va poi sottolineato che "l'indagine circa il profilo soggettivo della colpa segue ma non può mai sostituire o sovrapporsi all'accertamento del profilo oggettivo": una volta esclusa, sulla base del criterio oggettivo, la gravità dell'inadempimento, la risoluzione non può essere pronunciata per il solo fatto che l'inesattezza della prestazione sia riconducibile a un disegno intenzionale dell'obbligato (Cass. n. 6463/2008). L'inadempimento deve essere dunque idoneo a turbare l'equilibrio contrattuale, quale risulta "dalle clausole cui i contraenti hanno attribuito valore maggiore ed essenziale" (Cass. n. 987/2007) e la valutazione in questione va poi adeguata anche a un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale (Cass. n. 14034/2005).
Vizi della cosa locata e riduzione del canone
Il procedimento oggetto della sentenza in esame, ci mostra che, anche in sede di sfratto per morosità, è possibile eccepire e far rilevare gli eventuali vizi della cosa locata.
In tale sede, cioè, il conduttore, sempreché dimostri ciò che invoca, ha, ad esempio, il diritto di ottenere la riduzione dei canoni dovuti, se dovesse dimostrare che i vizi nell'immobile sono stati tali da ridurre l'utilizzabilità del medesimo.
Nel caso in valutazione, infatti, le infiltrazioni di cui era stata vittima la cosa locata avevano sensibilmente ridotto lo sfruttamento del bene (ricordiamo che si trattava di un ristorante).
Ciò non ha impedito di riconoscere, ugualmente, la risoluzione del contratto, poiché non era ammissibile e giustificabile il totale mancato pagamento dei canoni accumulati.
Tuttavia, il magistrato ha ordinato che l'arretrato dovuto fosse sensibilmente ridotto, alla luce dei vizi dell'immobile e della responsabilità del locatore nel non averli eliminati.