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Separazione: come si individua la casa coniugale?

La moglie che per cinque giorni alla settimana va a vivere dai genitori mentre il marito lavora perde il diritto all'assegnazione della casa?
Avv. Mariano Acquaviva 
19 Set, 2024

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22726 del 12 agosto 2024, ha indicato i criteri che consentono di individuare la casa coniugale nell'ipotesi di separazione e conseguente affido della prole.

Com'è noto, l'art. 337-sexies c.c. impone di assegnare l'abitazione familiare al genitore con cui i figli minori - o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti - continueranno a vivere in maniera prevalente, seppur nell'ottica di un affido condiviso.

Può tuttavia accadere che la prole, prima della separazione, non sia cresciuta in un unico immobile. Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, il figlioletto aveva trascorso la maggior parte del suo tempo presso l'abitazione dei nonni, ivi condotto dalla madre perché il marito, durante tutta la settimana, era fuori per lavoro.

In un'ipotesi del genere, quale immobile può legalmente essere individuato come casa coniugale ai fini dell'assegnazione post separazione? Quello ove il bambino ha trascorso effettivamente la maggior parte del suo tempo oppure quello in cui i genitori vivevano, ancor prima della sua nascita? Vediamo cosa ha risposto la Suprema Corte.

Assegnazione della casa familiare: fatto e decisione

A seguito della separazione giudiziale, il giudice di primo grado assegnava la casa familiare - di proprietà del marito - alla moglie affinché potesse continuare a vivervi assieme alla prole.

Avverso la decisione proponeva reclamo il marito, asserendo che l'abitazione in questione non potesse essere identificata come "casa familiare" ai sensi dell'art. 337-sexies c.c., atteso che il figlioletto di appena un anno vi aveva vissuto occasionalmente, per brevissimi periodi, solamente nei fine settimana quando il padre rientrava dalle trasferte lavorative; la restante parte del tempo, invece, il bambino aveva sempre vissuto con la madre presso l'abitazione dei nonni materni.

La corte d'appello accoglieva il reclamo, revocando l'assegnazione della casa familiare di cui la moglie aveva inizialmente beneficiato.

Costei proponeva dunque ricorso per Cassazione, dolendosi di come la scelta di revocare l'assegnazione dell'immobile pregiudicasse il diritto del figlio minore a preservare il proprio habitat domestico.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22726 del 12 agosto 2024, ha ritenuto fondati i motivi di gravame proposti dalla ricorrente.

A parere della Suprema Corte, per stabilire quale immobile debba correttamente essere individuato come "casa familiare", occorre verificare tre condizioni:

  • se, al momento dell'interruzione della convivenza, l'immobile costituiva un effettivo centro di aggregazione familiare per i coniugi e i figli;
  • se la famiglia, prima della separazione, aveva vissuto presso l'abitazione in maniera costante, non rilevando il fatto che, per brevi periodi, uno dei coniugi si fosse allontanato portando con sé la prole;
  • l'allontanamento dalla casa abbia compromesso il legame tra la prole e l'immobile.

Per la Corte di Cassazione, il giudice di seconde cure che aveva revocato l'assegnazione della casa familiare alla madre aveva erroneamente interpretato tali criteri.

Infatti, dagli atti emergeva chiaramente come l'immobile fosse utilizzato come casa coniugale già prima della nascita della prole; inoltre, l'allontanamento infrasettimanale - per spostarsi presso i genitori della madre - era dovuto alla volontà della donna non di abbandonare l'immobile ma di avere sostegno dalla propria famiglia d'origine per l'accudimento del figlioletto.

In altre parole, seppur fosse emerso in maniera pacifica che i coniugi vivessero nell'abitazione del marito solo nel fine settimana, cioè quando l'uomo rientrava dalle trasferte lavorative, la corte d'appello aveva erroneamente ritenuta significativa tale circostanza la quale, al contrario, non era manifestazione della volontà di recidere il legame tra il figlio e la casa in questione.

Dunque, anche se la permanenza della prole presso l'abitazione de qua non era stata continuativa, tale circostanza non giustificava l'interruzione del rapporto tra il minore e la casa.

Anagrafe condominiale e assegnazione della casa coniugale

Individuazione della casa familiare: considerazioni conclusive

L'ordinanza della Corte di Cassazione si pone nel solco tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimità.

Nello specifico, si richiama una pronuncia molto significativa per il caso affrontato, di cui si riportano alcuni stralci.

Secondo la Corte di Cassazione (9 agosto 2012, n. 14348), «Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare […] sebbene tali casi di revoca dell'assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il venir meno della esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi - che onera chi agisce per la revoca - deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l'assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono connotati dal carattere della "stabilità", cioè dell'irreversibilità, ed inoltre nel senso che il giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l'assegnatario».

Ma soprattutto, la scelta della madre di trascorrere cinque giorni infrasettimanali presso l'abitazione dei genitori «non equivale ad abbandono della casa coniugale perché determinata da serie ragioni sia di lavoro sia, conseguentemente, di accudimento familiare e scolastico della figlia minore nei relativi periodi di assenza presso la casa dei nonni materni, hanno correttamente ritenuto che l'allontanamento infrasettimanale dalla casa familiare non è connotato dal carattere della "stabilità" e, quindi, non integra la condizione essenziale per la revoca dell'assegnazione della casa familiare».

Sentenza
Scarica Cass. 12 agosto 2024 n. 22726
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