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Lecito il collocamento di sedie e piante nelle parti comuni da parte di un condomino

Il diritto del condomino di collocare piante e sedie nelle aree comuni: analisi della sentenza che tutela il suo comportamento e chiarisce i limiti dell'uso delle parti comuni in condominio.
Avv. Alessandro Gallucci 
4 Gen, 2013

Tizio è proprietario di un’unità immobiliare ubicata al piano terreno del condominio Alfa.

Una delle porte d’ingresso alla sua abitazione è prospiciente un cortile condominiale; egli per trarre maggiore godimento da quel bene vi appone alcune suppellettili quali piante, sedie ed un cartello riportante la scritta cave canem.

Alcuni condomini, infastiditi da quel comportamento, gli fanno causa per ottenere la cessazione di quella condotta a loro dire illecita.

La norma violata, secondo i vicini di Tizio, è il primo comma dell’art. 1102 c.c. che recita:

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.

La questione che abbiamo appena descritto è stata affrontata e risolta dal Tribunale di Monza con una sentenza dello scorso 20 settembre.

Sentenza favorevole al condomino per l'uso delle parti comuni

Quello che noi abbiamo chiamato Tizio ha vinto la causa in quanto il suo comportamento è stato considerato lecito proprio in considerazione di quanto stabilito dell’art. 1102 c.c.

Si legge nella sentenza che " in tema di condominio, il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l'uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione e l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto" (Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 2011, n. 3188)” (Trib. Monza 20 settembre 2012).

Questo il contesto generale, insomma quello che vale in ogni vertenza avente ad oggetto l’uso delle parti comuni, ai fini individuali, da parte del singolo condomino.

In relazione alla specifica utilizzazione, si legge in sentenza “ che le allegazioni dei ricorrenti in ordine alle condotte ascrivibili al (…), asseritamente esorbitanti il duplice limite innanzi evidenziato, segnatamente il collocamento nella corte comune di vasi di piante, di panchine con sedie e tavoli in adiacenza dei muri di proprietà del resistente, e l'apposizione di un cartello cd cave canem, non appaiono integrare gli estremi della violazione del principio di pari uso ricavabile dall'art. 1102 c.c., non apparendo in alcun modo pregiudizievoli rispetto ad un utilizzo della corte secondo la sua naturale destinazione di permanenza e transito al fine di accedere alle proprietà dei ricorrenti, non avendo gli stessi offerto alcuna prova o allegazione in ordine all'esistenza di un diritto di passaggio carraio sulla predetta area cortilizia, e non apparendo precluso l'accesso pedonale alle abitazioni, così come evincibile nella documentazione fotografica allegata” (Trib. Monza 20 settembre 2012).

Inutile dire che il principio generale dev’essere sempre applicato guardando al caso concreto. Come dire: non sempre tutto ciò che è lecito in un caso lo è per tutti.

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